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TRUTH

Due mondi inconciliabili

giglio reduzzi Sep 07, 2023

di Giglio Reduzzi


La mia convinzione che le due religioni dell’Islam e del Cristianesimo siano inconciliabili è maturata da tempo ed in particolare dopo aver letto il bel libro sull’Islam di don Gianni Baget Bozzo, che sarà pure stato un prete anomalo ma era anche un sottile intellettuale.
E’ da lui che ho appreso le nozioni fondamentali che non possono essere ignorate per cogliere la predetta inconciliabilità.
Prima di tutto occorre sapere che, per l’Islam, non esiste la distinzione tra potere temporale e potere spirituale.
In Arabia Saudita il re è anche il “Custode dei luoghi sacri di La Mecca e Medina”.
E’ come se il custode della Sacra Sindone non fosse l’arcivescovo di Torino, ma l’autorità civile.
Nei regimi musulmani l’esercizio di un culto che non sia quello islamico è legato al pagamento di una tassa o semplicemente vietato.
La giustizia è amministrata in base alla sharia, che nasce dalla legge mosaica.
Quella, per intenderci, dell’occhio per occhio, dente per dente.
Il concetto di perdono è una novità introdotta da Cristo.
E’ proprio questo modo di reagire alle offese che caratterizza il cristianesimo e lo colloca, a mio avviso, un gradino più su delle altre religioni, Islam compreso.
Poi c’è il modo in cui il mondo musulmano considera la donna.
Essa non è la compagna dell’uomo, ma il suo giocattolo.
Tant’è che, per evitare che l’uomo ci perda troppo tempo e trascuri i suoi affari, se ne prevede un uso limitato: non più di quattro!
In termini meno ironici, l’Islam consente al maschio adulto di avere fino a quattro mogli, non (come penserebbe un cristiano) come superamento di un vincolo troppo stretto (quello del matrimonio monogamico), ma come limitazione di una libertà che altrimenti sarebbe troppo ampia.
Per rendere agevole all’uomo l’accettazione di questa limitazione (che però a noi cristiani appare tutt’altro che una limitazione), l’Islam ha introdotto il dress code delle donne.
Cioè l’obbligo per esse di vestirsi in modo da non indurre l’uomo in tentazione.
Per cui esse sono obbligate, a seconda del grado di tolleranza del regime, ad andare in giro coperte o molto coperte.

Un secondo aiutino viene offerto all’uomo mediante l’istituto del matrimonio a tempo (la cosiddetta mut’a), che però i sunniti condannano ed è in via di estinzione anche da parte degli shiiti.
(Sunniti e shiiti essendo le due principali branche dell’Islam.)
Come si vede, nel mondo musulmano la donna ha una funzione nettamente ancillare rispetto all’uomo.
Mentre l’uomo può avere tutte le donne che vuole, la donna deve attenersi ad un umiliante dress code ed accontentarsi, quando va bene, di dividere il suo uomo con altre tre.
E’ soprattutto questo fatto che rende la religione islamica (almeno fino a che conterrà queste regole) del tutto incompatibile con il nostro modo di vivere, prima ancora che con il nostro credo religioso.
Ma la maggiore distanza tra le due fedi non risiede, a mio avviso, nelle rispettive teologie, bensì nella sfasatura temporale con cui le due religioni si sono sviluppate e negli usi e costumi che hanno trascinato con sé.
Fino al 1870 (breccia di Porta Pia) anche molti cristiani cattolici pensavano che potere spirituale e potere temporale potessero intrecciarsi ed essere esercitati da un’unica struttura.
Ora non più.
Anche il cristianesimo, seppur per un breve periodo, ha goduto, come tuttora gode l’Islam nella penisola arabica, del fatto di essere l’unica religione pubblicamente professabile.
Alludo all’editto di Teodosio del 395 d.C., ma, come si vede, si tratta di andare indietro di molti secoli.
Anche i cristiani, come i musulmani, hanno a lungo osteggiato gli omosessuali, ma ora non lo fanno più (forse più per legge che per convinzione), mentre gli islamici continuano a farlo.
Anche i cristiani una volta consideravano la donna indissolubilmente legata ai lavori domestici, ma ora non lo fanno più (magari solo per apparire moderni), mentre i musulmani continuano a farlo.
Anche i cristiani una volta ricorrevano (ed in parte ancora ricorrono) alla pratica dei matrimoni combinati, ma per gli islamici questa usanza sembra essere tuttora la regola.
Una regola che si risolve invariabilmente a danno della donna, costretta a sposare uomini mai visti prima e/o molto più vecchi di lei.
Lo stesso Maometto è stato il primo a fornire l’esempio, sposando una bambina di nove anni. Sic!
Anche i cristiani hanno sempre tentato di lasciare alla donna il compito di controllare le nascite, ma i musulmani attuano questa delega in modo totalizzante e con diverse modalità.
Mi riferisco all’usanza di coprirle fino a renderle invisibili ed a quella, molto più barbara di renderle fisicamente impenetrabili, cucendole nelle parti intime.
I maschi sono esonerati da ogni incombenza al riguardo.
Ed è per questo che, quando gli immigranti africani (fortunatamente non tutti) vedono una donna europea succintamente vestita, si sentono autorizzati a stuprarla.
Specie se sono giovani (e lo sono quasi tutti) e pertanto soggetti a vere e proprie tempeste ormonali.
La questione degli stupri apre la porta a tutta una serie di considerazioni circa i comportamenti che, pur non avendo diretta attinenza con la religione, contribuiscono notevolmente a rendere inconciliabili la cultura europea con quella di cui sono portatori gli immigrati clandestini.
Alludo ai comportamenti che i nuovi arrivati spesso assumono nelle nostre città e che sollevano l’indignazione dei residenti.
Tipo orinare nelle aiuole.
Non è certo la religione che li autorizza a fare queste cose, ma francamente al cittadino europeo poco interessa quale sia l’origine di quel bizzarro comportamento.
Sta di fatto che una cosa (la religione) sembra andar di pari passo con l’altra (l’arretratezza culturale dei luoghi d’origine degli immigrati), che è l’indiscussa base di partenza di quei comportamenti.
Quando ero piccolo, su tutti i treni che circolavano in Italia al termine della seconda guerra mondiale, c’era scritto a chiare lettere ed in tutte le principali lingue :
“Non gettate alcun oggetto dal finestrino”
“Keine gegenstande aus des fenster verfen”
“Do not throw anything out of the window”
“Ne jetez aucun objet par la fenētre”
Ma, per l’appunto, si trattava degli anni a cavallo tra gli anni ‘40 e ‘50.
Se le trovassimo scritte sui vagoni ferroviari di nuova costruzione ci offenderemmo a morte, perché oggigiorno nessuno getta più le bottigliette della Coca Cola dal finestrino, come facevamo da piccoli, quando, diciamolo francamente, noi stessi eravamo privi del più elementare senso civico.
Del resto era l’epoca in cui anche sui tram trovavi scritte del tipo:
“Non sputare per terra”.
Credo che in alcuni casi ci fosse anche l’invito a:
“Non bestemmiare”.
Poi siamo passati al solo:
“Vietato fumare”.
Ora credo che non ci sia più neppure l’ultima scritta, in quanto ritenuta ovvia.
Ma è giusto aver abolito quegli avvisi?
Io credo che, se non abbiamo la volontà e/o la capacità di fermare l’emigrazione selvaggia, allora dobbiamo rispolverarli, perchè quello che insegnavano a noi ora serve ai nostri ospiti.
E magari dovremmo aggiungerne di nuovi da piazzare nei vicoli e nelle aiuole.
Non ci starebbe male neppure un cartello che invitasse i nostri ospiti arrapati a non approfittare delle ragazze in minigonna.
In attesa che i nuovi governi trovino la forza (se mai la troveranno) di fermare o rimpatriare i migranti, il processo di islamizzazione dell’Europa è destinato a progredire rapidamente.
Anche perché la mia proposta (certamente più costosa ma anche più caritatevole) di istituire delle Islam Town dove confluire questi nuovi venuti (ad imitazione delle già esistenti China Town e degli Hare Krishna Village) non ha avuto molto successo neppure nella cerchia dei miei parenti ed amici, nonostante avrebbe il pregio di preservare intatte le radici cristiane dell’Europa.
Sta di fatto che l’islamizzazione in corso sta cambiando il volto dell’Europa, e, purtroppo, lo sta cambiando in peggio, facendo riaffiorare usi e costumi che credevamo morti e sepolti.
Quasi che l’orologio della Storia stia andando indietro.
Chi, europeo di nascita, si sente in colpa per il fatto che l’Europa aveva tentato, due secoli fa, di colonizzare l’Africa, dovrebbe avvertire un senso di colpa ancora più grande ora che si trova difronte al fenomeno opposto, cioè ad una colonizzazione al contrario, neppure sorretta da quella scusa di voler importare la civiltà che era alla base della strategia coloniale e missionaria.


Ecco cosa ha scritto il politologo Edward Lutwak su Libero del 22 gennaio 2022:

"Il governo [italiano] sul confine del sud ha gettato la spugna.
Sui flussi conta il messaggio che mandi:
Se sai che non entri, non parti. Se sai che entri, parti.
Nel vostro Paese il buonismo è un imperativo categorico, probabilmente retaggio della cultura cattocomunista.
L’attuale ministro [Lamorgese] è campionessa di buonismo.
La visione umanitaria del <Salviamoli tutti>non è realistica, serve solo ad eludere il problema.
Si lascia che i migranti arrivino a frotte sulle coste sicule senza avere alcunché da offrire.
Non assomigliano ai José Martinez del Messico che, quando si stabiliscono nelle città americane si trasformano in Joe Martin perché vogliono furiosamente integrarsi, imparare la lingua, aprire un negozietto e far arruolare il figlio nella US Army.
Da voi arriva gente che non ha alcuna intenzione di integrarsi.
Da voi arriva gente cui non importa imparare la lingua italiana e trovare un lavoro onesto.
Gente che ha una concezione della donna diametralmente opposta alla vostra.
Sono islamici, punto.
L’Islam è per sua natura antioccidentale."



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