L'era Bergoglio: 12 anni di attacchi alla fede cattolica, alla logica e ai sovranisti
May 09, 2025
Egregio Direttore,
il 21 aprile è terminato uno dei pontificati più neri nella storia della Chiesa, quello di Jorge Mario Bergoglio. Il papa che diceva le parolacce. Il papa che ha benedetto il peccato e il vizio. Che poi benedizioni e insulti fossero rivolti magari alla stessa categoria di persone è solo una delle sue innumerevoli contraddizioni, tali e tante che alcuni osservatori si sono spinti ad accusarlo di disturbo della personalità, altri di ipocrisia. Io per un periodo propendevo per una spiegazione in stile Maschera di Ferro, o prigioniero di Zenda: due Bergoglio distinti, uno dei quali, quello cattolico e bonario, tenuto segregato nei sotterranei di Santa Marta dall’altro, tirannico e seguace di non si sa bene quale religione. Sta di fatto che il papa argentino d’abitudine diceva tutto e il contrario di tutto. Tanto che faceva notizia soprattutto quando affermava qualcosa di cattolico: molto meno quando partecipava a strani riti pagani, come avvenuto in Vaticano e in Canada, o dichiarava che Dio non è cattolico, o che ha voluto tutte le religioni (anche gli strangolatori della dea Kalì?).
Sono stati dodici anni di sofferenza. Dodici anni di attacchi alla fede cattolica, dall’interno e dal vertice. Nulla è stato risparmiato: i comandamenti, i sacramenti, il Catechismo, il Vangelo, il Padre Nostro, la Messa celebrata in Rito antico… E l’elenco potrebbe continuare.
Nel Decalogo il sesto comandamento, “Non commettere atti impuri”, è diventato il primo bersaglio. Ovviamente, visti i tempi che corrono. Contro tale divieto è stata dichiarata una vera e propria guerra, a partire dal sinodo sulla famiglia del 2015 e dalla relativa, sciagurata esortazione post-sinodale Amoris laetitia (2016), fino alla scandalosa dichiarazione Fiducia supplicans (2023). Con questi documenti, utilizzando uno stile che definire ambiguo è pura carità cristiana, si è di fatto cercato di legittimare situazioni illegittime: dai divorziati risposati alle coppie dello stesso sesso.
Contemporaneamente, e non poteva che essere così, sono stati terremotati i sacramenti: matrimonio ed eucaristia in primis, e di conseguenza penitenza e ordine. Se tutte le coppie sono simil-matrimonio, che valore può avere il sacramento delle nozze cristiane? Se si può fare la comunione vivendo scientemente e deliberatamente in peccato mortale, decade la dottrina dell’eucaristia (1 Cor 11, 27-29), per la quale la particola consacrata costituisce una vera e propria condanna per i malvagi (come insegna, in modo molto semplice, la sequenza della solennità del Corpus Domini: Sumunt boni, sumunt mali:/sorte tamen inæquali,/vitæ vel interitus./Mors est malis, vita bonis, ovvero “L’assumono i buoni, l’assumono i malvagi:/tuttavia con esito ben diverso, di vita o di morte./La morte è per i malvagi, la vita per i buoni”). Se, infine, si può pretendere l’assoluzione senza pentirsi e cambiare vita, vanno a catafascio anche confessione e ordine. D’altronde si è raccomandato più volte, il Papa, di assolvere tutti, senza condizioni. Quanto erano cattivi i santi come Padre Pio, che alcuni penitenti impenitenti li cacciavano dal confessionale!
È stato modificato il Catechismo del 1992, voluto da san Giovanni Paolo II, eliminando la liceità, che era già limitata a casi estremi, della pena di morte. Giusto!, mi dirà Lei. Invece è sbagliato. Una spallata al principio di legittima difesa. Non solo: già suona strano, per un cattolico, che la morale sia mutevole, emendabile e riscrivibile “all’arbitrio di Sua Eccellenza”, anzi di Sua Santità, ma trovo sconcertante il fatto, verificato più volte in questi dodici anni di pontificato, che tanti cattolici siano capaci di cambiare idea così facilmente, dall’oggi al domani, a seconda di chi comanda in Vaticano. Ma noi siamo di Cristo, non del pontefice regnante, pronti a dimenticare e riscrivere a ogni morte di papa, evento proverbialmente raro, certo, ma non abbastanza da rendere necessari continui aggiornamenti. La dottrina biblica è eterna, se crediamo che la Bibbia sia Parola di Dio.
Dottrina attaccata anch’essa, ovviamente. Il solo termine “dottrina”, come suona brutto oggi! Eppure significa semplicemente “insegnamento”, il bene vitale senza il quale si rimane nelle tenebre dell’ignoranza. Il Vangelo, dunque, nella predicazione di papa Bergoglio (e non solo la sua, ovviamente), è stato diciamo parecchio reinterpretato. “Gesù fa un po’ lo scemo”, “Gesù si è fatto diavolo per noi”: bastano queste espressioni, in bocca a un pontefice, a dare l’idea che qualcosa non andava.
Anche quel Gesù si doveva correggere. Così la versione campata per aria del Padre Nostro, con quel “E non abbandonarci alla tentazione” inventato dalla C.E.I. nella traduzione della Bibbia del 2008, è stata imposta alla preghiera dei fedeli. Gesù ci ha insegnato “E non portarci alla prova”, cioè “non metterci alla prova” (o “non ci indurre in tentazione”, che ricalca la traduzione in latino dell’originale testo greco). “Non abbandonarci a” non è sostenibile. Non è la preghiera che Gesù ci ha insegnato. Durante la celebrazione della Messa vedo santi sacerdoti che se la cavano in due modi: fanno recitare (o cantare) il Padre Nostro in latino, lingua in cui il testo è rimasto intatto, oppure, mentre i fedeli dicono la preghiera riformulata, loro, al momento del “E non ci indurre…”, biascicano piano le parole di Gesù. Ci faccia caso, Direttore. Resistenza passiva.
Ho citato il latino: la Messa celebrata nella lingua di Roma, nel Rito antico, è stata bandita dalle parrocchie, vietando che nuovi gruppi potessero cominciare a celebrarla (con il motu proprio Traditionis custodes del 2021). Anche in questo caso si tratta di un attacco diretto alla preghiera: chiunque ha dimestichezza con il Rito antico sa che esso consente ai fedeli di pregare molto di più della Messa in italiano, perché la funzione dura più a lungo, perché ci sono più spazi dedicati al silenzio, più momenti in cui si sta in ginocchio… Lo so, cosa mi dirà, Direttore. Le sembreranno quisquilie, quelli che io definisco attacchi. Eppure, se ci pensa per un momento, stiamo parlando del Papa e della Chiesa. La preghiera è il core business dell’azienda. È come se in una clinica per dimagrire si eliminassero gli alimenti dietetici.
Tra l’altro lo sciagurato motu proprio mostra tutta l’inconsistenza dell’“inclusione” bergogliana, di una “misericordia” tanto sbandierata quanto disattesa relativamente a tutti coloro che sono stati identificati come nemici del nuovo corso, nella migliore tradizione rivoluzionaria e giacobina, per cui Robespierre e compagni erano “democratici e repubblicani”, e di conseguenza i monarchici cattolici della Vandea andavano sterminati senza pietà. In questi anni tra i commentatori è stata coniata l’ironica espressione “misericordiato” per indicare tutte le persone colpite direttamente dalle sanzioni del papa che nel 2015 volle un Giubileo straordinario dedicato alla misericordia, ma poi nei fatti si rivelò molto meno conciliante del suo immediato predecessore, il mite professore Joseph Ratzinger.
Ancora: la lettera con cui il papa presentava il motu proprio motivò le restrizioni alla Messa in latino con la presenza di “abusi”, del “rifiuto del Concilio Vaticano II” e persino “della Chiesa e delle sue istituzioni”. Che è un po’ come dire: colpire tutti per educarne uno. Come se io a scuola punissi l’intera classe perché uno degli studenti ha scritto col pennarello sul banco: ci sono colleghi che lo fanno, ma non sono insegnanti molto amati. Come motivazione appare ingiusta, meramente strumentale, ma chi l’ha scritta ha dimostrato anche di avere poco criterio.
E qui veniamo a un’altra carenza del pontificato appena trascorso, mi pare poco notata dai commentatori: l’assenza di logica. Dal piano della fede a quello della ragione: le due ali del cattolicesimo secondo l’enciclica Fides et Ratio di san Giovanni Paolo II. La motivazione di tale grave lacuna è banale: facendosi dettare l’agenda dalle élite progressiste (l’amata Emma Bonino, per fare un nome), i vertici della Chiesa hanno assorbito le fallacie logiche della loro ideologia.
Ecco allora una serie di uscite del pontefice decisamente imbarazzanti da un punto di vista logico. Solo un esempio: pur di non denunciare il legame che da sempre l’islam ha con la violenza, alla quale il Corano esorta in più versetti, pur di non mettere in discussione la religione di Maometto e di conseguenza il multiculturalismo e l’immigrazione incontrollata, da lui stesso promossa, nel 2016 Bergoglio disse che non gli piaceva parlare di violenza islamica, perché anche in Italia ci sono cattolici violenti che uccidono la suocera. Come se a istigarli fosse stato Gesù nel Vangelo. Come se qualcuno nel nostro paese facesse fuori la suocera in nome di Dio. Una vera assurdità. E in Normandia era stato appena ucciso da due jihadisti, sgozzato sull’altare mentre diceva Messa, padre Jacques Hamel, un sacerdote di 86 anni.
Di simili frasi sconcertanti in questi dodici anni ne abbiamo ascoltate tante. Abbandonare la ragionevolezza per seguire l’ideologia ha portato anche a una sorta di santificazione di intere categorie di persone, quando invece la Chiesa ha sempre canonizzato i singoli santi, a qualunque classe sociale appartenessero (sì, anche aristocratici e ricchi come santa Caterina da Genova). Durante l’era Bergoglio, invece, sono stati santificati i poveri, come nel marxismo, in particolare nell’accezione dei migranti, dei senzatetto, dei carcerati. Mandare in soffitta la logica, che poi spesso si incarna nel semplice buon senso, ha conseguenze molto gravi: definire gli immigrati “una benedizione”, così, in blocco, costringe poi a voltarsi dall’altra parte di fronte ai loro crimini e alle loro vittime (padre Hamel, ma anche preti che direttamente si prendevano cura di loro, come don Roberto Malgesini, accoltellato a morte da un tunisino nel 2020). Altre volte l’esito di queste forzature non è tragico, ma tragicomico: nel 2017 a Bologna, dopo uno dei tanti incontri con i poveri carcerati, alcuni di loro ne hanno approfittato per evadere. La realtà presenta il conto, e presto o tardi batte sempre l’ideologia.
A proposito, non facciamoci ingannare: l’ideologia è sempre fallimentare, fosse pure un’ideologia del bene. Che non esiste, perché il bene è la verità, e per i cattolici la verità con la minuscola coincide con la Verità che è Cristo. E siccome Cristo è nello stesso tempo uomo e Dio, la Sua Parola è perfettamente rispondente alla realtà del mondo e dell’uomo, ieri come oggi, ai nostri bisogni, alle sfide che la vita ci pone davanti. È Dio che ha creato l’universo e il nostro essere: li conosce come nessun altro. Alla Chiesa non servono ideologie, migliorie, “progressi”. Serve invece un ritorno a Cristo: Ecclesia semper reformanda, ma come l’hanno riformata i cluniacensi e i cistercensi, non alla maniera dei “riformatori” eretici e scismatici.
Dodici anni di attacchi alla fede e alla logica, dunque. Ma anche una battaglia tutta politica contro i sovranisti, paragonati da Bergoglio a Hitler (e scusi se è poco, Direttore…). Senza la minima considerazione, altro che “inclusione” e “misericordia”, per tutti quei cattolici che in buona fede ritengono sia lecito, e doveroso, sostenere il sovranismo contro il globalismo, ovvero la libertà dei popoli contro gli organismi sovranazionali, non democratici, che mirano al governo unico mondiale. Un papa non può essere di parte, non può farsi cappellano di un progetto politico. Ma purtroppo è stato questo lo scenario a cui abbiamo assistito: quello di un pontefice testimonial di tutti i capitoli della propaganda globalista, dall’immigrazionismo, meglio se islamico, all’ecologismo regressivo nel nome di Greta, dal “capitalismo inclusivo” promosso dai potenti del mondo alla prossimità con gli abortisti, alcuni dei quali nominati membri della Pontificia Accademia per la Vita (!), dai molteplici contatti con la galassia arcobaleno all’ubbidienza prona al vaccinismo anti Covid, definito da Bergoglio “atto d’amore”. Uno dei diversi volti che assume il nuovo “amore” (insieme, per dire, all’abolizione delle frontiere e alla cancellazione del senso del peccato) che ha sostituito la carità cristiana. E chi si fosse rifiutato di offrire il braccio al siero benedetto? In Vaticano poteva essere licenziato, ovviamente. Strano, perché solitamente l’amore è gratuito, non imposto d’imperio.
Che questo pontificato pendesse a sinistra lo si è visto anche dall’atteggiamento estremamente accomodante riservato alle dittature di tale orientamento, in primo luogo la Cina, con cui è stato stipulato un accordo sulla nomina dei vescovi, dal contenuto segreto e ciclicamente rinnovato. Eppure non sembra che le condizioni dei cattolici in quell’enorme Stato autoritario siano migliorate…
Ma è emersa una gestione “politica” anche degli affari interni alla Chiesa: da una parte il trattamento riservato agli avversari della destra ecclesiale, i cosiddetti tradizionalisti, “misericordiati” o mai ricevuti (come, per tornare alla Cina, il cardinal Zen, o i coraggiosi porporati firmatari dei Dubia). Dall’altra si è usata grande cautela e sono state adottate misure di protezione nei confronti degli amici “progressisti”, spesso invischiati in scandali da Basso Impero (come il cardinal McCarrick, amico di Bill Clinton, che si portava a letto i seminaristi). In realtà all’interno della Chiesa termini come destra e sinistra, progressisti e conservatori, lasciano il tempo che trovano: c’è chi vive in modo più fedele al Vangelo, e chi è traviato e travia il prossimo.
Caro Direttore, le conseguenze di tanti presunti “atti d’amore” si sono viste. La carità vera non può fare a meno della verità (Caritas in veritate, insegnava Benedetto XVI). È a questa carità che, lo speriamo vivamente, dovrà ritornare il nuovo papa.
Cordiali saluti
Emanuele Gavi
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