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Anche il ministro della Salute frena sull’eutanasia in Francia

bioetica mauro zanon tempi Apr 14, 2023

di Mauro Zanon

Altro che “modello belga” promesso da Macron, François Braun si unisce al coro di Houellebecq, reazionari e vescovi contro la legalizzazione della buona morte: «Il dibattito sul fine vita è ancora aperto».

Parigi. Non è vero che la Francia è compatta per legalizzare l’eutanasia, che la stragrande maggioranza è favorevole alla cosiddetta “assistenza attiva a morire” e che i contrari sono soltanto Michel Houellebecq, i soliti reazionari e la Conferenza episcopale francese, come viene dipinto da certe narrazioni, soprattutto italiane. E di quella Francia riottosa a seguire il “modello” svizzero, belga e olandese di cui i media progressisti non vogliono parlare fa parte anche il ministro della Salute del governo Borne, François Braun. Pur con le dovute precauzioni linguistiche che il suo ruolo richiede, Braun ha manifestato alla vigilia di Pasqua la sua contrarietà a una legge sulla “assistenza attiva a morire”, come raccomandato dalla Convenzione sul fine vita, affermando che la priorità è invece il «rafforzamento del quadro normativo esistente».

Eutanasia legale? Le riserve del ministro della salute

«Il dibattito sull’assistenza attiva a morire è ancora aperto. Un testo legislativo che va in questo senso cambierebbe profondamente la nostra società e il nostro rapporto con la morte», ha dichiarato il ministro al Monde, avvicinandosi con queste parole alla riflessione dello scrittore Michel Houellebecq, secondo cui l’eutanasia attiva rappresenterebbe un terremoto per la nostra civiltà. La Convenzione sul fine vita, composta da 184 cittadini estratti a sorte, ha reso pubbliche due settimane fa le conclusioni di una riflessione durata diversi mesi, e che era stata sollecitata in autunno dal presidente della Repubblica Emmanuel Macron. I tre quarti della Convenzione si sono espressi a favore di un’“assistenza attiva a morire”. E l’inquilino dell’Eliseo, sulla scia di questi risultati, ha annunciato «un progetto di legge sul fine vita entro il 2023».

«Se la società dovesse avanzare nella direzione di un’assistenza attiva a morire, ciò riguarderà dei casi molti precisi e che dovranno essere rigorosamente inquadrati», ha avvertito al Monde il ministro Braun. La normativa attualmente in vigore, definita dalla legge Claeys-Leonetti del 2016, consente una “sedazione profonda e continua” nei casi di patologie giudicate irreversibili e all’origine di sofferenze fisiche o psichiche per i pazienti. Ma non si spinge fino ad autorizzare un’assistenza al suicidio o l’eutanasia attiva. Secondo il ministro Braun, anche modificando la legge esistente, tuttavia, «non ci sarà mai una risposta a tutte le situazioni», perché «ogni volta è la fine di “una vita” e ogni situazione è differente».

Altro che “modello belga” auspicato da Macron

«A prescindere dall’opzione che mettiamo sul tavolo, la priorità dovrà essere accordata al rafforzamento del quadro normativo esistente. Attraverso una maggiore appropriazione delle direttive anticipate, attraverso un personale sanitario maggiormente preparato, attraverso un miglior ricorso alla sedazione profonda e continua fino alla morte: sono strumenti che rafforzeremo, sostenendo le cure palliative», promette Braun, difensore di un approccio più equilibrato, e preoccupato dalle possibili derive di un’assistenza attiva a morire generalizzata. Altro che “modello belga”, insomma, come aveva auspicato lo stesso Macron. Braun è convinto che se la Francia riuscirà a rafforzare il dispositivo legislativo già esistente «ci saranno molte meno richieste di assistenza attiva a morire».

Nel caso in cui la legislazione dovesse invece dirigersi verso la legalizzazione del suicidio assistito e dell’eutanasia attiva, il ministro non vuole che sia imposta come «un obbligo ai medici» e che «si debba fare necessariamente in un ambiente sanitario». Insomma, il dibattito è aperto, le voci contrarie all’assistenza attiva a morire pullulano, nonostante certi giornali facciano emergere altro. A settembre, contro il nuovo progetto di legge, si era espresso il presidente dell’Ordine dei medici francese, François Arnault, dicendo che il ruolo del personale sanitario è, in casi irreversibili, accompagnare i pazienti verso la morte, non somministrarla. Pochi giorni prima di Braun, tredici associazioni di categoria, che raggruppano circa 800mila medici e infermieri, avevano chiesto al governo di lasciare il mondo sanitario «al di fuori di qualsiasi implicazione in una forma di morte amministrata», perché «renderebbe fragili l’etica e la pratica del personale sanitario».

FONTE : TEMPI

 

 

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