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Una cultura di morte

aborto bernard n. nathanson francia raffaella frullone silvana de mari Mar 09, 2024

di Silvana De Mari

In Francia, grazie a Macron, l’aborto è stato definito un diritto. L’aborto è un intervento violentemente anti fisiologico. Una donna non può ordinare al suo corpo di abortire. Per poter abortire ha bisogno della complicità della società, di medici, sale operatorie, esami, e così via. Tutto lo stato e tutto il popolo diventano corresponsabili. Dove esiste un diritto esistono anche un dovere e un reato. Nasce un nuovo dovere: tutti devono contribuire alla distruzione del bimbo nel ventre della madre, e due nuovi reati, l’obiezione di coscienza e l’intralcio all’aborto. Un articolo contro l’aborto diventa reato. Questo articolo sarebbe reato. Non ci saranno più medici non abortisti.

Bernard N. Nathanson è stato uno straordinario medico abortista. Ha eseguito migliaia di aborti, ha estratto dall’utero della sua compagna il suo stesso bimbo. Ha entusiasticamente promosso la legalizzazione dell’aborto negli Stati Uniti e ha diretto la più grande clinica abortiva del mondo. Bernard N. Nathanson ha poi cambiato la sua opinione. Ha scritto un’autobiografia terribile, in cui non solo racconta la sua storia, ma smaschera anche gli inganni della politica e della medicina che sostengono la causa abortista. Il suo libro si intitola “La mano di Dio. Il viaggio dalla morte alla vita del famoso medico abortista che cambiò opinione”, il suo libro ha qualcosa in più rispetto agli altri innumerevoli saggi a favore della vita: Bernard N. Nathanson è stato dall’altra parte della barricata.

Bernard N. Nathanson nel suo libro descrive l’assoluto disequilibrio mentale in cui può incorrere un medico che passa ore e ore al giorno a smembrare e uccidere piccoli corpi. Secondo Bernard N. Nathanson molti medici provano piacere davanti all’aborto che è patologia, e questo vuol dire sviluppo di un pensiero anti fisiologico. Il dottor Silvio Viale pensando alle testoline, ai pezzi di corpicino smembrati che riempiano a fine seduta l’aspiratore, commenta trionfalmente “Io i bambini li frullo, sì, li frullo, non ho paura a dirlo”. Che cosa prova quando esegue un aborto? Il cervello umano è basato sulle abitudini. Ci si abitua anche alla morte. Noi siamo una cultura di morte.

La legalizzazione dell’aborto aveva il senso di fare legalmente un aborto che si sarebbe fatto in tutti i casi in maniera illegale e più pericolosa. Questa è la prima straordinaria menzogna. Se l’aborto non fosse legale, se ne farebbero infinitamente di meno. Non è solo una questione di rischio o di dover pagare, è una questione di linguaggio non verbale. Se levare un bimbo dall’utero è completamente gratuito, esattamente come è completamente gratuito levare un tumore o una cisti, viene segnalato alla donna in maniera potente non solo che la sua scelta è giusta, ma che la scelta opposta avrebbe qualcosa di sbagliato. Alla estrema facilità e gratuità dell’aborto si aggiunge l’entusiasmo dei medici per spingere l’aborto in tutti i casi ove possa esserci un sospetto di malformazione. Non è tecnicamente possibile, presuppone una capacità mentale di eccessiva elasticità, uccidere bambini sani nel ventre delle madri e tollerare che nascano bambini non perfetti.

La legge 194 non prevede l’aborto eugenetico. Metterlo per iscritto nero su bianco pareva brutto, c’è sempre il “fanatico” che ti dà del nazista, perché onestamente l’eugenetica è un concetto nazista, tanto più che l’aborto eugenetico si fa su un fetino parecchio grosso, un bimbetto che spesso potrebbe addirittura essere vitale se lo facessero nascere, ed è quindi impossibile raccontare la balla che si tratti di un ammasso di cellule incapace di sentire il dolore. Se si sospetta una qualche malformazione, per eliminare l’essere inferiore, si ricorre alla salute psichica della madre. L’aborto è consentito in qualsiasi momento della gravidanza se la gravidanza è un danno per la salute fisica o “psichica” della madre. Sulla salute psichica si gioca senza problemi. Quindi è sufficiente rivolgersi a uno psichiatra che dichiari che per la donna è impossibile portare avanti la gravidanza di un feto fallato, di un “essere inferiore” quindi, senza perdere il suo equilibrio mentale.

Il fatto è che i medici, i ginecologi, spingono verso l’aborto. A un mio amico il cui bimbo ha un piedino torto, è stato proposto l’aborto da ben tre ginecologi diversi.. Se un medico con un camice bianco addosso, quindi con tutta la autorità che purtroppo gli dà il suo ruolo, propone a una donna l’aborto, questa donna viene investita dall’idea che il suo bambino sia spazzatura e che per il suo bambino la vita non potrà che essere un inferno, due notizie ignobilmente false. I medici abortisti perdono lucidità, secondo Bernard N. Nathanson.

Ogni bambino che nasce, soprattutto se imperfetto, rende ancora più tragico il crimine di averne assassinati migliaia di perfettamente sani. Alla figlia di un mio carissimo amico durante un’ecografia, anzi durante più ecografie, hanno con assoluta certezza predetto una bambina talmente disabile che sarebbe stata una specie di vegetale. La mamma della bambina ha risposto che sia lei sia la sua famiglia avrebbero accudito con gioia la piccola, dopodiché ha messo al mondo una bimba, ma con una reattività perfettamente normale, affetta da un idrocefalo che occorrerà correggere chirurgicamente.

Quanti sono i bambini macellati per errori dell’ecografia? È stato abortito al quinto mese un bambino per una atresia dell’esofago (risolvibile chirurgicamente) che in realtà non c’era: ha pianto per molte ore prima di morire. È stato abortito un bambino al quinto mese per un labbro leporino: questo c’era ed è facilmente risolvibile chirurgicamente: anche lui ha pianto per ore prima di morire.

Nel magnifico libro “PresidentA anche no, resistere al fascino del neofemminismo” di Raffaella Frullone, si narra fra le altre la terribile storia della scrittrice Antonella Lattanzi, che ha abortito volontariamente due volte, a 18 anni e a 20. A quarant’anni si rende conto di volere un figlio. Si arriva a una faticosissima fecondazione assistita. Alla fine il risultato è una gravidanza con tre gemelline, sicuramente più difficile, con le piccole che nasceranno sicuramente sottopeso. Una gravidanza da seguire con attenzione, ma è molto più comodo semplificare, anzi “ridurre”. I ginecologi informano Antonella che deve abortire una delle tre bimbe. Lei descrive questo intervento terribile con questo cuoricino che si ferma. Il giorno dopo sono morte anche le altre due.

I ginecologi sono diventati i padroni della vita e della morte. Hanno sempre certezze assolute. Il suo bambino sarà malformato. La sua bambina sarà disabile. Se abortisce una delle tre andrà tutto bene. Per il bene di due delle bambine, deve abortire la terza. La mattanza dei bambini sani è nata a Seveso, grazie alla nube tossica di diossina. Fu dichiarato che i figli di donne che avevano respirato la nube sarebbero stati sicuramente malformati e fu permesso l’aborto fino ad allora vietato. Il chiasso fatto dal partito radicale e dei giornali mainstream fu assordante. Il Corriere della Sera scrisse che se quei bambini fossero nati sarebbero stati disabili e criminali (ma perché criminali?), un peso per la società. Le attiviste del partito radicale urlavano per le strade che le donne che rifiutavano l’aborto erano irresponsabili. Molte donne hanno resistito, ma molte hanno abortito alla Clinica Mangiagalli di Milano. L’autopsia ha dimostrato che i loro feti erano perfettamente sani. Quella che è malata è una società che odia i bambini.

Bernard N. Nathanson dimostra nel suo libro come moltissimi medici abortisti perdano la lucidità mentale. L’aborto è bassa macelleria. Svuotare un aspiratore pieno di testoline e frammenti è ripugnante, smembrare un bambino è ripugnante. Avere estratto un feto di sei mesi vivo e vitale che riesce addirittura a piangere e lasciarlo in una scatola metallica a morire da solo è qualcosa che ti cambia dentro. I medici che fanno queste cose cambiano. Cominciano a spingere donne ad abortire, per malformazioni irrilevanti o inesistenti.

È il momento di ripensare la legge sull’aborto. Gli aborti non devono essere gratuiti e non devono essere fatti negli ospedali pubblici dagli stessi medici che seguono i parti, perché i medici abortisti non sempre sono capaci di seguire le gravidanze con il dovuto affetto e con la dovuta attenzione. “L’utero è mio”, ma l’aborto è talmente anti fisiologico che una donna non può abortire da sola. Ha bisogno della complicità della società che diviene interamente responsabile dello sterminio dei più indifesi.

 

 

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