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L’aborto e la contraccezione non sono una conquista. Lo è l’educazione alla responsabilità.

universitari per la vita Mar 17, 2023

“Aborto, gravidanza e contraccezione: la salute sessuale è una conquista per l’età giovanile”. Così titola un articolo pubblicato su Scienza in Rete recentemente pubblicato. L’articolo, a partire da un commento riportato su The Lancet a seguito del ribaltamento della sentenza Roe vs Wade, snocciola dati relativi ad aborto e contraccezione in età giovanile, sottolineando “l’effetto devastante che queste leggi avranno sulla salute dei bambini e delle adolescenti”.

Ma scendiamo un po’ più nel dettaglio dell’articolo.

Sempre in riferimento al commento di The Lancet, viene riportato questo paragrafo:

«Certo, tra le adolescenti pianificare una gravidanza in maniera consapevole non è esattamente una pratica comune, spiegano le autrici: “perché potrebbero non aver completato lo sviluppo cognitivo necessario per comprendere le conseguenze di un rapporto sessuale non protetto”. Inoltre, ci ricordano Kumar e Borzutzky, [le autrici del commento, ndr.] le gravidanze adolescenziali possono essere associate alla coercizione sessuale e alla violenza».

Commento in parte condivisibile, quantomeno sul fatto che oggigiorno l’adolescenza non sembra essere il periodo migliore per portare avanti una gravidanza. La gravidanza presuppone una certa maturità dei genitori, non solo fisica, ma anche psicologica e spirituale. L’articolo calca ulteriormente la mano su questo passaggio parlando dei figli di madri adolescenti, evidenziando come (basandosi sulla letteratura disponibile in materia) queste situazioni portino a:

  • Maggiori probabilità di trovarsi in difficoltà economiche
  • Maggiore rischio di trovarsi coinvolti in relazioni violente
  • Rischio di ulteriori gravidanze ravvicinate
  • Nascita di figli mediamente sottopeso (rispetto a quelli nati da madri in età adulta)
  • Difficoltà nello studio per le madri adolescenti e difficoltà nella pianificazione e conduzione di un progetto di vita autonomo (con conseguenze anche sui figli)
  • Basso livello di autostima con possibile sviluppo di sintomi depressivi, disturbi alimentari e tossicodipendenza.

Tutto spinge a far pensare che l’aborto sia la “soluzione” migliore. Ma prima di procedere a ulteriori considerazioni su questo articolo è opportuno riportare almeno ancora un paio di conclusioni che vengono in esso riportate.

Il primo è sempre tratto dal commento di The Lancet (grassetto nostro ndr.):

«[…] limitare l’accesso all’aborto quasi certamente aggraverà le disparità razziali ed etniche esistenti in materia di salute materna e infantile. In USA le gravidanze indesiderate, soprattutto tra le minorenni, sono più comuni tra le donne nere e latine rispetto alle donne bianche. La riduzione dell’accesso all’aborto avrà quindi un impatto sproporzionato sull’autonomia riproduttiva delle persone di colore».

E il secondo invece arriva dalle conclusioni dell’articolo:

«Eppure, è evidente che una sessualità responsabile e un progetto genitoriale consapevole, che possono scongiurare la necessità di trovarsi a dover decidere se ricorrere all’aborto, sono possibili se l’accesso agli strumenti per evitare una gravidanza indesiderata è reso facile e non particolarmente costoso. […] quando si riesce ad attivarla, la formazione si concentra quasi esclusivamente sull’aspetto biologico della sessualità, senza prendere in considerazione quelli sociali, psicologici o emotivi che tanto peso hanno nell’esperienza dei ragazzi e delle ragazze». 

Alcuni punti espressi nell’articolo sembrano esprimere buone intenzioni, ma traggono delle conclusioni clamorosamente erronee, perché non vanno alla radice del problema. Quando si parla delle “disparità razziali ed etniche presenti” il problema sono proprio queste disparità, di cui lo Stato e la società dovrebbero occuparsi. Non è specificato di quali disparità si tratti, dato che non vengono descritte, ma, ipotizzando che siano disparità a livello sociale, non è garantendo l’aborto e l’accesso alla contraccezione che si risolveranno! È una questione di educazione, innanzitutto, come già detto in altri articoli. E su questo aspetto potrebbe venire in aiuto la conclusione dell’articolo. Il condizionale è d’obbligo, perché anche qui si parte con buone intenzioni per poi mancare il bersaglio, decretando che la sessualità responsabile e la genitorialità consapevole sono possibili solo grazie all’accesso alla contraccezione. L’intenzione dell’articolo sembra proprio quella di partire da posizioni condivisibili dalla maggior parte dei lettori, propedeutiche a far accettare loro le conclusioni erronee espresse successivamente.

La contraccezione è il problema, non la soluzione. Di più, la mentalità contraccettiva che sta alla base è il vero problema. Viene invece in nostro aiuto la Humane Vitae di Paolo VI:

«In rapporto ai processi biologici, paternità responsabile significa conoscenza e rispetto delle loro funzioni: l’intelligenza scopre, nel potere di dare la vita, leggi biologiche che riguardano la persona umana. In rapporto alle tendenze dell’istinto e delle passioni, la paternità responsabile significa il necessario dominio che la ragione e la volontà devono esercitare su di esse». 1 

La consapevolezza delle leggi biologiche umane non deve portare alla contraccezione (proposta come “soluzione”) per “riparare” a una gravidanza, vista come un “incidente”. La gravidanza in realtà è la conseguenza naturale dell’unione di un uomo e una donna e, in quanto tale, la ragione deve portare a comportarsi in maniera responsabile. La contraccezione invece deresponsabilizza, proponendosi come soluzione. Per questo è importante formare gli adolescenti sulle finalità proprie della sessualità e del matrimonio, prerogativa della famiglia, anche per evitare quelle situazioni di “coercizione sessuale e violenza” citate nell’articolo.

Un altro punto da evidenziare è il fatto che, in tutto l’articolo, non venga mai menzionato che con l’aborto si pone fine a una vita umana. Si valutano i rischi per la madre, si accenna al padre, ma il bene del nascituro non viene mai considerato. Vengono dettagliati i rischi legati ai figli di genitori adolescenti, e proprio per questo la proposta di uccidere i figli per ovviare a loro presunte condizioni di vita non ideali è quantomeno contraddittorio. La morte cruenta è sicuramente un male peggiore di qualsiasi condizione di vita si trovino ad affrontare questi bambini. Non bisogna dimenticare che ci sono tante possibili strade moralmente lecite, per esempio l’affido o adozione, o il ricorrere al sostegno di volontari pro-life. Rispettare la dignità dei bambini fin dal concepimento non solo è possibile, ma doveroso. La vera responsabilità non è assumere comportamenti c.d. “a rischio” (avere rapporti senza pensare alle naturali conseguenze dell’atto) e poi tentare di metterci una pezza, ma invece fare delle scelte orientate al bene, non solo per sé stessi, ma anche per chi ci è vicino, seguendo l’insegnamento bimillenario della Chiesa su fidanzamento e matrimonio. Non è un caso che la procreazione dei figli sia destinata esclusivamente agli sposi, proprio perché solo nel matrimonio sussistono le condizioni per garantire serenità e attenzione ai bimbi che arriveranno, in quanto segno di un “amore fecondo, che non si esaurisce tutto nella comunione dei coniugi, ma è destinato a continuarsi, suscitando nuove vite. Il matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione della prole. I figli infatti sono il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono moltissimo al bene degli stessi genitori” 2. 

Riferimenti 

  1. Paolo VI, Enciclica Humanae Vitae, n. 10
  2. Ibidem, n. 9

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