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Dalla senatrice Mennuni parole coraggiose sulla denatalità.

corrispondenza romana fabio fuiano lavinia mennuni universitari per la vita Jan 13, 2024

di Universitari per la Vita

Gli ultimi giorni dell’anno 2023 si sono chiusi all’insegna di numerose polemiche per due iniziative dell’onorevole Lavinia Mennuni, senatrice di Fratelli d’Italia, eletta, in occasione delle elezioni del 2022, al collegio uninominale del Municipio XIV di Roma vincendo contro la radicale Emma Bonino. La prima è stata quella di un disegno di legge, intitolato Rispetto e tutela delle tradizioni religiose italiane presentato al Senato, affinché non sia più possibile, per gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, cancellare il presepe, il Natale e la Pasqua, con conseguente provvedimento disciplinare per i dirigenti scolastici trasgressori della norma. I recenti fatti hanno dimostrato quanto questa meritevole iniziativa, di forte impatto, fosse necessaria: sono noti, infatti, gli ultimi aberranti riadattamenti in chiave “moderna” del Presepe natalizio di cui qui si omette la menzione per rispetto alla santità della Sacra Famiglia di Nazaret. La seconda iniziativa della senatrice riguarda il contrasto al calo demografico: il 28 dicembre scorso, parlando della denatalità e della necessità di invertire questa tendenza, è intervenuta alla trasmissione Coffee Break su La7 con le seguenti parole: «Mia mamma mi diceva sempre: ‘Ricordati che qualsiasi aspirazione tu abbia, hai l’opportunità di fare ciò che vuoi, ma la prima deve essere il diventare mamma a tua volta’Questa è una cosa che dobbiamo ricordare alle nostre figlie. Il rischio è che in nome dell’aspirazione personale si dimentichi la necessità e la “missione” di mettere al mondo dei bambini che saranno i futuri cittadini e i futuri italiani: qui c’è l’approccio culturale. Noi dobbiamo aiutare le istituzioni, il Vaticano e le associazioni per far sì che la maternità diventi cool. Che le ragazze di 17-18 anni vogliano sposarsi e costruire una famiglia».

Inutile dire che, essendo il buon senso non più “cool” al giorno d’oggi, queste parole hanno suscitato una levata di scudi dei progressisti. Preme qui sottolineare che l’onorevole Mennuni non ha affatto torto. C’è chi afferma che l’aspirazione di una donna dovrebbe essere la mera realizzazione professionale, cosa invero che renderebbe la donna indistinguibile da un uomo. Anzi, tali affermazioni sono umilianti, come se una donna non realizzata professionalmente non avesse valore. D’altro canto, la maternità è prerogativa della donna: un uomo, per quanto concorra alla procreazione non potrà mai egli stesso procreare. Se non ci riappropriamo di questa elementare verità, nessuna inversione di tendenza sulla denatalità sarà possibile.

Anche il prof. Régis Jolivet nel suo Trattato di Filosofia (vol. V. Morale (II), tr. it. Morcelliana, Brescia 1960) ha dedicato uno spazio a questo tema di capitale importanza. Pertanto, come di consueto da qualche tempo, si riporteranno qui alcune sue considerazioni. Il problema della natalità – afferma il filosofo – «è un problema sociale e politico, poiché ha attinenza con uno degli elementi più essenziali della prosperità pubblica. Esso tuttavia è pure e per eccellenza un problema morale, tanto nelle sue cause quanto nei suoi rimedi».

Egli prosegue descrivendo le cause naturali dello spopolamento, tra cui si annoverano certamente quelle d’ordine economico, sociale e politico. È chiaro che i pubblici poteri, «per mezzo di una legislazione appropriata, possono e debbono porre largamente rimedio a questi fenomeni disastrosi per il bene comune della società». Non meno importanti sono le cause morali di tale spopolamento, le quali «si possono riassumere nell’indisciplina dei costumi. Esse sono legate ad una concezione di vita individualistica ed edonistica, secondo  la quale la sola regola che valga è quella del piacere. Il loro effetto è stato di inaridire le fonti della vita, in tutte le famiglie che antepongono il godimento al dovere, moltiplicando l’uso delle pratiche anticoncezionali e il ricorso agli aborti criminosi».

Jolivet, scriveva queste parole prima che leggi inique fossero promulgate proprio per liberalizzare tali pratiche intrinsecamente malvage. Quanto più oggi, quindi, sono attuali.

Prosegue il filosofo, affermando che, essendo le cause della diminuzione della popolazione «ad un tempo di natura economica, sociale e politica, e di natura morale, i rimedi devono essere altrettanto numerosi e diversi quanto i mali ch’essi debbono guarire».

È preciso dovere dello Stato, avendo in carico il bene comune della società, di mettere prudentemente in atto tutti i mezzi per eliminare la iattura dello spopolamento. Oltre ad eliminare le cause che producono la denatalità, fra le quali il divorzio e le pratiche abortive hanno posto preponderante, secondo Jolivet lo Stato dovrebbe (a) garantire un regime di successione che non dissipi i beni di famiglia con divisioni egualitarie, (b) incentivare la natalità con assegni familiari, nelle loro varie forme, (c) favorire le abitazioni familiari, nonché la presenza della madre in casa e la protezione del bambino. E qui, troppo spesso, sembra arrestarsi l’azione del mondo cattolico e pro-life.

Ma, afferma giustamente il prof. Jolivet, i migliori provvedimenti di ordine economico, sociale e politico «non varranno a nulla senza una riforma dei costumi. Essi hanno la funzione di favorire questa riforma, ma saranno compiuti soltanto per mezzo di questa, che deve pure avere i suoi mezzi propri e distinti. Finché la famiglia numerosa non sarà onorata come il miglior sostegno della vita nazionale, finché il principio del dovere avrà minor prestigio che non quello del piacere, il bambino resterà l’importuno che i costumi decadenti tenderanno sempre a sacrificare».

Prosegue il professore, affermando che il punto capitale «sarà quello di rendere a Dio ed alla religione il loro posto nelle scuole e nelle famiglie: una lunga esperienza ha dimostrato abbastanza quale affidamento si possa fare sulla morale laica, e come la fede in Dio sia la sola forza capace di strappare l’uomo al suo egoismo e di innalzarlo sino all’accettazione generosa del sacrificio, senza il quale non vi può essere né focolare, né figliolanza».

In effetti, a maggior ragione oggi, si può dire che fra le cause principe dell’attuale andamento demografico c’è proprio il pressoché totale rifiuto dello spirito di sacrificio.

Ma l’attualità profetica di questo filosofo non si esaurisce qui: nell’ordine dei pubblici costumi, «una censura priva di compiacenze dovrebbe vietare senza pietà la proiezione di tanti film atti ad abbassare il tono morale, destinati a sconvolgere i cervelli e le coscienze. La radio e la televisione non dovrebbero essere autorizzate a portare a domicilio le opere teatrali dette «leggere», più stupide ancora che leggere, o i loro resoconti laudativi, che finiscono col creare l’impressione che il vizio e la cattiva condotta siano lo stato morale della società contemporanea, e col far pesare il discredito sulla virtù, sullo spirito di sacrificio, la fedeltà coniugale e l’amore della casa, come se fossero eccezioni stravaganti».

Quante famiglie, in effetti, vengono distrutte a partire proprio dall’esempio continuo di immoralità, infedeltà e tradimenti propagandato da certi programmi televisivi?

Ma il prof. Jolivet rincara la dose affermando che anche «i giornali ed i periodici letterari dovrebbero vedersi imporre una disciplina morale. Il commercio troppo redditizio della letteratura pornografica e delle pubblicazioni neo-malthusiane dovrebbe essere non soltanto vietato, ma efficacemente punito.

In conclusione,«mediante il concorso reciproco delle leggi e dei costumi, si potrebbe sperare di assistere al formarsi di una società il cui valore morale si esprimerebbe generosamente attraverso la più bella e, in ultima analisi, la sola vera ricchezza di quaggiù, che è la vita». Cerchiamo di mettere a frutto questi saggi consigli.

Fabio Fuiano

Fonte: Corrispondenza Romana

 

 

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