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La storia è scritta dai vincitori

silvana de mari storia d'italia Jun 06, 2023

di Silvana De Mari

La storia è scritta dei vincitori come è ovvio che sia. Il vincitore, proprio perché ha vinto, ha maggiore potere, e quindi maggiore capacità di influenzare le linee di comunicazione, sia quelle effimere del tempo presente, i giornali, sia quelle stabili che possono traversare i secoli, i libri di storia. Non è difficile però acquisire le capacità critiche per ricavare qualche interessante notizia su quello che è veramente successo analizzando le stesse fonti del vincitore. La menzogna può avvolgere il come, la menzogna può avvolgere il perché, ma che un determinato fatto sia successo deve essere raccontato.

L’invasione del Regno delle due Sicilie, che si stava facendo gli affari suoi, da parte del regno di Piemonte e Sardegna, può essere ammantata di oro e d’argento per quanto riguarda il come: è stato fatto con grandissimo eroismo, può essere ammantata di oro e d’argento per quanto riguarda il perché: si trattava di un regno arretrato e barbarico, oltre che miserabile, è stata praticamente una guerra umanitaria, è stata esportata civiltà e democrazia. Non si può negare, però,  che sia stata un’aggressione di uno stato guerrafondaio a uno stato pacifico: il fatto resta. Il regno arretrato e barbarico aveva avuto la prima ferrovia d’Italia. Il regno arretrato e barbarico aveva due capitali, Napoli e Palermo, rispetto al cui splendore la piccola e ossuta Torino, con le sue belle strade dritte e poco altro, praticamente scompariva. Del regno di Sardegna, vale la pena ricordarlo, faceva parte appunto anche la Sardegna, con i suoi spaventosi tassi di analfabetismo e povertà, che in nulla differiva dalle più desolate lande del meridione.  Il regno arretrato, barbarico e miserabile disponeva di ricchezze enormi mentre il regno di Sardegna aveva debiti enormi, l’invasione del sud era la sola cosa che poteva salvarlo dalla bancarotta.

Lo spiega con chiarezza Angela Pellicciari nel libro “I panni sporchi dei mille”. L’Unità d’Italia è stata purtroppo la nostra rovina economica. Noi eravamo, nel 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico, sano e profittevole. L’Unità ci ha perduti.”, scrive Giustino Fortunato (1848-1932), economista. Gaetano Salvemini (1873-1957), politico antifascista, spiega: “Se dall’Unità d’Italia il Mezzogiorno è stato rovinato, Napoli è stata addirittura assassinata. È caduta in una crisi che ha tolto il pane a migliaia e migliaia di persone”. Pallavicino, duca di Maddaloni (1815-1892), politico spiega come intere famiglie, interi rioni siano stati ridotti alla mendicità: tutti i posti di lavoro, burocrate, militare, facchino, cameriere, tutti, erano dati a piemontesi, spesso più corrotti degli antichi burocrati napoletani. “Questo è volere sfruttare la nostra terra di conquista. Il governo del Piemonte vuole trattare le province meridionali come il Cortez e il Pizzarro fecero nel Perù e gli inglesi nel regno del Bengala”. Lo stesso Garibaldi scrive “Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili.”.

L’ultima colata di oro e argento è data alla fine del cosiddetto plebiscito, che ha dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio come le popolazioni meridionali agognassero essere conquistate da un potere che era venuto per spolparle e le disprezzava profondamente, disprezzava le sue usanze e soprattutto la sua religione, una religione sentita e amatissima. È proprio il plebiscito che ci informa che le cose scritte sui nostri libri di storia non sono oro colato e non brillano di verità. Il plebiscito era indispensabile per dare una parvenza di decenza a una guerra di aggressione. Appartengo a una famiglia di antiborbonici e garibaldini. Il prozio della mia nonna paterna, il tenente Morelli, fu fucilato nel 1848 per aver partecipato a un tentativo di sovversione contro i Borbone. A Marsala sono sbarcati in mille, sul Volturno i garibaldini erano in 40.000, due dei quali della mia famiglia. Ne deduciamo che ci sono stati 39.000 meridionali che si sono uniti a loro. Nessuno di loro ha combattuto per i Savoia. Nessuno di loro sarebbe andato a combattere se avesse capito che stava combattendo per i Savoia. Molti stavano combattendo per una qualche nuova repubblica partenopea, ma molti volevano semplicemente una costituzione. Nessun meridionale ha combattuto per essere consegnato ai Savoia. I garibaldini infatti non avevano l’uniforme dei savoiardi.  È stata una ciclopica truffa. Quando Garibaldi ha consegnato il meridione ai Savoia, tutti si sono resi conto del tradimento, ma ormai era tardi.

Il plebiscito delle province siciliane si svolse il 21 ottobre 1860 nelle province già “liberate” (occupate?),sotto il governo della dittatura garibaldina e sancì la fusione della Sicilia con il costituendo Regno d’Italia con una vittoria del 99,85%.  L’arroganza del potere sabaudo è tale da non prendersi nemmeno il disturbo di essere vagamente credibile. Il 53% poteva anche lasciarci dubbi sull’autenticità. Il 99,85 è una presa in giro. Anche calcolando che si votava per censo, quindi tutte le classi più povere, inclusi contadini e operai, fortemente filo borboniche, furono escluse, il dato non ha senso. A questo si aggiunga che votò meno del 20% degli aventi diritto, e già questo dato ci dice quanto poco si fidasse la popolazione di quella votazione. Anche calcolando tutto questo, il risultato finale, 0,15% di “NO” è semplicemente comico, cioè non è credibile. Angela Pellicciari nel suo libro Risorgimento anticattolico spiega come l’odio al cattolicesimo fu una delle linee direttive del risorgimento. Cecilia Gatti Trocchi nel suo libro Il Risorgimento esoterico spiega quanto fosse potente l’esoterismo, a cominciare dalle strampalate cerimonie di massoneria egiziana di Garibaldi. Quando il popolo insorse in bande militari, si usò la parola briganti. I briganti tennero testa a un esercito di 120.000 uomini, fino a quando una repressione di ferocia inaudita annientò il popolo che li sosteneva, tra cui spicca il massacro di Pontegandolfo, nel 1861. Queste le parole di uno dei bersaglieri, che confessa candidamente come la gente sia stata bruciata viva. «Al mattino del mercoledì, giorno 14 riceviamo l’ordine superiore di entrare nel comune di Pontelandolfo, fucilare gli abitanti, meno i figli, le donne e gli infermi ed incendiarlo…Entrammo nel paese: subito abbiamo incominciato a fucilare i preti e uomini, quanti capitava; indi il soldato saccheggiava, ed infine ne abbiamo dato l’incendio al paese, abitato da circa 4500 abitanti. Quale desolazione, non si poteva stare d’intorno per il gran calore, e quale rumore facevano quei poveri diavoli che la sorte era di morire abbrustoliti, e chi sotto le rovine delle case. Noi invece durante l’incendio avevamo di tutto: pollastri, pane, vino e capponi, niente mancava.»

Secondo molti studiosi la conquista del regno delle due Sicilie è stata una guerra del nord contro il sud, dei borghesi contro il popolo, della massoneria esoterica contro cattolicesimo. Anche la presa di Porta Pia, diciamocelo francamente, è stata una porcata, e non intendo fare lo sforzo di cercare un sinonimo. Si è trattato di uno Stato grosso e armato che ha invaso uno stato piccolo, ricchissimo e assolutamente pacifico. Anche qui c’è stata l’incredibile buffonata del plebiscito: 77.520 “sì” contro 857 “no”. Secondo gli scrutatori quindi non hanno votato per lo Stato del Vaticano nemmeno gli ecclesiastici. Il plebiscito è assolutamente credibile: è evidente che i Romani dovevano essere esasperati dal vivere in un posto dentro il quale tutta la cristianità cattolica mandava soldi, privati dell’elementare diritto di fare il militare e morire in guerra. Senza la Presa di Porta Pia i Romani si sarebbero evitati la Prima Guerra Mondiale, e, di conseguenza, anche la Seconda. In realtà senza la Presa di Porta Pia tutti si sarebbero evitati la Prima Guerra Mondiale e di conseguenza anche la Seconda. Se il Vaticano fosse stato uno stato, con una vera cancelleria e delle ambasciate, sarebbe riuscito a evitare quell’assoluta follia della Prima Guerra Mondiale. Il Vaticano avrebbe sicuramente avuto la forza di fermare l’Italia impedendole l’assurdo ingresso in guerra, ma molto probabilmente sarebbe riuscito a fermare anche Francesco Giuseppe, impedendogli la dichiarazione di guerra alla Serbia che ha scatenato il disastro. Quando il beato Carlo d’Asburgo, ormai imperatore dell’Impero austroungarico, nel 1916 ha chiesto la pace, gli fu rifiutata, e il carnaio andò avanti, fino alla distruzione di Russia e Germania, l’impoverimento tragico dell’Italia: se ci fosse stato ancora un Vaticano, quella pace non sarebbe stata rifiutata. Quindi i miei complimenti agli eroi della Presa di Porta Pia. Avete reso la città più importante del mondo una qualsiasi capitale di un qualsiasi staterello e avete abbattuto uno dei pochi pilastri che potevano proteggere l’Europa dalla guerra.


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