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TRUTH

“Con lui no”. Sia lode all’atleta che rifiuta il rivale trans

max del papa nicola porro Apr 08, 2025

FONTE : nicolaporro.it

Dopo l’elezione di Trump gli ottimisti si erano convinti che il woke fosse una pratica archiviata, ma trent’anni di delirio ideologico non si cancellano in un attimo, non basta il conto presentano dalla realtà e non basta un presidente effervescente o esagitato. Un Taicùn non fa primavera, dazi sì, quanti ne volete, primavera è da vedere e il woke resiste o resilie, come vi pare: Disney sa che con la sua demenziale Biancaneve in black, coi disagiati al posto dei nani e tutto il resto, va incontro a sicuro fallimento, ma lo fa, le università foraggiate dai miliardari carnivori sedicenti filantropi, oltre che dal mondo arabo-islamico, insistono nel coltivare il loro woke affarista e falso, le federazioni sportive non si piegano alle magre figure come quella del pugile Imane Khelif, pugile per cromosomi maschili, per genetica e fisiologica maschile, espulso dalle varie competizioni dopo imbarazzanti dietrofront burocratici.

Fa niente, dice lo sport woke e se una spadaccina in Maryland rifiuta di misurarsi con un maschio in fama di transgender, qualsiasi cosa si intenda, viene subito cacciata, squalificata e data in pasto alla pubblica esecrazione. “Mi dispiace, ti voglio bene e ti rispetto ma non posso combattere con te, non sei una donna” dice Stephanie Turner a tale Redmond Sullivan, maschio a partire dal nome, una femmina pretesa, un capriccioso o cacciatore di fama: subito la federazione la fulmina con un cartellino nero e santifica la signora Redmond, come dire in Italia signora Filippo.

Stephanie Turner ha ragione ed è vittima della repressione degli inclusivi, del totalitarismo dei bugiardi come lo è stata la tennista lesbica Martina Navratilova che non si è mai adeguata a questa mostruosità sportiva. Non è chiaro se venga bandita dal torneo, dal Maryland, dal mondo intero ma il suo coraggio andrebbe sostenuto perché è il coraggio della verità: le cose stanno come stanno, niente balle, niente trucchetti semantici o mimetici, se no il mondo va a catafascio. Infatti ci va questo mondo dove per dire che una cosa è come è e non è come si vorrebbe, come non è, si finisce al rogo. Questa Turner cadrà in disgrazia, neppure la destra si sente di accollarsi personaggi divisivi per amor del vero, l’altro, Redmond, farà il giro delle copertine, dei talk, delle istituzioni inclusive dall’Onu alla Ue, troverà spazio in politica: tale è lo stato delle cose in una temperie che vede i Trump ruggire ma passare, mentre le mentalità fasulle e affaristiche restano, indifferenti alle rovine.

C’è un perbenismo nel pensar male che fa schifo, c’è questa morbosità della sinistra per il sesso non definito, ambiguo, mescolato che a questo punto non è nemmeno più ideologica, diventa biologica, ha a che fare con gli aspetti meno confessabili, una questione di fluidi, di protuberanze, tutto ciò che è deviante la sinistra post marxista e trasformista lo adotta, lo esalta. La tecnologia ha messo fuori gioco la classe, il proletariato si percepisce borghese e lo diventa, il succedaneo migrante come postulato da Toni Negri ha fallito in quanto ingestibile dalla sinistra leninista e ventoteniana, i maranza si alleano con i rom per mettere in piedi le loro associazioni a delinquere, come a San Siro: per inseguire la rivoluzione non più “sulla canna del fucile” resta il solo possibilismo sessuale che è come dire: se niente è certo, allora tutto è niente e l’unica certezza è l’incertezza quindi venite dietro a noi che siamo fluidi e dettiamo l’agenda; e noi, se ne facciano una ragione le anime belle, noi dureremo con le nostre Biancaneve fallimentari e il nostro scambiare il vero col falso, mettendo fuori gioco la realtà e chi ancora osa difenderla.

Stephanie Turner si è inginocchiata, platealmente, per dire no, io non mi presto, non vendo la mia ragione, le cose stanno come stanno, e subito l’hanno fatta fuori perché è più donna di lei uno che lo è talmente poco da doversi pretendere tale. Ma con una coda di paglia più lunga del sesso di Redmond: “Ah, non l’abbiamo cacciata perché si è rifiutata di gareggiare ma perché non è salita in pedana”. Il regolamento, ultima spes dei carnefici! E nessuno di fatto la difende a parte i flatus voci di qualche commentatore disperso, come possiamo essere noi dalla minima Italia. Ma anche noi ai tempi di Imane Khelif abbiamo dovuto subire gli strali dei commentatori bugiardi e perfino di qualche tuttologo fuorviato. La sinistra è totalitaria nei suoi inganni, la destra è opportunistica e canterina, non prende nessun toro per le corna, si limita a canterellare, la sua politica è andar d’accordo con tutti a cominciare da chi vuol farla fuori.

Le Thatcher ieri così come i Milei o i Trump oggi non sono popolari a destra, suscitano diffidenza, magari invidia malcelata per la propensione decisionista, ma definitivamente fastidio per la chiarezza delle posizioni: ma siamo matti, ma restassero là quelli, qui è il Paese del Dadaumpa, del trasformismo, Paese moroteo amico di tutti come dice Mattarella per non dire che ha bisogno di tutti ma poi pretende, per restare in tema, di metterlo in quel posto a chiunque. Come diceva Montanelli: l’Italia non ha mai finito una guerra dalla stessa parte in cui l’aveva cominciata. Oggi l’Italia eternamente clericale, di un clero dove al Sinodo si scannano su chi è più gender, si sottrae ad ogni guerra, principalmente di dignità, di pensiero, di posizione, se senti parlare un politico senza sapere chi è non riesci a distinguerlo, cianciano tutti di inclusione, di educazione, di recupero, ma a trattare i maranza come martiri di un sistema fin troppo accogliente, a lasciar passare i maschi che se la tirano da donna non si arriva da nessuna parte e i pannicelli della retorica tiktok non risolvono niente.

Stephanie Turner ha fatto un piccolo gesto, magari esibizionistico, che riguarda tutti e lo ha fatto perché costretta dalla verità dei fatti, dalla dignità ultima che ogni persona deve a se stessa. Per questo merita il cartellino nero e la lettera scarlatta.

Max Del Papa, 5 aprile 2025

 

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