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Le grandi donne che non hanno paura di essere donne

benedetta de mari francesco agnoli ildegarda di bingen la mia elena lucrezia maria cristina del poggetto silvana de mari Oct 13, 2022

di Silvana De Mari

Le donne han lunghi i capelli e corti i cervelli

Le donne han lunghi i capelli e corti i cervelli. Questo è un altro dei proverbi che affollano le prime pagine del libro della signora Boldrini Questo non è normale, altro proverbio che, non avevo mai sentito nella mia infanzia affollatissima di proverbi: erano sui libri di lettura, sui calendari, sugli almanacchi, ovunque. Non è quindi opinione degli uomini ma di alcuni uomini. Non è opinione di un popolo.

In compenso la terrificante frase le donne sono più intelligenti degli uomini circola dappertutto, in interi libri, anche ammantata di pretese scientifiche, dell’avvallo cioè di una scienza sempre più precaria che può essere sfruttata per dimostrare tutto e il contrario di tutto.

Le due intelligenze, maschile e femminile, sono semplicemente diverse. Il cervello degli uomini funziona in maniera diversa da quello delle donne, come dimostrato anche dalle tecniche di neuroimaging. La differenziazione si fa nella vita intrauterina, e resta per tutta la vita, anche nelle persone che affermano di avere un orientamento particolare o di “sentirsi” dell’altro sesso. In realtà non possono “sentirsi” dell’altro sesso perché il loro cervello non è nemmeno in grado di immaginare come ci si sente. Noi nasciamo maschi o femmine e restiamo maschi o femmine per tutta la vita. Non esiste nessuna transizione da un sesso all’altro. La transizione sessuale è un inganno, un tragico inganno. L’uguaglianza di maschi e femmine, la loro uguale competenza in qualsiasi possibile campo è un inganno.

Noi donne siamo “multitasking”, come viene spesso orgogliosamente ricordato. abbiamo riflessi più pronti a una forte capacità a mettere in relazione eventi diversi, oltre che una maggiore predisposizione alla comunicazione. Sono doti necessarie a una buona madre. Multitasking vuol dire che noi conserviamo sempre una parte del cervello libera per l’eventuale richiamo del nostro bambino. I maschi si concentrano su una sola cosa alla volta, non è un difetto è una maniera diversa di funzionare, che permette un livello di concentrazione più alto, però ogni medaglia ha il suo rovescio.

Il periodo più lungo di presenza umana sul pianeta è il paleolitico. Siamo sopravvissuti grazie alla capacità degli uomini di essere cacciatori e guerrieri, tutte attività dove si sta “di guardia”: è necessaria una concentrazione assoluta, altrimenti la preda scappa o il nemico entra dentro le porte. Questo permette però di avere migliori prestazioni dove è necessario un alto livello di  concentrazione. Ci sono alcuni campi, la pittura, la musica e la filosofia, dove statisticamente i maschi riescono meglio. Non è un’ingiuria, ma la constatazione di un dato di fatto. Le civiltà si giudicano dal loro meglio, non dal loro peggio. In tutti gli agglomerati umani c’è il peggio. Tutti hanno un pugno di uomini violenti e stupidi, e ridurre una società e una civiltà al suo peggio è un’operazione di quello che si chiama razzismo.

La signora Boldrini non ha capito che è stata la spiritualità biblico evangelica a dare dignità e potenza allo spirito femminile. Ne parla invece La metà del cielo, breve storia alternativa delle donne, ottimo libro di Francesco Agnoli e Maria Cristina del Poggetto, che ricorda il grandissimo numero di donne studiose, letterate, filosofe, mistiche, fondatrici di ospedali, fondatrici di interi sistemi di cura come Ildegarda di Bingen, dichiarata dottore della Chiesa da Benedetto XVI, monaca benedettina, teologa, musicista, mistica e filosofa, che ha impostato rimedi fitoterapici che noi medici usiamo ancora.

Il libro sottolinea l’infinita dignità che le donne hanno nella Bibbia e soprattutto nel Vangelo, l’infinito coraggio che è loro riconosciuto, la straordinaria intelligenza e soprattutto lo straordinario amore che Dio porta per loro: è quello che ha dato alle donne del mondo occidentale la dignità, il coraggio, l’ intelligenza e l’amore che è stato loro negato in altre civiltà cui invece la Signora Boldrini perdona tutto. Nel cristianesimo le donne hanno diritto a un matrimonio monogamico indissolubile che protegge i figli, che va a tutela delle donne sterili, e che tutela le donne anche in età anziana. Il matrimonio è scelto liberamente dalla donna: San Paolo ha affermato che la donna deve dire , e che questo  deve essere libero. Se qualcuno ha violato questa regola ha commesso un peccato gravissimo che invece è la norma altrove. Nel cristianesimo le vedove hanno il diritto di non risposarsi se non lo desiderano, le donne hanno il diritto di abbracciare la vita religiosa se lo desiderano ma soprattutto di non vedere i loro neonati uccisi. Il cristianesimo condanna l’infanticidio. La vita del neonato appartiene a Dio, non al marito che potrebbe anche rifiutargliela come nelle civiltà che hanno preceduto il Cristianesimo.

È stato nel ‘700, con il progressivo abbandono di una visione cristiana del mondo, che la donna è stata declassata: ricordiamo la misoginia indecente di Darwin, Broca e Lombroso, il controllo totale dello stato sul corpo delle donne voluto dal nazismo e dal comunismo, soprattutto quello cinese. Esiste, ricorda il libro, un magnifico e allegro femminismo della differenza, quello delle donne cattoliche, di donne che sanno di essere preziose proprio perché diverse degli uomini.

Un libro imperdibile, che racconta la storia di una donna straordinaria, della sua straordinaria libertà e dà uno spettacolare spaccato di un’epoca è La mia Elena Lucrezia – Ultimo monologo di una felice memoria – di Benedetta De Mari.

Elena Lucrezia Cornaro Piscopia è ignota alla maggior parte delle persone, conosciuta più nell’ambiente accademico statunitense che in Italia, sebbene sia stata la prima donna a  laurearsi  al mondo, nel  1678. L’opera di Benedetta de Mari rende giustizia a questa studiosa straordinaria, famosissima nella sua epoca, su cui successivamente è calato l’oblio. Il lettore apprende i particolari della sua vita attraverso le parole della protagonista stessa che, sofferente per una grave malattia e ormai prossima alla morte, si abbandona ai ricordi.

Figlia di Giovan Battista Corner Piscopia procuratore della Repubblica di Venezia e di Zanetta detta “della Valdesabia” dai veneziani che intendevano in questo modo sottolinearne le umili origini, dato che si trattava di una delle zone più povere della repubblica veneziana. I genitori non erano sposati, per l’evidente divario sociale. Lo faranno però anni dopo, ed è certo che si amassero sinceramente. Giovan Battista e Zanetta metteranno al mondo sette figli;  Elena Lucrezia rammenta il  fratellino morto prima che lei nascesse e che da bambina ha imparato a conoscere attraverso  il dolore dei genitori, e il suo personale strazio  quando muore Caterina, l’amata sorella di dieci anni più grande. La biblioteca di casa Corner, forse la più importante di Europa, diventa il suo rifugio, la lettura e lo studio i rimedi per allontanare la sofferenza.

Una vita nel mondo, ma ritirata, come oblata benedettina, una vita tutta compresa nell’amore per il Sapere che rappresenta per Elena Cornaro lo strumento per avvicinarsi al Mistero di Dio. Istruita dai migliori precettori, studia Filosofia e Teologia, sono gli stessi insegnanti a decidere che Elena Lucrezia debba chiedere di essere ammessa alla laurea in teologia all’Università di Padova, con l’approvazione di Giovan Battista che, entusiasta, si impegna per convincere la figlia, timida e riservata, a presentare la domanda.

Considerato troppo ardito laureare una donna in Teologia, le verrà infine riconosciuta la laurea in Filosofia. Il caso suscitò clamore in tutta Europa; il giorno della discussione della tesi fu necessario spostare la commissione presso la Cattedrale per permettere al maggior numero di  pubblico di assistervi. Elena Cornaro venne nominata magistra et doctrix in philosophia, prima donna laureata al mondo. Era il 25 giugno 1678. Il nulla osta per la laurea in Teologia arriverà anche lui, quando Elena è alla fine della sua vita.

Muore il 26 luglio 1684 sapendo che la cosa più importante non è il successo nel mondo, ma l’amore che Dio ha per lei. Lo stesso identico pensiero di Ildegarda di Bingen.  Entrambe hanno portato la conoscenza con noncuranza e leggerezza, non come un vessillo o peggio ancora una competizione. La conoscenza è stata la loro maniera di avvicinarsi a Dio. Ce ne sono altre. Sapevano  che la filastrocca canticchiata da una mamma al suo bambino non ha un valore inferiore a tutti i libri del mondo, anzi, ha un valore addirittura superiore. È  questa la straordinaria potenza e ricchezza delle donne

 

 

 

 

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