
L’Italia vista dal mondo: sotto il vestito niente di Marcello Veneziani 08 Settembre 2025
Sep 09, 2025fonte https://www.marcelloveneziani.com/articoli/litalia-vista-dal-mondo-sotto-il-vestito-niente
Una riflessione intelligente di Veneziani, SIAMO UNA CIVILTA! facciamo tutto il possibile per conservarla e mantenerla, abbiamo il dovere di trasmdetterla alle generazioni che verranno dopo di noi. (Corrado Ruini)
l’Italia prima che una nazione è una civiltà,
Chi è oggi l’Italia nel mondo? Giorgio Armani, Sophia Loren, Jannik Sinner e rari altri vip. Vale a dire uno stilista testè defunto, una venerata attrice novantenne e un ragazzo-prodigio con la racchetta. Per riferirci ai più recenti lutti, la straordinaria notorietà di un Pippo Baudo, a cui abbiamo reso omaggio di recente, non varcava i confini nazionali e televisivi, mentre la figura di Giorgio Armani è riconosciuta in tutto il mondo a partire dall’emisfero nord del pianeta, i paesi ricchi o i ricchi sparsi della terra. La sua eleganza creativa ha fatto il giro del mondo ed è andata di pari passo alla sua ricchezza. Il suo nome è un simbolo disseminato nel mondo (perdonatemi un piccolo orgoglio di campanile, la persona più vicina da decenni al grande stilista, PantaLeo Dell’Orco, è un mio compaesano).
I personaggi planetari che rappresentano l’Italia nel mondo sono stilisti, sportivi, gente di spettacolo. Non ci sono più eroi, santi e navigatori, poeti, scienziati e geni assoluti. Non c’è un Dante, un Leonardo, un Marco Polo, un Guglielmo Marconi. Politica e cultura, arte e letteratura italiana non primeggiano a livello globale, e anche l’imprenditoria ha marchi riconoscibili nel mondo ma non ha più personaggi mondiali di rilievo come potevano essere in passato Gianni Agnelli o Enzo Ferrari.
L’ultimo politico italiano conosciuto in tutto il mondo è stato Silvio Berlusconi, sia come premier e imprenditore, sia come personaggio chiacchierato (in mezzo mondo si sorrideva citando a suo proposito il bunga bunga). Di tutti gli altri, soprattutto negli ultimi trent’anni, non c’è traccia nel mondo, inclusi i capi di stato. Molte meteore, tante comparse e tantissime scomparse. Un leader italiano quando ha successo è più per la simpatia e la carica umana che per l’oggettivo peso internazionale, economico, militare e tecnologico.
L’Italia è percepita come paese allegro e leggero, a tratti infantile, giocoso, pacifondaio, salvo risvolti melodrammatici, perciò funziona in ambiti ricreativi. Il sottinteso del successo sartoriale e gastronomico italiano è che siamo il paese della dolce vita. I succedanei plebei di chef e stilisti riducono l’Italia a paese di camerieri e sartine, come si diceva una volta.
Alcuni cantautori italiani hanno avuto buon successo anche fuori d’Italia ma i nostri “mostri sacri” del passato e del presente canoro non hanno pari fama internazionale, sono venerati solo da noi. E sono meno conosciuti di alcuni cantanti pop, anche un po’ kitsch che invece hanno successo nel mondo.
Dal punto di vista musicale l’ultima star globale fu Luciano Pavarotti (tra i viventi segue a distanza Andrea Bocelli), che incarnò la tradizione del bel canto sulla scia di Enrico Caruso e Maria Callas. Tra i viventi direttori d’orchestra mi pare che a livello internazionale torreggi Riccardo Muti. Una sorprendente notorietà in ambito musicale l’ha avuta Ennio Morricone, grazie al connubio col grande cinema, anche in tandem con Sergio Leone. Il cinema italiano, dopo i tempi eroici di Cinecittà, del neorealismo e poi della commedia all’italiana, vive da decenni una dignitosa marginalità, con qualche sprazzo di riconoscimento internazionale. In fondo l’Oscar assegnato a Hollywood a La grande bellezza di Paolo Sorrentino, ultimo grande premio a un film italiano, fu non solo il riconoscimento a un bel film ma alla grande bellezza italiana e in particolare al fascino eterno e seducente di Roma, ondeggiante tra splendore e decadenza (Operazione in parte replicata da Sorrentino con Partenope sul mito di Napoli, bellezza e degrado).
L’Italian style, di cui si cominciò a parlare negli anni ottanta, ha finito col coincidere con gli stilisti, espressione che se non erro, ha coniato proprio Armani. Ma sotto il vestito, niente. Ne è rimasto ancora qualcuno dei grandi stilisti, tra Valentino, Prada, le sorelle Fendi, Dolce&Gabbana, Cucinelli più gli eredi dei marchi. Il primato degli stilisti coincise col primato di Milano rispetto a Roma, che coincise con la Milano da bere e poi col tempo di Craxi (e poi di Berlusca). Vestiti e design, profumi e balocchi: ecco il made in Italy in breve. Il resto è pizza o alta cucina, da Bottura in poi.
Il primato culturale mondiale che l’Italia ha conquistato nel tempo, grazie alle sue ricche stratificazioni – dalla romanità al medioevo cristiano, dal rinascimento al barocco, più le opere dei geni della pittura, della scultura, della musica e della poesia – si è riversato in ambiti un tempo considerati minori o inferiori, come il vestire o il mangiare. Un popolo di sarti e di cuochi che nobilitano due necessità vitali: vestirsi e sfamarsi. Di istituzioni culturali, forse l’unica che ha una rilevanza mondiale è la Biennale dell’Arte a Venezia; altre accademie o centri d’irradiazione non hanno pari vetrina globale. Restano naturalmente i musei e le opere d’arte; dai Musei Vaticani alla Galleria degli Uffizi, ma si potrebbero citare altre pinacoteche, musei, gallerie. L’Italia è il suo passato. La grandezza italiana è monumentale e museale, al più paesaggistica, generalmente immobile, antica, retrostante, commista alla religione e alla storia trascorsa, tra la carità cristiana e la magnificenza figurativa.
Per certi versi è riduttivo decantare la nostra identità nazionale o peggio barricarsi in uno strombazzato quanto inconsistente nazionalismo; perché l’Italia prima che una nazione è una civiltà, un modo di essere e di vivere, uno stile e un fortunato incrocio di natura e cultura, baciate dal sole. Tantomeno è uno Stato, se non nel senso burocratico, pachidermico e ingombrante in cui si percepisce la macchina statale. Avendo perso uno stile italiano dobbiamo accontentarci degli stilisti, abbiamo l’abito senza il monaco; perdute le gesta ci accontentiamo dei gesti e perduti penna, pennello e scalpello dobbiamo farci bastare la racchetta. Teniamoci strette le glorie italiane nel mondo, come Giorgio Armani. Però ci piacerebbe avere un Sinner anche nella cultura, una Sofia Loren anche nell’arte e un Armani anche a rappresentare lo Stato italiano. Diamine, non siamo solo sarti, palline e pummarola. Fatti non fummo per viver come cuochi.