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Da dove viene la freddezza della Chiesa cattolica tedesca verso Benedetto XVI

Feb 15, 2022

di Michael Galster

 

Nella sua lettera di risposta alle accuse contenute nel rapporto sugli abusi dello studio legale Westpfahl-Spilker-Wastl di Monaco, il papa emerito Benedetto XVI si scusa ancora una volta per le “offese e gli errori che si sono verificati in vari luoghi durante il suo mandato”. Parla pubblicamente del suo “grande dolore” e della sua “profonda vergogna”. Esprime la “sincera richiesta di scuse a tutte le vittime di abusi sessuali” da parte di sacerdoti. Molte persone attente sentono letteralmente come soffre ancora oggi, ed è per questo che chiede a tutti i fedeli di pregare per lui. Questo è ciò che ogni persona imparziale può leggere nella dichiarazione dell’8 febbraio sulla perizia del suddetto studio legale riguardo alle accuse di abuso nella diocesi di Monaco. Si può vedere il modo in cui affronta profondamente la questione della colpa e come si affida al suo giudice finale. Ed è quello che percepisce la maggior parte della gente in Italia e in tutto il mondo, anche oltre l’ambiente cattolico e cristiano.

Non così nel suo paese d’origine, la Germania. Anche sul portale ufficiale della Chiesa cattolica www.katholisch.de predominano i commenti negativi: “Colpa senza responsabilità personale – Benedetto XVI vuole avere la coscienza pulita. Ma l’emerito rimane vago – invece di un esame di coscienza, c’è una catechesi”, è il commento del giornalista Felix Neumann pubblicato in data 9.2.22. Oppure: “La dichiarazione personale di Benedetto non può soddisfare. Era sì attesa con ansia, e ora è arrivata: ma la dichiarazione personale di Benedetto sul rapporto sugli abusi di Monaco lascia domande aperte e non può soddisfare”, commenta Tobias Glenz lo stesso giorno sullo stesso portale. Oppure, il rinomato canonista Thomas Schüller, che già prima della dichiarazione di Benedetto, nel corso di una trasmissione televisiva sul primo canale tv pubblico, di fronte a milioni di spettatori, ha definito il Papa emerito un “bugiardo”, sostenendo che “lui (Benedetto XIV) avrebbe parlato di errori e misfatti, senza fare però nessun addebito a se stesso. Non sarebbe disposto ad accettare la “responsabilità personale” e a trarre “conseguenze personali”. Così facendo, “ri-traumatizzerebbe i sopravvissuti alla violenza sessualizzata”.

Tutto questo nonostante il fatto che nell’indagine non è stata provata nessun’errata condotta personale da parte di Benedetto. Il suddetto studio legale, incaricato dell’indagine, esprime un sospetto, parlando di “alta probabilità” di favoreggiamento e di copertura degli abusi. Ma allo stesso tempo ammette di non essere in grado di confermare il sospetto con i fatti.

La “supposizione” degli avvocati ignora completamente il fatto che Benedetto è stato un pioniere nella lotta contro gli abusi già negli anni ’80, in un periodo in cui la società e l’opinione pubblica in Germania erano generalmente ancora insensibili verso la questione degli abusi sessuali sui minori. Ma non tutti: le avanguardie progressiste nelle scienze e nella politica dell’epoca chiedevano la legalizzazione degli atti sessuali tra adulti e bambini e spingevano per un corrispondente adattamento del diritto penale. Negli anni ’70 e ’80 fino agli anni ’90, hanno sostenuto che gli atti sessuali tra adulti e minori non generano necessariamente effetti dannosi sullo sviluppo dei bambini. Tali effetti negativi dovrebbero essere provati per ogni singolo caso. Molto più dannose, sostenevano, erano le domande rivolte ai bambini nel corso delle indagini di polizia o giudiziarie, oltre che alle reazioni isteriche dei genitori. Di conseguenza, hanno chiesto la modifica del paragrafo 176 del codice penale, in cui era trattato l’abuso sessuale. E questa stessa richiesta ha trovato la sua strada nel programma del partito dei Verdi nel 1980, così come – nello spettro dei partiti di destra – nel programma dei Giovani Liberali. La misura in cui il teorema dell’innocuità degli atti pedofili ha trovato la sua strada nella cultura delle élite avanguardistiche dell’epoca è documentata nella ricerca Die Pädophiliedebatte (Il dibattito sulla pedofilia), commissionata nel 2013 dallo stesso Partito Verde (qui). Negli anni ’90, sotto la pressione del movimento femminista, questa posizione fu rivista, ma senza mettere in alcun modo in discussione le sue radici nella rivoluzione sessuale del 68 e degli anni successivi.

Tutto ciò si presenta in completo contrasto con l’opera del teologo, arcivescovo, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e infine Papa, che già a metà degli anni 80 non solo prende le prime contromisure per arginare gli abusi sui minori nella Chiesa, ma pone anche domande sulle cause del problema della pedofilia o efebofilia (inclinazione omosessuale verso ragazzi puberi e post-puberi) nella Chiesa e fuori, ponendo domande sul contesto del sistema sociale e culturale. A questo punto, si apre la prima frattura irreparabile tra le élite intellettuali della Germania e Benedetto, poiché la rivoluzione sessuale rappresenta un elemento centrale indispensabile nel cammino (ormai postmoderno) verso la libertà illimitata, verso l’autodeterminazione dell’Uomo Nuovo, propugnata dalle stesse élite. Il tema della dimensione sistemica degli abusi diventa un nuovo tabù sul quale in nessun caso non si devono fare domande. È quello il periodo in cui Ratzinger viene chiamato “Panzerkardinal”, in cui per l’élite d’avanguardia diventa una non persona. Non solo: per tutti il periodo precedente all’elezione di papa, cerca apertamente il dialogo con i grandi filosofi e teologi dell’area a sinistra della società. Le sue conversazioni con Jürgen Habermas, l’erede della Scuola di Francoforte, sono diventate particolarmente note. In questo dialogo sono emerse sorprendenti convergenze delle vedute, documentate nel volume Dialettica della secolarizzazione – Sulla ragione e sulla religione, pubblicato da Herder nel 2005. In effetti, si verificano profonde analogie tra il pensiero di Ratzinger e la Teoria critica della Scuola di Francoforte, soprattutto in merito ai rischi di una deriva tecnocratico-totalitaria. Le due scuole di pensiero sono unite dal dubbio verso l’assunto secondo il quale la liberazione delle forze produttive sola possa mettere l’emancipazione dell’umanità all’ordine del giorno della storia. Questo fatto da solo rende chiaro come l’opera di Ratzinger abbia rappresentata una sfida al monopolio delle nuove élite postmoderne di poter interpretare la realtà sociale e come tale sfida sia stata intesa da esse come una minaccia esistenziale.

Su questo sfondo può essere compreso lo spirito dell’articolo comparso l’8 febbraio 2022 sul settimanale Die Zeit, pubblicazione con cospicua influenza culturale in ambito universitario-accademico. L’autore Georg Löwisch intitola il suo articolo “I trucchi di Ratzinger” e cerca di dimostrare l’esistenza di un inganno e di un tentativo di insabbiamento intenzionale e riprovevole in ogni dichiarazione e azione dell’ex Papa. Critica la tempistica della lettera di risposta al dossier dello studio legale di Monaco, rimprovera il fatto che abbia risposto affatto, recrimina il fatto che abbia cercato l’aiuto di avvocati canonici e non, e così via. Questo articolo si inserisce in una lunga serie di pubblicazioni della rivista Die Zeit sul tema del cammino sinodale (Synodaler Weg) in Germania e delle riforme nella Chiesa, in cui la “pluralità dei punti di vista” è la grande assente. A questo punto, va notata l’enorme influenza che Die Zeit esercita attraverso il suo supplemento Christ & Welt nell’ambiente accademico cattolico.

Per comprendere la freddezza e l’astio che persiste da anni nella Chiesa cattolica tedesca nei confronti di Josef Ratzinger, è necessario dare uno sguardo alla storia. Anche se in termini numerici i cattolici da circa venti anni rappresentino il più grande gruppo religioso in Germania, questo fatto è quasi interamente dovuto al declino decennale della Chiesa protestante, alla quale all’inizio del dopoguerra appartenevano ancora i due terzi dei tedeschi. Culturalmente, la Germania rimane una nazione prevalentemente plasmata dal protestantesimo e – oggi – dal secolarismo. Nello stato nazionale tedesco, fondato nel 1871, il  cattolicesimo ha avuto per molto tempo un ruolo piuttosto subordinato e a volte è diventato un corpo estraneo nello Stato (Kulturkampf – battaglia di civiltà sotto Bismarck, pochi cattolici in posizioni di leadership e di potere nello Stato e nell’economia, ecc.). Questo sarebbe cambiato fondamentalmente solo dopo la seconda guerra mondiale, quando i cattolici si integrarono pienamente nella società, assumendo d’ora in poi anche posizioni di potere in egual misura agli altri gruppi. Da questo momento in poi, il cattolicesimo, i laici, i teologi e il clero tendevano in modo rafforzato ad adattarsi ai valori della società secolare. Ciò avrebbe presto portato a una divergenza con la Chiesa universale. Nel 1968, nella Dichiarazione di Königstein, i vescovi tedeschi rifiutarono pubblicamente l’enciclica Humanae vitae. Un’altra tappa del processo di distacco da Roma fu il Sinodo di Würzburg (1971-1975), quando furono confermate le differenze dal Magistero della Chiesa universale in merito alle questioni del celibato, della morale sessuale, del matrimonio e della famiglia.

Queste differenze non solo dovevano persistere negli anni seguenti, ma anche portare alla rottura con la dottrina cattolica universale a livello teologico, come è diventato ben visibile nel contesto del Cammino Sinodale degli ultimi due anni. Nella loro maggioranza, i teologi cattolici in Germania hanno adottato un concetto di etica della responsabilità sul campo delle tematiche Genere e Morale sessuale, il quale, rifiutando qualsiasi legame al diritto naturale, riconosce il soggettivo “voler fare il bene dell’Altro” come unico criterio a fronte del quale valutare la bontà di un’azione. La dimensione creaturale dell’essere umano risulta radicalmente svalutata, la binarietà del genere umano a livello biblico (e scientifico) è considerata socialmente irrilevante, se non viene del tutto negata. Con ripetuti riferimenti alle “nuove scoperte delle scienze sociali”, questa nuova teologia tedesca abbandona essenzialmente il suo riferimento alla teologia della creazione in favore di una radicale autodeterminazione dell’essere umano.

Come noto, il concetto brevemente descritto qui sopra rappresenta un elemento centrale del pensiero postmoderno, che ambisce al dominio culturale in tutti i paesi occidentali altamente sviluppati, mette in difficoltà il cristianesimo a livello mondiale. A tale proposito, Papa Francesco parla spesso di processo di colonizzazione ideologica. La Chiesa cattolica tedesca si trova in una posizione estremamente debole nei confronti del potere secolare. Non solo vive in un ambiente culturale fondato su una spiccata matrice protestante-secolare, ma, per di più, a livello economico dipende dalla benevolenza dello Stato, in quanto quest’ultimo, attraverso il sistema fiscale, unico al mondo sui generis, procura alla Chiesa cospicui proventi finanziari. Di conseguenza, visto che la Chiesa è finanziata dallo Stato, l’opinione pubblica, l’opinione pubblicata e lo stesso Stato si sentono legittimati a esigere che la Chiesa attui al suo interno riforme secondo i propri criteri. Riforme richieste in nome della lotta contro gli abusi sessuali che non hanno alcuna relazione con le cause reali degli abusi, né con gli abusi all’interno della Chiesa cattolica né con quelli all’esterno. Per riforme si intendono soprattutto riforme riguardanti la morale sessuale, il sacerdozio femminile, la benedizione delle coppie omosessuali, il celibato e il ruolo dei vescovi, i quali – a prescindere dalla ragione insita alle stesse riforme – non hanno alcun legame con il problema degli abusi. Invece, il problema della pedofilia è presentato al pubblico in prevalenza come un fenomeno specificamente cattolico, anche se i dati di confronto dimostrino che si tratta di un problema sociale di più ampia portata. Per esempio, lo Spiegel, insieme alla pubblicazione Die Zeit il settimanale più importante in Germania, in data 11.05.2020 riporta 15.936 denunce per abusi sessuali registrate dalla polizia o dal pubblico ministero. Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, in un articolo della stessa rivista del 03.07.2019, si legge: “Il numero assoluto di denunce fatte nel settore ecclesiastico durante il periodo in esame ammonta a una cifra sotto i dieci casi l’anno”. L’articolo che fornisce questa informazione – la quale va vista comunque con prudenza, data l’approssimazione con cui i media trattano l’argomento – porta il titolo: “Il numero di accuse di abuso contro il clero cattolico è rimasto invariato durante gli ultimi dieci anni”. Un altro esempio per il modo come il potere secolare esercita il potere sulla Chiesa viene fornito da un articolo, pubblicata in data 11 febbraio, sempre sullo Spiegel. È intitolato: “Lo Stato deve finalmente rompere con la Chiesa cattolica. Non c’è più motivo per riservare particolare rispetto verso essa: la Chiesa cattolica sta guardando in un abisso che si è scavata da sola. Il governo deve prendere le distanze – è già tardi”. La pressione sulla Chiesa tedesca per conformarsi alle cosiddette riforme è difficile da contrastare e il Papa Emerito Benedetto XVI simboleggia una Chiesa diversa da quella che il potere secolare esige. Su questo sfondo, per paradosso, l’astio dimostrato in Germania verso il Papa Emerito ha senso. La superficialità sul piano dei contenuti e la freddezza umana nei confronti di Benedetto da parte dell’establishment cattolico laico e clericale forse non ha nulla di personale. Potrebbe semplicemente far parte del tentativo di salvare la vita della propria Istituzione. 

fonte: https://www.sabinopaciolla.com/da-dove-viene-la-freddezza-della-chiesa-cattolica-tedesca-verso-benedetto-xvi/

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