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Cara Giulia, sei morta con il tuo bambino che dormiva nel tuo ventre

rachele sagramoso rachelesagramosomaternamente Jun 02, 2023

di Rachele Sagramoso

Cara Giulia, sei morta con il tuo bambino che dormiva nel tuo ventre. 

Si finge stupore immenso rispetto alla tua tragedia e, come sempre, fioccheranno i "dovevo", "potevo", "volevo" da parte di una politica che parla di femminicidio, ma abbandona le donne gravide che non vorrebbero abortire perché il diritto della donna è quello di interrompere la gravidanza volontariamente (infatti nel tuo caso si parla di "interruzione di gravidanza non consensuale: un reato ipocrita e solo biecamente politicamente corretto) ma non di diventare madre e di fare la madre.

La medesima politica che giudica corretto distribuire pillole antinidatorie e controgestative a donne di tutte le età - basta che si pensino libere - direttamente dalla mano della Sanità, ma adesso farà gli occhini pii riempiendosi la bocca di parolette petalose perché l'ennesima donna è stata uccisa da un uomo che si è ben pensato libero di ingravidare la 'compagna' (che termine abbominevole, mi perdonino le donne nubili per scelta culturale), ma nel contempo ingravidarne un'altra (che si è pensata libera di sopprimere consensualmente il figlioletto o magari banalmente è stata costretta dal 'compagno') che già ha un figlio da un'altra relazione (quando ci si pensa liberi, i diritti dei figli non sono contemplati perché basta l'amore).

L'importante è che la donna e l'uomo siano liberi di fare uso ricreativo dei propri genitali: tanto c'è la Sanità che rimedia. Al massimo piazziamo qua e là, già nelle scuole, lo "sportello psicologico". Il problema è fornire a questa gente lo psicologo, quando alcuni di questi - ne ho conosciuti - avrebbero bisogno dello psichiatra.

Cara Giulia, tu hai potuto solo fare quello che la cultura e la politica vogliono dalle donne: hai conosciuto un ragazzo, ci sei andata a letto, lo definivi 'compagno' (termine che vuol significare tutto e nulla) e probabilmente immaginavi che se poi con quel 'compagno' non fosse andata va bhe, tanto è uguale. Poi la gravidanza, che però non muta nulla. Infatti lui ha continuato a fare il 'compagno' usando i propri genitali con un'altra donna. D'altronde di cosa possiamo accusarlo? Omicidio e occultamento di cadavere. In una cultura dove qualsiasi colpa è cancellata così, come un nonnulla. Quante persone sono violente quotidianamente tra di loro? Ogni tanto ci scappa il morto, ma non vedo un mutamento nell'atteggiamento culturale: qualche scarpetta rossa, qualche manifestazione orgasmolatrica in cui si rivendica di parlare della propria vagina e del diritto di usarla come si vuole (sopprimendo chi viene poi concepito ma è condannato a morte perché si è presentato senza essere sufficientemente frutto di diritti riproduttivi), qualche pagina facebook piena di likes. E poi?

E poi donne come te, Giulia, sono ingannate fino allo spasimo da una cultura che qualifica l'omicidio di tuo figlio come "interruzione di gravidanza non consensuale": questa è l'importanza che la società dà a un figlio ucciso. Invece sarebbe omicidio volontario anche quello, perché un bambino è una persona con dei diritti. Il tuo bambino, Giulia, dovrebbe essere il simbolo di quanto la cultura e la politica ritengono grave la tua morte, di quanto sanno di essere colpevoli.


Tuttavia la tua morte rimarrà lì, senza colpevoli. Il tuo ragazzo, accusato di aver messo in atto ciò che ha capito della nostra cultura (vuoi usare il tuo pene, sei libero; vuoi stare con due donne, sei libero; hai un problema, lo elimini perché sei libero), farà qualche anno di carcere, magari aiutato da qualche cappellano che forse riuscirà a farlo maturare e forse tra dieci anni si renderà conto dei suoi errori a partire dal fatto che se vuoi fare l'adulto devi assumerti la responsabilità. L'esistenza della possibilità di non sposarsi, derivante dall'opportunità di divorziare per qualsiasi motivo, e l'esistenza della possibilità di eliminare i bambini concepiti con qualunque motivazione, ha trasformato la nostra società in un enorme voragine dirittista nella quale chiunque può blaterare frignando che però sta male se tutti non fanno quello che dice lui (o lei, o come diamine si definisce), senza assumersi la responsabilità delle proprie scelte.

Cara Giulia, sei l'ennesima persona che perde la vita solo perché si è pensata libera di cogliere opportunità nella sua vita senza immaginare che quelle scelte non sono state personali, ma dettate da una cultura. Non sei stata libera ma prigioniera...

Come vorrei stringerti, Giulia, con il tuo pancione che certamente ti accarezzavi piena d'amore per quel piccino che tirava calci. Giudicare quel piccino ucciso dal padre come un'interruzione di gravidanza non consensuale è un insulto peggiore di qualsiasi altro. E quella di cui offendono la memoria sei tu, Giulia, la sua mamma.

FONTE : Canale Telegram RacheleSagramosoMaternaMente

 

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