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Ancora, e sempre, contro il falso ecumenismo

francesco lamendola Oct 08, 2022

di Francesco Lamendola

Da mezzo secolo almeno vi sono delle idee confuse o sbagliate riguardo all’ecumenismo. Chi è nato dopo il Concilio Vaticano II – cioè, statisticamente, quella che è ormai la maggioranza dei credenti – è cresciuto nell’idea che l’ecumenismo sia una cosa buona e giusta in se stessa, in qualunque caso e in qualsiasi forma; e che se per caso qualcuno avesse dei dubbi in proposito, certamente deve trattarsi di un individuo gretto e meschino, fossilizzatosi in  una dottrina rigida, contraria al vero spirito evangelico.

Ma è proprio così?

Il ritorno dei cristiani all’unità rappresenta, senza dubbio, un fine nobilissimo e importantissimo. E tuttavia - questo è il punto - come giungervi? Qualsiasi tentativo è di per se stesso buono ed encomiabile? La bontà del fine implica automaticamente anche la bontà dei mezzi, quali che siano? In altre parole: pur di giungere alla ricostituzione della sospirata e auspicabile unità dei cristiani, è lecito venir meno alla verità e transigere sulla vera dottrina, cui corrispondono i mezzi idonei per la salvezza dell’anima?

Il cristianesimo non è un’ideologia fra le tante; come tute le ideologie del mondo. Non è affatto una ideologia. È la verità rivelata da Dio stesso, per mezzo del Suo Figlio Unigenito, preannunciata dai Profeti, ribadita e tramandata dal Magistero della Chiesa da Lui fondata, custodita gelosamente e a carissimo prezzo: il prezzo del sangue di Cristo e di tante migliaia di martiri che, per attestarla, hanno dato la vita. A nessuno dunque è lecito svenderla come se fosse una merce vile: il che fatalmente accadrebbe se si facessero degli accomodamenti su di essa, che equivarrebbero a degli sconti.

Che cos’è uno sconto, infatti? È la cancellazione di una parte del costo dei frutti del lavoro umano. Se qualcuno ha faticato duramente per coltivare un campo, o vi hanno faticato duramente i suoi genitori, e poi vende il raccolto a prezzo scontato, qualunque sia la ragione di tal modo di procedere esso equivale a gettar via una parte di quel lavoro, di quella fatica, di quei sacrifici, e a rinunciare al godimento di un guadagno legittimo. Se poi viene venduta a prezzo fortemente scontato la casa dei propri genitori, è come se si gettassero nella spazzatura l’amore e l’impegno grazie ai quali essi l’avevano costruita, o a loro volta acquistata.

Fuori di metafora, la casa del cattolico è la Chiesa; e dire la Chiesa significa dire l’insieme di ciò che essa insegna, con voce unanime, nel corso dei secoli (o almeno, che ha insegnato fino al 1965), non come un’astratta verità filosofica, ma come la via necessaria e indispensabile per la salvezza dell’anima. Di conseguenza qualunque cattolico – non diciamo neppure un consacrato, o addirittura un pontefice – ha il sacrosanto dovere di difendere strenuamente quella verità, che non è una verità fra le altre (ciò sarebbe una contraddizione in termini), ma la sola verità degna di questo nome; e nessuno, sottolineiamo nessuno, ha il diritto di svenderla, di fare sconti su di essa, di regalarla, per la buona ragione che per darcela, e aprirci con essa la via della salute eterna, Gesù Cristo ha offerto la sua vita umana.

Come dice la Prima lettera di Pietro (1,18-21):

18 Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l'argento e l'oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, 19 ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia. 20 Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma si è manifestato negli ultimi tempi per voi. 21 E voi per opera sua credete in Dio, che l'ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria e così la vostra fede e la vostra speranza sono fisse in Dio.

E monsignor Pietro Palazzini, alla voce Ecumenismo del Dizionario di Teologia morale (diretto da Francesco Roberti, Roma, Editrice Studium, 1957, pp.485-486):

Sotto questo nome di ecumenismo o movimento ecumenico si suole indicare la teoria escogitata dai movimenti interconfessionali, specie protestanti, per raggiungere l’unione delle chiese cristiane, a base di una specie di confederazione. (…)

La Chiesa cattolica, cosciente di essere la vera Chiesa di Cristo non può prendere parte ad un movimento che va in cerca di questa Chiesa, pur non cessando di pregare per l’unità.

Di fronte però ai tentativi di alcuni cattolici, ansiosi di un accordo e di fronte all’opinione pubblica mondiale, la Chiesa cattolica ha chiarito in vari documenti il suo atteggiamento sull’unione, dottrinalmente soprattutto nelle encicliche “Mortalium animos” del S. P. Pio XI (6 gennaio 1928) e “Orientales omnes Ecclesias” del S. P. Pio XII (23 dicembre 1945); disciplinarmente soprattutto nella risposta del 5 giugno 1948 (…) e nell’Istruzione del S. Uffizio del 20 dicembre 1949.

Le norme da seguire per questa attività unionista vengono così precisate>: possono essere permesse dagli Ordinari conferenze tra cattolici e non cattolici nelle proprie diocesi. Per conferenze interdiocesane ed internazionali la competenza è riservata al S. Uffizio. La gerarchia ha il diritto e il dovere di vigilare, perché l’unica via regia per l’unione è l’adesione dei non cattolici alla vera Chiesa; le altre formule presentano gravi pericoli per i cattolici stessi, e concettualmente si riducono spesso a formule ecumeniste, vuote di significato. (…)

Per sgombrare il campo dal falso ecumenismo, nella sua enciclica Mortalium animos del 6 gennaio 1928, il pontefice Pio XI scriveva testualmente:

Ma dove, sotto l’apparenza di bene, si cela più facilmente l’inganno, è quando si tratta di promuovere l’unità fra tutti i cristiani. Non è forse giusto — si va ripetendo — anzi non è forse conforme al dovere che quanti invocano il nome di Cristo si astengano dalle reciproche recriminazioni e si stringano una buona volta con i vincoli della vicendevole carità? E chi oserebbe dire che ama Cristo se non si adopera con tutte le forze ad eseguire il desiderio di Lui, che pregò il Padre perché i suoi discepoli « fossero una cosa sola »? E lo stesso Gesù Cristo non volle forse che i suoi discepoli si contrassegnassero e si distinguessero dagli altri per questa nota dell’amore vicendevole: « In ciò conosceranno tutti che siete miei discepoli se vi amerete l’un l’altro»?. E volesse il Cielo, soggiungono, che tutti quanti i cristiani fossero « una cosa sola »; sarebbero assai più forti nell’allontanare la peste dell’empietà, la quale, serpeggiando e diffondendosi ogni giorno più, minaccia di travolgere il Vangelo. (…)

I fautori di questa iniziativa quasi non finiscono di citare le parole di Cristo: « Che tutti siano una cosa sola … Si farà un solo ovile e un solo pastore », nel senso però che quelle parole esprimano un desiderio e una preghiera di Gesù Cristo ancora inappagati. Essi sostengono infatti che l’unità della fede e del governo — nota distintiva della vera e unica Chiesa di Cristo — non sia quasi mai esistita prima d’ora, e neppure oggi esista; essa può essere sì desiderata e forse in futuro potrebbe anche essere raggiunta mediante la buona volontà dei fedeli, ma rimarrebbe, intanto, un puro ideale. Dicono inoltre che la Chiesa, per sé o di natura sua, è divisa in parti, ossia consta di moltissime chiese o comunità particolari, le quali, separate sinora, pur avendo comuni alcuni punti di dottrina, differiscono tuttavia in altri; a ciascuna competono gli stessi diritti; la Chiesa al più fu unica ed una dall’età apostolica sino ai primi Concili Ecumenici. Quindi soggiungono che, messe totalmente da parte le controversie e le vecchie differenze di opinioni che sino ai giorni nostri tennero divisa la famiglia cristiana, con le rimanenti dottrine si dovrebbe formare e proporre una norma comune di fede, nella cui professione tutti si possano non solo riconoscere, ma sentire fratelli; e che soltanto se unite da un patto universale, le molte chiese o comunità saranno in grado di resistere validamente con frutto ai progressi dell’incredulità. (…)

Potrà sembrare che questi pancristiani, tutti occupati nell’unire le chiese, tendano al fine nobilissimo di fomentare la carità fra tutti i cristiani; ma come mai potrebbe la carità riuscire in danno della fede? Nessuno certamente ignora che lo stesso apostolo della carità, San Giovanni (il quale nel suo Vangelo pare abbia svelato i segreti del Cuore sacratissimo di Gesù che sempre soleva inculcare ai discepoli il nuovo comandamento: «Amatevi l’un l’altro»), ha vietato assolutamente di avere rapporti con coloro i quali non professano intera ed incorrotta la dottrina di Cristo: «Se qualcuno viene da voi e non porta questa dottrina, non ricevetelo in casa e non salutatelo nemmeno». Quindi, appoggiandosi la carità, come su fondamento, sulla fede integra e sincera, è necessario che i discepoli di Cristo siano principalmente uniti dal vincolo dell’unità della fede.

Come dunque si potrebbe concepire una Confederazione cristiana, i cui membri, anche quando si trattasse dell’oggetto della fede, potessero mantenere ciascuno il proprio modo di pensare e giudicare, benché contrario alle opinioni degli altri? E in che modo, di grazia, uomini che seguono opinioni contrarie potrebbero far parte di una sola ed eguale Confederazione di fedeli? Come, per esempio, chi afferma che la sacra Tradizione è fonte genuina della divina Rivelazione e chi lo nega? Chi tiene per divinamente costituita la gerarchia ecclesiastica, formata di vescovi, sacerdoti e ministri, e chi asserisce che è stata a poco a poco introdotta dalla condizione dei tempi e delle cose? Chi adora Cristo realmente presente nella santissima Eucaristia per quella mirabile conversione del pane e del vino, che viene detta transustanziazione, e chi afferma che il Corpo di Cristo è ivi presente solo per la fede o per il segno e la virtù del Sacramento? Chi riconosce nella stessa Eucaristia la natura di sacrificio e di Sacramento, e chi sostiene che è soltanto una memoria o commemorazione della Cena del Signore? (…)

Pertanto, Venerabili Fratelli, facilmente si comprende come questa Sede Apostolica non abbia mai permesso ai suoi fedeli d’intervenire ai congressi degli acattolici; infatti non si può altrimenti favorire l’unità dei cristiani che procurando il ritorno dei dissidenti all’unica vera Chiesa di Cristo, dalla quale essi un giorno infelicemente s’allontanarono: a quella sola vera Chiesa di Cristo che a tutti certamente è manifesta e che, per volontà del suo Fondatore, deve restare sempre quale Egli stesso la istituì per la salvezza di tutti.

In definitiva, la domanda che ci si deve fare, quando si parla (e sovente, purtroppo, si straparla e si sproloquia) di ecumenismo come un bene auto-evidente, è questa: esistono più Vangeli di Gesù Cristo? Oppure il Vangelo di Gesù Cristo è uno ed uno solo, e nessuno lo può cambiare nemmeno d’una virgola (iota unum)? Infatti la cosa più importante, e della quale ci si deve supremamente preoccupare, non è preservare l’unicità della Chiesa cattolica come fine a se stessa, bensì preservare l’unicità e l’inerranza della Verità rivelata, la quale è stata accolta e custodita dalla Chiesa cattolica, e che è la ragion d’essere della Chiesa cattolica. La Chiesa esiste per questo; per questo Gesù l’ha fondata e l’ha affidata a san Pietro e agli Apostoli: per custodire la verità, sorgente di vita eterna.

Come scriveva san Paolo nella Lettera ai Galati (1, 6-9):

6 Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro vangelo. 7 In realtà, però, non ce n'è un altro; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo8 Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! 9 L'abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! 

Ora, se noi operiamo degli sconti sulla Verità rivelata e custodita a così caro prezzo, non mostriamo amore per il prossimo; perché amare il prossimo significa desiderare il suo bene: e come potrebbe essere bene dare al prossimo una verità abborracciata, riveduta, manipolata, adulterata? Una falsa verità, quindi, che non condurrebbe le anime verso la salvezza, ma esattamente verso l’esito opposto? È forse amore per le anime ingannarle sulla questione più decisiva, o non è piuttosto noncuranza e disprezzo verso di esse? Gesù Cristo dice, nella maniera più chiara ed esplicita: Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri (Giovanni 13,35).

 

 

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