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Decreto Rave Party, una ragione c'è

la nuova bussola quotidiana tommaso scandroglio Nov 09, 2022

di Tommaso Scandroglio 

Tutti ne parlano, pochi l'hanno letto e per questo le critiche sparano spesso nel vuoto. In realtà si è voluto vietare i rave party in quanto tali perché per loro natura sono pericolosi per l'incolumità delle persone e per l'ordine pubblico.

Tutti ne parlano, ma pochi l’hanno letto. Ci stiamo riferendo al cosiddetto Decreto Rave Party. Andiamo allora a leggere il testo di questo decreto che all’articolo 5 inserisce un nuovo reato nel codice penale: “Art.  434-bis  (Invasione  di  terreni  o  edifici per raduni pericolosi per l'ordine pubblico o l'incolumità pubblica o la salute pubblica). L'invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l'ordine pubblico o l'incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell'invasione arbitraria di  terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l'ordine pubblico o l'incolumità pubblica o la salute pubblica.
Chiunque organizza o promuove l'invasione di cui al primo comma è punito con la pena della reclusione da tre a sei anni e  con la multa da euro 1.000 a euro 10.000. Per il solo fatto di partecipare all'invasione la pena è diminuita”.

Il contenuto del testo è chiaro: se organizzi o partecipi ad un raduno non autorizzato, in un fondo o in un edificio pubblico o privato, con più di 50 persone e questo raduno può essere pericoloso – sia per la calca, sia perché avviene in un edificio pericolante o in costruzione, sia perché gira droga e alcol in abbondanza, sia per qualsiasi altro motivo – ecco che scatteranno le manette.

Detto ciò, si sta già lavorando ad una modifica del testo. Due sono gli aspetti critici. Il primo: questa soglia così alta di pena permette le intercettazioni. La soluzione è abbassare il massimo della pena. L’uomo della strada però giustamente si domanderà: che male c’è a poter intercettare, ad esempio, chi organizza questi eventi illegali? La sinistra è insorta contro questa possibilità – ma in altre circostanze le intercettazioni venivano da lei benedette – perché sarebbe una violazione della privacy che può essere tollerata solo per alcuni reati particolarmente gravi.
L’uomo della strada avrebbe pronta la risposta: lo spaccio di droga, che sovente si consuma in questi eventi, è fatto penalmente rilevante, così rilevante che legittimerebbe le intercettazioni. Inoltre il Viminale ha fatto sapere che le pene sono così elevate perché questo permette la confisca obbligatoria delle attrezzature e l’arresto in flagrante degli organizzatori. Ma anche nel caso in cui si abbassasse il massimo della pena, ad esempio a quattro anni, il reato non verrebbe snaturato, quindi su questo aspetto il testo di legge potrebbe subire una modifica senza particolari problemi.

Il secondo elemento su cui si sta lavorando è la supposta genericità della condotta incriminata. In termini tecnici, la norma mancherebbe di tassatività. Ciò che fa problema è comprendere bene quali siano le condotte penalmente rilevanti, ossia che possono provocare un “pericolo per l'ordine pubblico o l'incolumità pubblica o la salute pubblica”. Da una parte, se il legislatore tentasse di precisare in modo analitico tutte le possibili condotte pericolose, di certo qualcuna gli sfuggirebbe. Su altro lato, ricorrendo ad espressioni generiche che rimandano all’ordine pubblico, all’incolumità o alla salute pubblica, qualsiasi condotta pericolosa sarebbe ricompresa, ma il cittadino rimarrebbe nel dubbio, prima di organizzare un raduno non autorizzato con molte persone, se una tale specifica condotta potrà mai essere qualificata da un giudice come pericolosa o meno. Ad esempio, accendere un fuoco in mezzo ad un campo durante un rave party potrebbe configurare il reato ex art. 434 bis oppure no?

C’è da dire che queste espressioni volutamente di così ampio respiro ricorrono spesso nel codice penale. A titolo di esempio: l’art. 656 “Pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico”; l’art. 661 che punisce l’abuso di credulità popolare se questo può provocare un turbamento dell’ordine pubblico; l’art. 434 che punisce il crollo di una costruzione o un disastro di altra natura atta a mettere in pericolo la salute pubblica; l’art. 440 “Adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari o di altre cose in danno della salute pubblica”; l’art. 422 che così recita: “Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 285, al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità è punito, se dal fatto deriva la morte di più persone, con l'ergastolo”; l’art. 423 laddove si riferisce all’incendio della propria abitazione se da questa deriva un pericolo per l’incolumità pubblica; l’art. 428 laddove si riferisce, tra le altre condotte, al naufragio di un proprio natante o la caduta di un proprio aeromobile se ciò provoca un pericolo per l’incolumità pubblica; l’art. 433 che riguarda gli “Attentati alla sicurezza degli impianti di energia elettrica e del gas ovvero delle pubbliche comunicazioni” qualora ci sia pericolo per l’incolumità pubblica. E questi sono solo alcuni esempi in cui ricorrono le espressioni generiche di cui sopra. Dunque se il Decreto Rave Party mancasse di tassatività, a rigore anche questi ed altri articoli del Codice penale dovrebbero soffrire di uguale mancanza.

Un'ulteriore critica, espressa tra gli altri anche dall’ex premier Giuseppe Conte, fa riferimento all’inutilità di questa norma: esisterebbero già le leggi che sanzionano raduni non autorizzati, l’invasione di fondi o edifici altrui e lo spaccio di droga. Prova ne è l’intervento delle forze dell’ordine al rave party di Modena. Vero che già esistono questi reati specifici, ma non esiste il reato che punisce l’ “Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l'ordine pubblico o l'incolumità pubblica o la salute pubblica”. Se vogliamo essere sintetici, la novità sta nel sanzionare un raduno pericoloso.

Si è voluto dunque vietare i rave party in quanto tali perché per loro natura sono pericolosi per l’incolumità delle persone e per l’ordine pubblico, al di là del fatto che poi tale pericolo si concreti con lo spaccio di droga, con l’assunzione di elevate dosi di alcol, con il crollo di parti dell’edificio occupato, con il ferimento delle persone a seguito della calca o dei balli, etc. Il legislatore, al pari di altri reati di pericolo (pensiamo alla guida pericolosa), non ha voluto aspettare che un rave party provocasse realmente dei danni per poi sanzionare gli autori di questi danni, ma ha voluto vietare i rave party per prevenire simili effetti negativi. Se poi il rave si è svolto ugualmente, seppur vietato, e lo spaccio è avvenuto e qualcuno se ne andava in giro con una pistola senza porto d’armi e c’è stata un rissa perché tutti erano ubriachi e una ragazza è stata violentata da un gruppo di giovani sotto l’effetto di droghe, al reato previsto dal 434 bis si aggiungeranno anche tutte queste fattispecie sanzionate dal Codice penale proprio perché di natura differente rispetto al reato ex art. 434 bis.

 

 

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