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Addio a Étienne-Emile Baulieu, padre della prima pillola abortiva

damiano gasperini paeseroma étienne-émile baulieu Jun 07, 2025

di Damiano Gasperini

Celebrato per la RU-486, ha cambiato la storia della medicina e della morte. Baulieu muore, ma resta l’ombra di milioni di vite mai nate.

Étienne-Émile Baulieu, biochimico e medico francese, è scomparso oggi all’età di 98 anni nella sua abitazione a Parigi. La sua figura – forse ai più sconosciuta – è rinomata ed osannata nell’ambiente scientifico e politico progressista per aver sviluppato negli anni ’80 la RU-486, più comunemente nota come mifepristone, la prima pillola abortiva ad aver consentito l’interruzione di gravidanza senza necessità di interventi chirurgici.

Classe 1926, di origine ebraica, all’anagrafe Étienne Blume, adottò il nome Baulieu durante la partecipazione alla resistenza francese contro il Nazismo. Dopo la guerra si specializzò in endocrinologia e fondò nel 1963 l’unità di ricerca 33 all’INSERM (Institut national de la santé et de la recherche médicale). Per gran parte della sua vita si occupò principalmente di depressione, Alzheimer e varie malattie neurodegenerative.

Il motivo per cui il professore sarà ricordato nella storia della medicina è quello di aver contribuito, in maniera apparentemente soft, galenica, subitanea e “indolore”, alla distruzione di una vita nascente.

La sua RU-486 (nome che deriva dall’unione del numero del composto con le iniziali dell’azienda che lo ha sviluppato, la Roussel-Uclaf) ha come protagonista il mifepristone, un principio attivo utilizzato per provocare l’aborto farmacologico. La sua assunzione, consentita di solito fino alla decima settimana di gravidanza, blocca la funzione del progesterone, ormone steroideo che ha il compito di preparare l’utero (come sorta di angelico messaggero) ad accogliere l’embrione e a mantenere la gravidanza.

Questo avviene perché, inibendo la funzione del progesterone (con l’aiuto anche del principio del misoprostolo), l’endometrio, ovvero il tessuto che riveste l’utero, anziché riempirsi di sangue e sostanze nutritive pronte ad accogliere il bambino, si sfalda, causando l’espulsione dell’embrione, tra forti perdite ematiche e severissimi dolori, decisamente più pungenti rispetto a quelli mestruali.

La novità farmacologica di Baulieu andò a sostituire negli anni ’80 i precedenti metodi di stroncamento del feto. Dagli anni ’40 agli anni ’60, infatti, l’interruzione gestazionale era praticata mediante infusione di soluzione salina nell’utero, per poi essere sostituita (fino all’avvento del francese) dall’assunzione di prostaglandine, utili a favorire contrazioni precoci per l’espulsione fetale.

È cosa nota, però, che i metodi farmacologici non hanno l’esclusiva dell’uccisione preventiva di una vita; essi, infatti, vengono accompagnati dagli interventi chirurgici.

Oggi, una donna che decide di gettare nel dimenticatoio dell’esistenza il sangue del suo sangue, sa che se la propria scelta viene partorita tardi (si preferirebbe un altro soggetto per tale verbo), può ricorrere a tre tecniche invasive:

  • L’aspirazione manuale (AMEU), mediante la quale il collo dell’utero viene dilatato per consentire l’inserimento di un tubo che, collegato ad una pompa, procede al risucchio del povero bambino;
  • D & C, nota come dilatazione e raschiamento, consistente, come si evince dalla definizione, nell’allargamento uterino seguito dallo scrostamento dell’endometrio mediante un feroce strumento a cucchiaio chiamato curette;
  • Infine, D & E, dilatazione ed evacuazione, procedura chirurgica adottata in caso di interruzione tardiva dopo la 14esima settimana, attraverso cui, con la complicità dell’anestesia, il figlioletto viene dilaniato ed estratto a pezzi con l’aiuto combinato di curette, pinze ed aspirazione.

In Italia, secondo l’ultimo dato disponibile risalente al 2022, il numero di aborti è giunto a più di 65.000 casi. Tale cifra ha segnato un aumento del 3% rispetto agli anni precedenti, nel cui complesso è da sottolineare il 2,8% voluto da ragazze minorenni. Tuttavia, i sostenitori dell’aborto, assieme ai tiepidi oppositori del prematuro infanticidio, estraggono dai dati analizzati la “felice” novità del superamento, in termini quantitativi, delle interruzioni farmacologiche rispetto a quelle invasive.

Mi auguro che le menti pensanti che hanno deciso di uccidere la propria prole possano dedicare una preghiera al defunto Baulieu, e magari proporne la canonizzazione a un pontefice venturo ancor più progressista di Bergoglio e più flessibile di Prevost.

I numeri globali del pianeta ci informano, invece, che alla fine del 2024 sono stati 45 milioni gli aborti volontari. Cifra mortifera mostruosa pari all’intera popolazione dell’Argentina: immaginate l’intero popolo del País del Tango completamente sterminato. Mi auguro che le generazioni a me vicine e prossime possano battersi per frenare quella che il grande medico, attivista e presidente dell’Azione Cattolica Luigi Gedda definiva “peste bianca”.

Ideate nella vostra mente che se io posso scrivere questo editoriale, se voi potete leggerlo, se potete amare i vostri cari, se potete eseguire il vostro lavoro quotidiano, se potete ricordare attimi di felicità, se potete stringere relazioni di ogni natura, se potete agguantare sogni e speranze, lo dovete al momento esatto del concepimento voluto dai vostri genitori. Se tutti noi abbiamo una storia è perché qualcuno ha deciso di mantenere in vita la propria creatura, regalandole l’esistenza.

Come si può, contraddicendone la stessa etimologia, definire “civiltà” una massa demografica che attua tali processi distruttivi? Civile è, secondo voi, il termine appropriato per qualificare un individuo o uno Stato che favorisce la morte attraverso aborti, eutanasie ed esecuzioni capitali a discapito del valore più grande che tutti noi abbiamo grazie a quel passaggio in placenta, più comunemente chiamato vita?

Lungi da me, sebbene accetto e comprendo chi al contrario lo fa, sostenere la posizione antiabortista mediante un convincimento religioso e attraverso un sostegno cristiano. La mia idea è puramente umana, empatica, terrestre e per quanto ossimorica “tangibile”.

Ritengo abominevole lo stroncamento di una vita sul nascere, qualsiasi ne sia la motivazione. Non regge l’obiezione che indica nella previsione di una patologia la scintilla che farebbe scattare l’interruzione: molti dati ci dicono, infatti, che determinati convincimenti di alcuni medici, per la maggior parte dei casi, non si sono trasformati nelle malattie previste in quei figli ai quali le madri hanno deciso di regalare comunque un’esistenza.

Non è nemmeno sufficiente la causa economica, psicologica ed emotiva: con l’esaustiva serie di contraccettivi attuali (sui quali si aprirebbe un altro capitolo), è plausibile sentir ancora l’affermazione “ops, sono rimasta gravida!”?

Infine, si pone l’obiezione che tutti i pro-morte fetale utilizzano come ultimo grimaldello per scardinare la porta della fondata e naturale teoria a favore dell’esistenza: lo stupro. Come si può convincere una donna a continuare una gravidanza non voluta, generatasi per mezzo dell’aberrante e atroce atto sessuale costrittivo? Il discorso qui si fa complesso e non basterebbe un editoriale di un nobile quotidiano come PaeseRoma a tentare di convincervi di ciò. Vi lascio però un quesito che spero vi induca ad una riflessione.

Se voi esistete e potete condurre beatamente la vostra esistenza, è perché generazionalmente avete avuto una serie secolare e poi millenaria di padri e madri. Volete farmi credere che in 300.000 anni di esistenza umana, tutti i parti siano stati voluti e ogni figlio sia stato consenziente? Secondo le statistiche, ognuno di noi conserva tra i nostri antenati un terribile concepimento avvenuto tramite stupro. Ebbene signori, senza quello schifoso e deplorevole gesto, miei cari lettori, voi oggi non sareste qui.

E a lei, cher Baulieu, avrei più piacevolmente rivolto il mio cordoglio se ad oggi fosse ricordato ed elogiato come il distruttore dell’Alzheimer. Se guarda nel mio cuore da lassù, sono certo che non farà fatica ad accettare il fatto che dovrò invece rammentarla, come l’ennesimo contribuente della distruzione di una innocente creatura nel ventre materno.« Qu’il repose en paix, malgré tout. »

FONTE : PAESEROMA

 

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