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Non fate la carità

giglio reduzzi Jul 01, 2023

di Giglio Reduzzi

Il Papa in carica termina ogni suo discorso dicendo: ricordatevi dei poveri. 

A furia di sentirla dire, questa espressione ti entra da un orecchio e ti esce dall’altro, come fosse un modo solo un po’ più solenne di dire ciao. 

Se però ti soffermi a pensare sul valore reale di quell’espressione, allora ti accorgi che essa è totalmente priva di significato. 

Cosa significa infatti essere povero? 

Assolutamente niente. 

Tutto dipende da perché lo sei. 

La categoria dei poveri non esiste. 

Esiste la categoria degli artigiani, come esiste quella dei lavoratori dipendenti, quella degli imprenditori, quella dei pensionati, quella degli invalidi, ecc., ma quella dei poveri non esiste. 

Sì certo, esistono anche i disoccupati, ma, salvo casi eccezionali, la disoccupazione è considerata un incidente di percorso e, come tale, priva della condizione di stabilità tipica delle summenzionate categorie. 

Il termine “povero” è troppo vago. 

Capirei un’esortazione volta ad aiutare un alluvionato od un terremotato, indipendentemente dalla condizione di ricchezza o di povertà in cui si trovava prima; ma un generico invito ad aiutare i poveri, a mio avviso, non ha senso. 

Capirei un invito a trovare un lavoro all’operaio saldatore la cui azienda ha inopinatamente o egoisticamente deciso di delocalizzare la fabbrica. 

Capirei un’esortazione papale volta a fornire un sostegno economico al giovane volenteroso che intende dar vita ad una sua azienda ma, non essendo “figlio di papà”, non può contare su nessun aiuto famigliare. 

Non vedo invece la necessità di fornire assistenza a chi si trova in condizioni di povertà per colpa sua, per esempio avendo sperperato il patrimonio ereditato dal padre giocando  al casinò. 

Potrei continuare, ma credo che i pochi esempi forniti siano sufficienti a dimostrare che l’invito ad aiutare i poveri è un semplice flatus vocis. 

Che ha un certo presa sulle masse, ma solo, come direbbe Diego Fusaro, per la loro “inerziale fede nell’istituzione”. 

Tutto dipende da perché si è poveri. 

Ci sono persino poveri che mi fanno andare in bestia. 

Per esempio è da almeno tre lustri, se non quattro, che frequento un mercato rionale vicino a casa. 

Ogni volta mi imbatto, all’ingresso principale, in un baldo giovanotto di colore che tende la mano per chiedere l’elemosina. 

Sono quindici o vent’anni che fa la stessa cosa. 

Io lo schivo accuratamente, ma non manca qualche anziana signora o qualche suora che si ferma per depositare un euro nel suo cappello. 

Tecnicamente rientra anche lui nella cosiddetta categoria dei poveri. Anzi è il povero per antonomasia. 

Personalmente non lo credo, ma molti ci cascano. 

Possibile che in tutti questi anni non abbia trovato un lavoro più dignitoso di quello di chiedere l’elemosina ai mercati rionali? 

Eppure secondo una lettura “inerziale” di quanto dice il Papa, dovremmo aiutarlo. 

Io non ci sto.

 

 

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