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In Maryland la rivolta dei genitori contro la propaganda Lgbtq+ a scuola

propaganda lgbtq+ rodolfo casadei tempi Sep 02, 2023

di Rodolfo Casadei

Uomini e donne di tutte le fedi religiose uniti in tribunale contro l'imposizione di testi e programmi didattici che promuovono l'ideologia transgender e chiedono ai treenni di cercare immagini di drag queen.

Uomini e donne di tutte le fedi religiose uniti contro la propaganda Lgbtq+ imposta ai loro figli nelle scuole statali sin dall’ultimo anno della scuola materna: succede a Montgomery, nel Maryland, dove famiglie soprattutto di immigrati non accettano le furbate del Montgomery County Board of Education (Mcbe) che ha reintrodotto dalla finestra ciò che la legge del Maryland in materia di “Programmi didattici completi di educazione sanitaria per i gradi della scuola dell’infanzia” permetteva di fare uscire dalla porta. La questione è finita in tribunale e la prima sentenza, emessa giovedì scorso dalla giudice distrettuale Deborah Boardman (nominata dal presidente Biden), ha rigettato la richiesta di sospensiva urgente avanzata dai genitori.

I titoli “inclusivi Lgbtq+” inseriti nei programmi

In base alle norme vigenti, «il sistema scolastico locale dovrà stabilire politiche, linee guida e/o procedure per gli studenti che rinunciano all’insegnamento relativo alla vita familiare e agli obiettivi della sessualità umana. Per gli studenti che rinunciano all’insegnamento sulla vita familiare e sulla sessualità umana, ciascuna scuola deve stabilire una procedura per fornire allo studente adeguate attività di apprendimento alternative e/o valutazioni nell’ambito dell’educazione sanitaria». Fino all’anno scolastico scorso le scuole della contea di Montgomery notificavano in anticipo ai genitori degli studenti i contenuti delle lezioni sulla sessualità umana, incluse quelle sui temi dell’omosessualità, transessualità e identità di genere, e le famiglie potevano decidere circa la partecipazione dei propri figli.

La pratica è cessata alla fine di marzo, quando i dirigenti scolastici hanno deciso che i corsi sui temi Lgbtq+ non facevano parte degli insegnamenti sulla vita familiare e la sessualità umana, ma del curriculum di lingua inglese e arti. Gli studenti non potevano perciò più chiedere di essere dispensati da tali lezioni e i genitori non dovevano essere notificati dei contenuti proposti.

 

Contemporaneamente venivano aggiunti al curriculum sei titoli “inclusivi Lgbtq+” dai contenuti inequivocabili: Intersection Allies: We Make Room for All; Born Ready: The True Story of a Boy Named Penelope; Rainbow Revolutionaries: Fifty LGBTQ+ People Who Made History; The Stonewall Riots: Coming Out in the Streets; e Pride Puppy!, pensato per i bambini fra i 3 e i 5 anni, che chiede ai piccoli lettori di cercare le immagini che corrispondono a una lista di parole che includono i termini intersex, drag queen, biancheria intima, cuoio, e il nome Marsha P. Johnson, una famosa attivista trans “operatrice sessuale”.

La protesta dei genitori musulmani e cristiani

Il primo genitore a ribellarsi alla nuova politica è stato Raef Haggag, un 41enne musulmano di origine egiziana autore musicale per l’infanzia, che insieme ad altri genitori ha creato l’associazione Family Rights for Religious Freedom (Frrf) che ha come suo principale scopo difendere la libertà religiosa delle famiglie violata dalle disposizioni del Montgomery County Board of Education.

All’inizio l’associazione ha pescato nel mondo degli immigrati musulmani, ma molto presto si sono unite ad essa famiglie etiopiche cristiane ortodosse; alle prime manifestazioni all’esterno delle scuole della contea si sono presentati anche cattolici e mormoni. Nell’esposto presentato alla Corte distrettuale del Maryland per ottenere la sospensione immediata del provvedimento con cui l’Mcbe ha introdotto come testi curricolari i “Pride Storybooks” i nomi dei querelanti sono evocativi del loro background etnico e religioso: Tamer Mahmoud e Enas Barakat; Jeff e Svitlana Roman; Chris e Melissa Persak.

«Le parti del nostro corpo non decidono il nostro genere»

Nel testo si legge che l’Mcbe «rivendica l’autorità di presentare ai bambini delle scuole materne ed elementari alcuni libri (i “Pride Storybooks”) che promuovono unilateralmente l’ideologia transgender, incoraggiano la transizione di genere e si concentrano eccessivamente sull’infatuazione romantica con nessuna notifica ai genitori o possibilità di dispensa». Per dimostrare l’impostazione ideologica del materiale didattico i denuncianti citano, fra le altre cose, alcuni contenuti del libro Born Ready – The true Story of a boy named Penelope: «Il libro, destinato agli alunni di quinta elementare, sostiene l’approccio “il bambino sa meglio” alla transizione di genere, spiegando agli studenti che non è obbligatorio che la decisione di transizione “appaia coerente” e che gli studenti sono i migliori “insegnanti” su tali questioni, non i genitori o altri adulti».

Nello stesso libro si legge: «Se uno studente insiste sul fatto che “non puoi essere un maschio se… sei nato femmina” o che il sesso dipende da “quali parti del corpo hai”, agli insegnanti viene detto di correggere lo studente in questi termini: “Quando nasciamo, le persone cercano di indovinare il nostro genere e ci etichettano “ragazzo” o “ragazza” in base alle parti del nostro corpo. A volte hanno ragione e a volte si sbagliano. Le parti del nostro corpo non decidono il nostro genere. Il nostro genere viene da dentro: potremmo sentirci diversi da quello che la gente dice che noi siamo. Noi conosciamo meglio noi stessi».

La giudice (nominata da Biden) respinge le richieste

La giudice Boardman ha rigettato le richieste dei genitori che avevano fatto causa affermando che non sono in discussione diritti costituzionali che suggeriscano la sospensione immediata delle disposizioni scolastiche. Si legge nella sentenza: «La politica che proibisce la dispensa dall’insegnamento non spinge i genitori ad astenersi dall’insegnare la propria fede, a tenere una condotta che violi le loro convinzioni religiose o a cambiare le loro convinzioni religiose. Tale politica può spingerli a discutere con i propri figli gli argomenti sollevati dai libri di fiabe, ma tali discussioni sono previste, non proibite, dalla fede dei genitori».

La causa andrà comunque avanti, i genitori si rivolgeranno ora alla Corte d’Appello degli Stati Uniti per il quarto circuito. «I nostri diritti come genitori vengono semplicemente strappati via da noi. Vogliamo essere in grado di avere il controllo di ciò che i nostri figli imparano a scuola», protesta Dagmawi Lakew, uno dei genitori che si oppongono. Hiwot, una madre cristiana etiope membro della Frrf, ha definito le azioni della scuola «una campagna sponsorizzata dallo stato per metterci alle strette. Stanno cercando di sostituire i nostri valori. Non stanno solo spingendo per far leggere libri. Vogliono fare dei nostri figli il loro esercito. Per loro è come una religione. Come cristiana, mi sento come se i miei figli venissero ribattezzati in un’altra religione».

 FONTE : TEMPI

 

 

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