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La Città di 15 minuti. Prove di totalitarismo verde

alessandra nucci la nuova bussola quotidiana Jun 06, 2023

di Alessandra Nucci

La Città di 15 minuti è un progetto di riorganizzazione degli spazi urbani. Oxford è l'esperimento più avanzato, ma il nome è stato coniato da Anne Hidalgo, a Parigi. Tutti i servizi devono essere entro 15 minuti di cammino o di pedale. Sembra bello, ma sarà il modo per impedire la libera circolazione.

Un’iniziativa per trasformare radicalmente l’organizzazione di città grandi e piccole sta attraversando il mondo da Parigi a Melbourne, ma i media, tolte poche testate “ribelli”, non ne parlano. Il progetto, battezzato “Città di 15 minuti” dalla sindaca di Parigi Anne Hidalgo, mira a  ridisegnare i quartieri ed avvicinare i servizi essenziali ai residenti, in modo tale che siano raggiungibili a piedi o in bici grosso modo in 15 minuti, allo scopo di migliorare sia l’aria sia la qualità della vita, e soprattutto salvare il pianeta dalla “terribile” CO2.

Detta così sembrerebbe un progetto per niente controverso. Invece la cosa ha scatenato proteste, soprattutto nel Regno Unito, dove i manifestanti contro la "Città di 15 minuti" si sono uniti alle proteste contro l’Ulez (Ultra Low Emission Zone) di Londra che chiude il traffico a veicoli che non incontrino determinati standard.

Definito da Nigel Farage un sistema “che susciterebbe l’invidia di Pyongyang”, la "Città di 15 minuti" prevede infatti che i residenti di un dato quartiere debbano avere il permesso per poter uscire dal suo perimetro in auto. Per Oxford, la città in cui il progetto è più avanzato, sono previsti ad esempio 100 permessi all’anno, superati i quali le auto verranno multate con sanzioni pesanti (si parla di 100 sterline ad infrazione).

A Roma, dove realizzare la “città dei 15 minuti” è uno degli obiettivi principali enunciati dal Sindaco Roberto Gualtieri, la protesta si è incendiata, ed è arrivata fin sotto le sue finestre, per via della creazione di un’immensa zona verde dotata di 51 varchi, da cui si prevede di escludere, a partire da ottobre, con sanzioni applicate da novembre, in modo progressivo tutte le auto che non corrispondono a certi parametri ecologici. 

Di fronte a vibrate contestazioni il Comune di Oxford ha fatto un comunicato in cui chiarisce che non sono previste barriere fisiche all’uscita di auto (anche se già adesso in alcune strade ci sono dei fittoni mobili – bollards – non a caso oggetto di sabotaggi notturni) ma solo telecamere in grado di leggere le targhe per applicare le multe. Chi avesse finito i permessi, rassicurano, potrà sempre uscire dal perimetro assegnato seguendo un determinato percorso più lungo.

Queste assicurazioni però non hanno ancora rasserenato gli animi di chi rifiuta il concetto stesso del dover chiedere un permesso per muoversi liberamente con l’auto, soprattutto a leggere i traguardi dichiarati dal Consorzio di Sindaci C40,  basati sulle mete dell’Agenda 2030 dell’Onu. Come illustrato dal  sociologo canadese Jordan Peterson, si punta: a ridurre l’assunzione calorica  procapite a 2500 calorie al giorno entro i prossimi 15 anni, ad assicurare che i ceti inferiori, che comprendono tutti all’infuori dell’élite, non possano prendere l’aereo più di una volta ogni tre anni, ad eliminare il 90% delle auto private per costringere la gente a utilizzare trasporti pubblici, ove esistenti, invariabilmente onerosi in termini del tempo richiesto, e a limitare la quantità di viaggi possibili al di fuori del proprio quartiere.

L’esperienza dei lockdown per la pandemia ha indubbiamente reso malfidati rispetto alle autorità molti cittadini che una volta sarebbero stati più fiduciosi nelle soluzioni calate dall’alto a problemi globali. Ad esempio, c’è già chi ironizza che per Parigi, che per i Giochi Olimpici del 2024 chiuderà 185 chilometri di strade e installerà le necessarie telecamere di controllo, sarebbe assurdo, passato l’evento, ripristinare la situazione iniziale anziché lasciare in essere delle zone di esclusione utili a separare la plebe dai variamente “autorizzati”.

Inoltre, le campagne mediatiche che in nome di una scienza ufficiale, durante la pandemia, hanno censurato opinioni discordanti, anche autorevoli, bollandole come “disinformazione”, hanno indotto molti ad ascoltare per la prima volta la voce di chi spiega che la CO2 non è cattiva bensì vitale per la vegetazione, il che invaliderebbe la base stessa per ogni restrizione alla libertà di movimento delle persone.   

Ma le città di 15 minuti (che cambiano nome in 20 minuti o 30 minuti per le zone dove le distanze sono maggiori), potrebbero essere solo un passaggio verso la riorganizzazione sognata dai fautori del governo mondiale, se si considera il progetto di TriState City, la megalopoli progettata per una fetta di Europa del Nord che dovrebbe coprire l’Olanda e debordare in Belgio e in Germania. Il sito del governo olandese nega che questo progetto possa avere alcun legame con le politiche contro l’uso dell’azoto in agricoltura del governo Rutte - defenestrato, non a caso, alle ultime elezioni - che minacciano la sopravvivenza stessa dell’agricoltura. 

Ancora più avanti, in senso tecnologico, è il progetto The Line, lanciato nel 2021 dall’Arabia Saudita, che prevede una città di lusso ma senza auto, che si stenderà per 170 km in mezzo al deserto, dietro a mura alte 500 metri, invisibili perché coperte da uno specchio. All’interno 9 milioni di Neomiani, così chiamati dal nome dato a questa nuova località, potranno spostarsi da una parte all’altra della città in pochi minuti grazie ad un treno ad alta velocità.

 

 

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