Telegram
WhatsApp
TRUTH

Gaetano Masciullo intervista don Nicola Bux su Leone XIV

don nicola bux gaetano masciullo papa leone xiv Jun 10, 2025

Dall'articolo pubblicato sul giornale cattolico The Remnant.

Gentile mons. Nicola Bux, grazie per aver concesso questa intervista per The Remnant. Lo scorso 8 maggio, i cardinali hanno eletto papa il cardinale Robert F. Prevost, il quale ha scelto il nome di Leone. Il Conclave è stato velocissimo: solo quattro scrutini. Come si è creato, a suo avviso, il consenso intorno a questo nome?

Grazie agli interventi dei cardinali nel Pre-Conclave—un’intuizione preziosa di Giovanni Paolo II nella Costituzione Universi Dominici Gregis—è emersa un’analisi approfondita della situazione della Chiesa dopo l’ultimo Pontificato, mettendo in luce l’urgenza di ristabilire unità e comunione. Lo Spirito Santo ha guidato le riflessioni e le convinzioni dei cardinali, i quali, a quanto sembra, si sono mostrati docili alla Sua ispirazione. Questa armoniosa interazione tra libertà umana e guida divina ha facilitato un ampio consenso sul nome del cardinale Robert Francis Prevost.

La crisi della Chiesa è una realtà drammatica, eppure tanti sedicenti cattolici non la riconoscono. A suo avviso, se Papa Leone vorrà avviare i processi per guarire da questa crisi, quali dovranno essere i primi passi?

Il primo passo in assoluto è tornare ad annunciare Gesù Cristo unico Salvatore. Leone ha fatto ciò nei suoi primi tre discorsi: a Roma e al mondo dalla loggia delle benedizioni; ai Cardinali in cappella Sistina all’indomani del Conclave; nella Messa d’inizio pontificato.
Significativamente, nell’udienza alle Pontificie Opere Missionarie, il 22 maggio scorso, ha affermato che bisogna far conoscere Gesù Cristo, perché senza di Lui non ci sarà pace nel mondo. La Chiesa attraversa spesso stagioni drammatiche, anche a causa dell’infedeltà dei suoi pastori, ma i fedeli non sempre se ne accorgono, specialmente oggi che l’emotività è la cifra principale della conoscenza, essendo spesso smarrito tra gli uomini di Chiesa il realismo di san Tommaso d’Aquino.
Forse ciò è anche un bene, perché il popolo ha una fede semplice e non sempre coglie le ambiguità dottrinali negli insegnamenti dei pastori, in primis del papa. Grazie a Dio, non tutti i pastori hanno smarrito la dottrina cattolica, come attestano le due serie di Dubia dei cardinali, a cui il nuovo papa dovrà rispondere almeno indirettamente. Così si saneranno le fratture. Sono già in circolazione elenchi delle ambiguità da chiarire, quali ad esempio: accompagnare le fragilità invece che convertire dai peccati; ritenere uguali le religioni invece che annunciare la vera religione di Gesù Cristo; ecc.
Abbiamo speranza che il nuovo papa faccia chiarezza sulla dottrina e non ceda al mondo e ai media, che sono in ostaggio della dittatura del relativismo.

Mi pare che una delle grandi sfide di Papa Leone sarà quella di conservare o promuovere l’Unità. Temo, tuttavia, che uno dei grandi rischi di oggi nella Chiesa sia quello di confondere l’unità che si fonda sulla stessa fede con la convivenza di diverse opinioni e sensibilità, contraddittorie tra loro e persino con il vangelo di Cristo. Come evitare questo rischio?

Millesettecento anni fa, i padri del Concilio di Nicea composero il dibattito sull’identità di Cristo, Uomo e Dio, intorno ad un Simbolo – termine greco che vuol dire ‘mettere insieme’ – della fede cattolica: nulla di più lontano dalla convivenza di opinioni filosofiche e teologiche differenti, ovvero opposte. La differenza infatti è opposizione. La diversità, invece, si può comporre in unità, ma solo in rapporto alla verità di Gesù Cristo. Come recita il motto agostiniano di Papa Leone XIV: in illo uno unum – “nell’unico Cristo siamo una cosa sola”. Altrimenti ci si ‘anglicanizza’ e ci si disintegra, come sta accadendo alla cosiddetta Comunione Anglicana e com’è accaduto ai protestanti, perché le loro leadership hanno rinnegato l’unica Chiesa. Vera religione e vera Chiesa poggiano sulla verità di Cristo. Solo così comunicano la verità sull’uomo e sul mondo, come ha insegnato Giovanni Paolo II.

Un’altra dimensione della crisi odierna della Chiesa ha a che fare con il diritto. Vi è, a mio avviso, una perdita diffusa del senso della legge, intesa come l’espressione della verità e della giustizia. In passato, il diritto canonico era visto come un mezzo per custodire la fede, garantire l’ordine e correggere gli abusi. Oggi, si tende spesso a relativizzarlo, a considerarlo secondario rispetto alla “pastorale”, come se l’amore potesse esistere senza verità e giustizia.Papa Leone è invece un canonista, oltre che un teologo, un filosofo e persino un matematico. Questo fa ben sperare?

La crisi odierna proviene dal diritto, nel senso che si sono oscurati i diritti di Dio, a cominciare dal culto a lui dovuto e dalla vita morale degli uomini. Il peccato odierno è contro Dio Creatore, come dimostrano gli attentati alla legge naturale – ci si ricorda di essa solo quando si ha a che fare con il cosiddetto ambiente e con gli animali, ma non con l’uomo: si pensi all’aborto e all’eutanasia.
Così, accade che i giudizi prescindono dal diritto naturale ed elaborano leggi inique. Papa Leone ha studiato e insegnato il diritto canonico e lo si evince dal pensiero ordinato e razionale sotteso ai suoi discorsi: so che ha chiesto di essere aiutato a riproporre l’importanza e l’osservanza del diritto, in primis nella Chiesa. Il diritto è l’ossatura dell’azione pastorale, perché preserva la verità e la giustizia e concorre a diffondere l’amore vero e ordinato, come affermano sant’Agostino e san Tommaso.

Un’altra dimensione grave della crisi della Chiesa, forse la più grave di tutte, riguarda la crisi del Magistero. I papi non definiscono più e, non definendo, non separano più ciò che è vero da ciò che è falso. L’esito è quel rischio di cui parlavamo prima, di confondere l’unità con il relativismo. Come superare gradualmente questa crisi del Magistero?

L’insegnamento ovvero la dottrina – termine che spaventa taluni, perché indica un corpus sistematico indiscutibile – non è altro che il ‘pasto’ che devono approntare i pastori (parola che viene da pasto): lo afferma san Gregorio Nazianzeno, uno dei grandi Padri orientali.
Quando la teologia e l’azione pastorale prescindono dalla dottrina, diventano un pasto insipido e immangiabile. Così, le pecore lo cercano altrove nel mondo, con il rischio di ammalarsi e morire. I teologi devono approfondire la verità e devono confrontarsi col Magistero dei pastori uniti al papa.
L’unità della fede è essenziale per l’unità della Chiesa, afferma sant’Ireneo. I pastori sparsi nel mondo devono insegnare la medesima dottrina e il papa deve confermare la fede. I malintesi sulla sinodalità finiscono per distruggere la Chiesa, formata dalla collegialità dei vescovi con il papa e dall’obbedienza dei battezzati, i quali, insieme, devono essere mossi dal sensus fidei della Chiesa cattolica, ciascuno nel proprio ruolo, senza laicizzare i primi e clericalizzare i secondi.

Quali sono, a suo avviso, le prospettive sulla Messa Tradizionale con Leone XIV?

La Chiesa ha sempre bisogno di riforma, ma non sugli elementi fondanti della sua fede: la liturgia è uno di questi. A imitazione di san Giuseppe, il Papa è il custode della famiglia ecclesiale universale, come il vescovo e ogni altro pastore lo sono di quelle territoriali. Pertanto, egli deve custodire la Tradizione e le tradizioni liturgiche d’Oriente e d’Occidente, come ha affermato papa Leone ricevendo le Chiese orientali cattoliche che avevano presenziato all’inizio del suo ministero e, ancor prima, alla sua elezione tramite i patriarchi e arcivescovi cardinali. Sono validi gli “otri nuovi con il vino nuovo”, ma restano preziosi e validi anche quelli vecchi con il vino vecchio.
Se, come affermava Benedetto XVI, la crisi ecclesiale è in gran parte dovuta al crollo della liturgia, celebrata come se Dio non parlasse né ascoltasse, allora è fondamentale riconoscere i “diritti di Dio”. Questi diritti, sanciti nell’Antico e nel Nuovo Testamento, indicano come Egli desidera essere adorato, evitando ogni forma di idolatria.
Papa Leone XIV ha ampia conoscenza ed esperienza del fatto che la liturgia è sacra e non deve trasformarsi in uno spettacolo di attori, come la danza degli israeliti intorno al vitello d’oro. La liturgia resta sacra se tiene insieme i diritti di Dio e l’ethos, la vita morale. Lo ha detto Gesù, il quale prescrive di riconciliarsi con il fratello con cui si fosse in lite, prima di portare l’offerta all’altare (Mt 5, 23-24).
La Messa tradizionale, quando è celebrata in comunione con la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, tiene insieme tutto questo e lo trasmette – come vediamo – alle nuove generazioni. Allora, il papa dovrà pian piano valorizzare il rito romano antico, che, non meno dei riti orientali, deve concorrere, come sta avvenendo, alla rinascita della fede, della missione e delle vocazioni. Auspico pure che il Santo Padre avvii gradualmente la “riforma della riforma”.
Benedetto XVI si domandava se la riforma liturgica si fosse distaccata dal dettato conciliare, oppure se fosse stata la stessa riforma liturgica ad infliggere un vulnus all’osservanza delle norme fondamentali della liturgia romana, o al principio stesso di diritto liturgico. Per chiarire le cause è necessario lo studio e la pubblicazione dei lavori del Consilium che Paolo VI istituì per l’applicazione della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium.

Fonte:  https://remnantnewspaper.com/web/index.php/articles/item/7785-interview-with-fr-nicola-bux-on-leo-xiv

 

ENTRA ANCHE TU NELLA BRIGATA PER LA DIFESA DELL'OVVIO!

Partecipa attivamente nella Battaglia per la difesa della libertà e dell'ovvio!

DIVENTA MEMBRO

Iscriviti alla Newsletter!

Rimani aggiornato su tutte le nostre iniziative e novità!

Nessuna spam garantita. Disiscriviti quando vuoi!