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Il modernismo è l’anticamera dell’ateismo radicale

francesco lamendola Dec 21, 2022

di Francesco Lamendola

Fin dall’epoca della Pascendi, se non da prima ancora, e poi negli anni seguenti, con discrezione ma con tenacia incrollabile, fino al trionfo sbandierato senza ritegno nel Concilio Vaticano (dunque avevano ragione loro!), i modernisti hanno sempre mostrato una straordinaria abilità nel far passare se stessi per le miti pecorelle, un po’ ingenue forse, un poco sprovvedute, ma assolutamente pure e irreprensibili sia nelle loro intenzioni, sia nei loro comportamenti e stili di vita e nelle loro azioni pastorali. Delle candide pecorelle le cui vere intenzioni sono state purtroppo malamente equivocate e contro le quali si è alzato un fuoco di fila di giudizi severissimi, di condanne di scomuniche, quasi che non vi fossero problemi e pericoli più immediati e più gravi per la Chiesa e per la cristianità tutta (si era quasi alla vigilia del dramma della Prima guerra mondiale), e quasi che il clero diocesano, a cominciare dai vescovi, non avesse niente di meglio da fare che andare a caccia di nemici immaginari se non addirittura di fantasmi veri e propri. E tutto, si capisce, per colpa di uomini duri e chiusi in un’idea tradizionale angusta, occhiuta, sospettosa di qualunque novità; uomini come il papa Pio X e il suo principale collaboratore, il segretario di Stato, cardinale Rafael Merry del Val.

Si faccia caso che praticamente tutti gli studi monografici che sono stati pubblicati sul modernismo dopo il Concilio Vaticano II e tutte le storie della Chiesa contemporanea, scritti, gli uni e le altre, da autori che palesemente e dichiaratamente abbracciano quella causa, sono scritte in una tale ottica: minimizzare o negare decisamente che nel modernismo fosse insito un qualche pericolo per la dottrina e per la fede cattolica, e sottolineare la durezza pressoché incomprensibile, la vera e propria spietatezza e mancanza di misericordia da parte delle autorità romane. Oltretutto non ci si stanca mai di evidenziare che il modernismo, come movimento, in realtà non è mai esistito, e che l’enciclica di condanna di Pio X ha avuto il solo effetto di cucire insieme, artificiosamente e arbitrariamente, idee e posizioni assai diverse fra loro, creando così un tutto apparentemente coeso e minaccioso là dove in realtà c’erano solo vaghe e appena accennate tendenze riformistiche, miti ed innocue.

Lo stile e l’impostazione sono sempre gli stessi. Si deprecano la durezza e l’incomprensione del Papa e del suo Segretario; si lamenta il fatto che gli esponenti ella nuova tendenza (qualificarli eretici, poi, è davvero eccessivo!) erano troppo in anticipo sui tempi storici della Chiesa come istituzione umana; si compiange la loro ingenua purezza, la loro vita tutta dedicata allo studio e ai doveri pastorali; si tratteggiano, vittimisticamente, figure commoventi di anziani sacerdoti tutti Chiesa e casa, con anziane madri a carico, amati dal popolo, e sui quali nemmeno l’ombra di un sospetto o di una maldicenza di qualsiasi tipo era venuta mai a posarsi. Tipico di questo filone partigiano e lacrimoso è Il modernismo italiano. Voci e volti di Lorenzo Bedeschi (Edizioni San Polo, 1995).

Prendiamo il caso di don Giuseppe Olinto Marella di Pellestrina, ma ordinato a Bologna, del quale nessuno conosceva l’intimo dramma vissuto durante la repressione antimodernista, con la proibizione durata ben sedici anni di celebrare la Santa Messa. Per rievocarne la figura, Bedeschi si serve di una testimonianza di Indro  Montanelli, che lo ebbe professore al liceo di Rieti negli anni ’20 (op. cit., pp.168-169):                

Si rifiutava di sedere in cattedra, non pronunciava minaccia, non affibbiava punizioni. Eppure,         sgarbi o contumelia non ricevette nemmeno dai più discoli. A scoraggiarcene era una vaga indefinita sensazione  di trovarci di fronte a un esemplare umano fuori del comune, come suggeriva anche il suo aspetto. […] Era laico, ma vestiva come un prete, con uno stiffelius che gli scendeva sotto le ginocchia, abbottonato fino alla fola e listato dalla striscia bianca di un colletto duro da clergyman, su cui sgrondava una gran barba coloro rame. […] Per strada non lo si incontrava mai che in compagnia di sua madre. La reggeva sottobraccio con trepida sollecitudine come un oggetto prezioso e fragilissimo. Non viveva che per lei e di lei. In quella piccola città di era fatto presto a sapere dalla padrona di casa, che gliel’aveva affittata, che stavano in un’unica camera e dormivano nello steso letto. Ma nemmeno in quel pettegolo e malevolo ambiente provinciale il particolare aveva suscitato commenti, tanto chiara era l’innocenza di quell’amore filiale. La mattina lui si alzava prestissimo per andare con una sporta al mercato per fare la spesa e ritornare in tempo per preparare la prima colazione a lei in  modo che potesse restare a letto fino a tardi. Non frequentavano nessuno. […] Nonostante il suo abito, non ci eravamo mai accorti che covasse una vocazione sacerdotale, perchaè di bacchettoneria non aveva mai Dato segno, in chiesa non l’avevamo mai visto e coi preti non bazzicava (Montanelli, “Ricordo di don  Marella”, in “Il Corriere della Sera”, 21 settembre 1966).

E questo è solo un esempio. Don Marella, fra l’altro, è stato proclamato venerabile il 27 marzo 2013, e beato in Piazza Maggiore a Bologna il 4 ottobre dal cardinale Matteo Zuppi: un iter a passo di carica da parte del neoeletto Bergoglio  (eletto papa il 13 marzo). Quel che vogliamo far notare è che il punto sulla questione modernista non ruota attorno alla probità o meno dei sacerdoti modernisti, della loro bontà e umanità ed eventualmente anche delle loro virtù eroiche, ma se le loro idee e posizioni, sia nel complesso, sia individualmente, fossero dannose e pericolose per la stabilità, la verità e la coerenza magisteriale della Chiesa. Il compito della Chiesa cattolica, la sua ragion d’essere, è tramandare intatta la dottrina di Gesù con la pratica dei Sacramenti, fonte di vita soprannaturale: in altre parole, la salvezza delle anime. Perciò la domanda che bisogna farsi, sia di fronte a singole persone, in particolare sacerdoti o religiosi, sia di fronte a gruppi e movimenti ecclesiali, è sempre la stessa: sono tali da condurre le anime  verso la salvezza, così come è insegnata dalla Chiesa in base alla divina rivelazione, o, al contrario, diffondendo insegnamenti difformi dalla Rivelazioni e non riconosciuti dalla Chiesa, le allontanano da essa e ne mettono gravemente in pericolo il destino eterno?       

Né vale, per un cattolico, l’obiezione che un certo insegnamento può essere veritiero e in accordo con la Rivelazione, ma in disaccordo, parziale o anche totale, con l’insegnamento della Chiesa, perché questo non è possibile: chi lo ritiene possibile ha sbagliato chiesa e deve unirsi a qualche  gruppo o congregazione protestante.  Per i protestanti l’uomo, con la sua capacità d’interpretazione della Sacra Scrittura, può giungere direttamente alla Verità divina; per i cattolici è necessaria la grazia che discende  sul fedele principalmente per mezzo dei Sacramenti, e quindi con la mediazione indispensabile della Chiesa stessa. La quale evidentemente non può contraddirsi, essendo la sua dottrina fondata sul dogma: e il dogma è immutabile.  Ecco dunque la radice del l’errore modernista, che è in primo luogo un peccato di superbia: nella pretesa, cioè, di riformare la dottrina, cambiando silenziosamente il dogma (e questo è un peccato di dissimulazione ai danni delle anime semplici).                                                                  

Osservava il teologo e cardinale Pietro Parente (1891-1986), massimo esponente della scuola romana di teologia del XX secolo, tomista fra i più esperti nonché fortemente critico delle riforme post-conciliari, nel suo Dizionario di Teologia Dommatica (Roma, Editrice Studium, 1952, pp. 226-227) 

MODERNISMO:  eresia o meglio complesso di eresie sorte in seno alla Chiesa al principio del secolo nostro sotto l’influsso della filosofia e della critica moderna, con la pretesa di elevare e dei salvare la religione e la Chiesa cattolica attraverso un radicale rinnovamento. Autori principali: in Francia Le Roye Loisy, in Inghilterra Tyrrel, in Germania Schell, in Italia gli Autori(anonimi) del “Programma dei Modernisti”, che non hanno originalità, ma ripetono idee altrui: ostinato seguace e difensore del Modernismo è stato fino alla morte E. Buonaiuti. Il Papa Pio X emanò sue decreti contro il modernismo: il Decreto del s. Uffizio “Lamentabili” (3 luglio 1907, DB; 2001 ss.) e l’Encicl. “Pascendi” (8 sett. 1907). Il primo consiste in una serie di 65 proposizioni condannate, l’Enciclica è una lucida e profonda dell’analisi delle teorie modernistiche in contrasto con la sana di filosofia e col patrimonio di tutta la dottrina cristiana. Per farsi una idea esatta del Modernismo basta leggere questo documento pontificio, che, nonostante le proteste dei Modernisti, col passar degli anni si è dimostrato sempre più oggettivo ed efficace. Ne accenniamo lo schema.

Il Modernismo è un ibrido amalgama di cattolicismo verbale con un reale razionalismo naturalistico, in base a tre falsi sistemi filosofici: 1) AGNOSTICIMO (dal Kantismo), che mette insieme soggettivismo, fenomenismo relativismo, svalutando la cognizione razionale. 2) IMMANENTISMO, per cui la coscienza umana porta in sé virtualmente ogni verità, anche quella divina, che si sviluppa sotto lo stimolo del “senso religioso” (dalla dottrina di Kant e di Schleiermacher. 3) EVOLUZIONISMO RADICALE, per cui la vera realtà non è l’essere, ma il divenire dentro e fuori dell’uomo (da Hegel e più ancora da Bergson).

Conseguenze di indole religiosa: a) impossibilità di dimostrare un Dio personale, distinto dal mondo. b) La religione e la Rivelazione sono un prodotto naturale della nostra sub-coscienza e il domma ne è l’espressione provvisoria, soggetta a perenne evoluzione. c) La Bibbia non è un libro divinamente ispirato e però dev’essere studiato criticamente come un libro umano, soggetto ad errori. d) La scienza non ha nulla a che fare con la fede. Il critico come tale può negare ciò che ammette come credente. e) La divinità di cristo non si ricava dagli Evangeli, ma è frutto della coscienza cristiana. F) Il valore espiatorio e redentivo della morte di Cristo è opinione di S. Paolo. G) Cristo non ha istituito la Chiesa né il primato di Pietro, passato poi ai Romani Pontefici: la odierna organizzazione ecclesiastica è la risultante di umane contingenze e può mutarsi continuamente. H) I Sacramenti furono istituiti dagli Apostoli, che credevano così d’interpretare le istruzioni del Maestro. Questi Sacramenti servono soltanto a tener vivo negli uomini il pensiero della presenza del Creatore sempre benefica. I) Il dommatismo rigido della Chiesa romana è inconciliabile con la vera scienza, che è legata alla evoluzione universale e ne segue le sorti.

Pio X conclude giustamente che il Modernismo, in forza di questi principi deleteri, conduce all’abolizione di ogni religione e quindi all’Ateismo. 

Come si vede, con pochi tratti chiarissimi e incisivi, sulla scorta della Pascendi, il cardinale Pietro Parente va dritto al cuore del problema e smonta uno dopo l’altro i sofismi della scuola modernista, mostrando nella maniera più inequivocabile che fra le idee moderniste, anche solo alcune o una sola di esse, e la vera dottrina cattolica, vi è contrasto insanabile e inconciliabilità radicale. Con la logica delle cose Parente mostra che il soggettivismo, il sentimentalismo, lo storicismo, l’evoluzionismo e l’agnosticismo che permeano le idee fondamentali del modernismo conducono necessariamente a un sincretismo che comprende ogni sorta di religione e quindi, in ultima analisi, prepara la strada all’ateismo, magari mascherandolo dietro il culto della “dignità umana”, o quello del progresso, o quello della scienza (per non parlare del culto di idoli di estrazione indigenista e primitivista, come quello della Pachamama).

Che queste cose oggi vengano negate o passate sotto silenzio ha una spiegazione sola: i modernisti, con il Concilio Vaticano II, sono riusciti a riportare una vittoria completa, introducendo in maniera abusiva le loro idee, semplicemente avendo la furberia di modificare il linguaggio e di presentare come del tutto ortodosse e rispettose del magistero di sempre affermazioni che avrebbero scatenato i fulmini di qualsiasi pontefice anteriore al 1965.

Un’ultima cosa. Gli autori cattolici neomodernisti sono prodighi di racconti, come si è visto, dai quali traspare l’angelica soavità dei loro precursori e, indirettamente, la durezza non troppo evangelica di Pio X e dei suoi collaboratori. Anche su questo versante però ci sarebbero da mettere alcuni punti sulle i. Quando si vuol ricostruire un evento storico, bisognerebbe dar voce a entrambe le campane. Che dire ad esempio dei fratelli sacerdoti Jacopo, Andrea e Gottardo Scotton di Breganze (Vicenza), animatori del battagliero giornale antimodernista La Riscossa, i quali da vecchia furono calunniati, perseguitati e ridotti in miseria sotto il ‘misericordioso’ vescovo Rodolfi?

 

 

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