Con l’entrata in vigore dell’applicazione generalizzata del cd green pass, i margini di libertà si sono drasticamente ristretti e la vita dell’intera Italia ha subito una svolta a dir poco drammatica. Sembra che il cappio al collo degli italiani si stia stringendo in maniera irreversibile. Analisi e commenti si sprecano, mentre l’ostinazione distruttiva e la furia repressiva della cd autorità lascia a bocca aperta.

Un normatore dalla penna veloce prima scrive norme liberticide e discriminatorie, poi e non contento, cerca di soffocare ogni forma di dissenso, preparandosi ad usare l’apparato penale per censurare e punire addirittura opinioni espresse in sedi private. I dispositivi di controllo dell’ordine pubbliche sembrano, a volte, fuori controllo.

La disperazione di tante famiglie ridotte sul lastrico, o che rischiano di finirci, sembra rallegrare i governanti, che la considerano il giusto prezzo di non si sa quale colpa. Si sono inventate fattispecie penali inesistenti nell’ordinamento, chiunque, non appena lo possa fare, usa la normativa emergenziale per schiacciare il prossimo, l’odio è ormai stato sparso a piene mani e non sembra più avere limiti.

Qualsiasi menzogna, anche la più ridicola, la più grottesca, la meno accortamente architettata, pretende di dettare legge, ossia di essere devotamente ascoltata come illuminante e salvifica verità.
Le ragioni di tanto accanimento rimangono oscure ed incomprensibili. La convivenza civile è diventata un inferno, intessuta di malafede e sospetto. Paradossalmente lo stato, da garante della pacifica convivenza, è diventato il primo fattore di malessere e di scontro, oltre che macchina sempre più inquietante di controllo e di repressione.
Detto ciò, però, dobbiamo porci qualche domanda ulteriore e dobbiamo, con fermezza incrollabile, cercare gli spiragli di luce, che comunque non possono mancare. Il regime, con tecniche di vario tipo, vuole arrivare al controllo completo delle nostre vite. Non vale più nemmeno la pena metterne in luce strategie, incongruenze e contraddizioni.

Ciò è utile ed indispensabile, ma è solo un passo preparatorio. La domanda che si impone è come resistere a tale aggressione inaudita, che sembra non conoscere precedenti nella storia.
L’attacco, furibondo e perverso, è al nostro essere insieme uomini e popolo. Mi si dirà, il popolo è stato polverizzato in una quantità di individui e non esiste più da tempo. Così, gli esseri umani, sradicati dalla loro storia e accecati davanti alle domande essenziali sulla loro vita e sul loro destino, spesso sembrano ectoplasmi dediti al piacere ed al consumo compulsivo di ciò che il mercato dell’immaginario gli fa balenare come promessa di felicità.
Lo scioglimento dell’umanità nell’acido muriatico del nichilismo, a volte variopinto e gaio ma molto più spesso triste e sporco di sangue, sembra ormai arrivato ad un punto di non ritorno.
Eppure, questa è solo la superficie della situazione odierna. Eppure molti resistono e aprono gli occhi di fronte alla durezza perversa del gioco in atto. Molti non ne possono più della menzogna che ci opprime sotto la sua mefitica cappa. Lo scontro è al calor bianco e sembra che i prepotenti siano ad un passo dal chiudere la partita. La sua vittoria, però, sarebbe completa solo se riuscisse a capovolgere del tutto il non senso della realtà, a staccarci totalmente da essa ed a convincerci che il mondo immaginario che ha infiltrato nelle nostre menti e nei nostri cuori sia davvero la realtà, l’unica realtà, il vero luogo della nostra vita. I principi e le regole di questa sarebbero la pura e semplice costruzione di una grande mente postumana, transumana. A questo punto, sì, l’uomo avrebbe compiuto l’uccisione di Dio e si sarebbe messo al suo posto, nella più profonda e delirante ebbrezza di aver creato se stesso e sotterrato o svuotato tutto ciò che ci richiama alla nostra condizione di creature. È questa immane menzogna che bisogna riuscire a sgonfiare. Di per sé la menzogna è inconsistente, eppure vive dell’apparenza della sua invincibilità. La risposta, almeno una delle risposte, è ricominciare a “vivere nella verità”. Ma come farlo?
L’incubo della menzogna non può chiudere il suo cerchio, perché la sofferenza e la morte rimangono lì a ricordarci chi siamo. Il folle tentativo di rinchiudere la nostra finitezza entro un circuito chiuso in cui farci correre senza fine e senza poter alzare gli occhi al Cielo, non
può che approdare al proprio collasso. L’infinito dolore del nostro rifiuto di Dio, in termini
cristiani del nostro peccato, può essere anestetizzato, deviato verso palliativi di fantasia, addirittura esaltato nell’orgoglio e nella superbia luciferina, ma non può essere eliminato.

Il desiderio profondo, profondissimo della verità, non può essere del tutto estirpato dai nostri cuori. Non è il grande richiamo a valori eterei e disincarnati che può dare voce a questo bisogno: occorre ricominciare dalle cose con cui ci confrontiamo quotidianamente, piccole e grandi. Occorre ricominciare a vedere nel nostro prossimo il sorriso di Dio, magari dietro e dentro la sua sofferenza. Occorre saper accettare gli insulti e le violenze, senza diventarne succubi o complici. Occorre saper vedere di nuovo i bisogni del nostro prossimo e fare ciò che è in nostro potere per aiutarlo. Occorre creare reti di relazioni di autentica simpatia e solidarietà, non di retorica indifferenza. Le opportunità in questo senso sono molto più numerose di quanto non possiamo immaginare e, in moltissimi casi, si presentano quasi da sole, inaspettate, sorprendenti. Basta imparare a vederle.
Il nodo si stringe ma, per scioglierlo, le forze umane da sole non bastano. Il nodo può essere sciolto solo se rialziamo, con umiltà, i nostri occhi al Cielo, se riapriamo i nostri cuori all’amore di Dio, che ci ha creato e ha dato suo Figlio per redimerci, ossia per ridarci la vita, la sua stessa vita che è la nostra vera vita. Al punto in cui siamo, anche per la scellerata ostinazione di chi usa malvagiamente il potere, non ci sono più alibi, schermi, punti di mediazione.

La menzogna si compie nell’abolizione della realtà che richiede e si compie con l’oblio e la cancellazione dello stesso ricordo di Dio.

Se è il nostro stesso peso, a costringerci a rimettere i piedi per terra, è però l’Amore di Dio a non permetterci di separarci da Lui, anche se lo rifiutiamo. Il punto più luminoso, a mio avviso, di questo tragico passaggio della storia, è che, di fronte al fetore insopportabile del male, rivestito di mielose parole, Dio, dovrei forse dire in particolare lo Spirito Santo, sta riversando sull’umanità e su tutti noi un’onda inimmaginabile, forse mai vista nella storia, di amore, di forza, su cui può solidamente poggiare la nostra speranza.

È qui che si può e deve fondare la nostra resistenza all’assalto dell’odierna violenza totalitaria. Insomma, per rimettere i piedi per terra, e poter resistere con coraggio e avere fondate speranza di vittoria, occorre mettersi in ginocchio davanti a Dio, chiedere il suo perdono e la sua grazia, ossia il suo onnipotente aiuto.

È qui che ha il suo fondamento ed il suo vertice il principio: vivi nella verità!
Questo non è un ideale romantico, non è fideismo, ma è l’unico modo per essere uomini a tutto tondo e per ricostruire un mondo ormai in frantumi ed in disfacimento.

Non sappiamo quanto a lungo e quanto duramente dovremo lottare, quanto dovremo soffrire, ma se non ci rendiamo conto che solo una tale conversione può tirarci fuori dal pozzo e se non siamo disposti a sopportare le sofferenze che la accompagnano, le nostre preoccupazioni ed i nostri lamenti saranno solo guaiti al vento.

Dionigi per Iustitia in Veritate

 

fonte: http://www.iustitiainveritate.org/dittatura-e-caos-come-resistere/