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Riecco Halloween, la festa del brutto di Emanuele Gavi

emanuele gavi Oct 31, 2021
Dunque, tutti a festeggiare Halloween! Che è una bella serata perché il giorno dopo non si va a scuola. E il giorno dopo non si va a scuola, perché è la festa di Ognissanti, di cui Halloween è appunto la vigilia. Ma si vede che la vigilia di una festa è più importante della festa stessa, nel mondo alla rovescia in cui viviamo.
 
Caro direttore, a me questa festa fa schifo. Scusi la parola, ma questo è. Quando passo davanti ai negozi di maschere e vedo delle maschere ributtanti, non è che posso provare allegria. Quando mi ritrovo le stesse schifosaggini sul banco del panettiere – che so? un teschio insanguinato a grandezza naturale accanto alla pizza al taglio –, non è che mi può venire l’acquolina in bocca. Non sono ancora psicopatico fino a questo punto. Ci sto lavorando, con l’apporto indispensabile dei miei alunni, ma finora non sono arrivato nemmeno al disturbo schizotipico di personalità. Il teschio insanguinato accanto alla pizza al pomodoro è roba da cultori della scatofagia, che non significa mangiare le scatole. Le scatole Halloween le ha rotte a qualunque persona che voglia mantenersi sana di mente.
 
Intanto non è una festa nostra. L’abbiamo importata dagli Stati Uniti come i cartoni delle pizze. I cartoni delle pizze sono utili. Halloween è utile a qualcosa? È almeno un momento divertente? È davvero una festa? Vediamo. Per festeggiare bisogna che esista qualcosa da festeggiare: il compleanno di qualcuno, l’anniversario di un matrimonio, una ricorrenza storica (per esempio una battaglia risoltasi con una vittoria)… Cosa si festeggia il 31 di ottobre, posto che tanti (tra i miei alunni, pressoché tutti) non sanno nulla del primo novembre?
 
Sicuramente si festeggia la morte. Si celebra la morte. Non lo si dice, ma è comunque una celebrazione, ed è tanto più grave perché ci si scherza sopra. Non si scherza con la morte. E se lo si fa, è uno scherzo di cattivo gusto, cioè di un gusto che esce dai canoni della buona educazione, e deve restare minoritario, se vuole lasciare il segno. Il cattivo gusto non può diventare il gusto dominante, altrimenti perde la sua carica eversiva e diventa buon gusto, ossia viene riconosciuto come normale: nessuno lo nota più. Oggi The Rocky Horror Picture Show è indistinguibile dal Festival di Sanremo. Anzi, forse a Sanremo ci sono più trans.
 
Dunque non si scherza con la morte. Non si fanno i dolci a forma di tomba, i festoni a forma di lapide, non si scrive “Riposa in pace” sulle bandierine di una festa. Non si gioca coi cadaveri. I biscotti a forma di ossa vanno bene solo per i cani, e sono a forma di ossi, non di ossa. Se ieri mi è morta la nonna, oggi prima mi reco all’obitorio per porgere l’estremo saluto alla salma, e poi vado a ingozzarmi di tramezzini in una sala piena di addobbi a forma di bara? Certo, se ieri mi fosse morta la nonna, oggi non andrei a nessuna festa. Ma se ho messo mia nonna nella bara, non scherzo con le bare nemmeno tra un anno, nemmeno tra due. Giocare con la morte, esporre – per scherzo – simboli di morte nei negozi di abbigliamento, addirittura in quelli di alimentari (il nutrimento è vita), è possibile solo in una cultura di morte, ma anche in un mondo che ha perso ogni cultura, ogni valore, che ha smarrito completamente il senso di appartenenza a una comunità (la famiglia, la nazione), ha reciso il legame con le proprie radici e il proprio passato. Può avvenire solo in una società estremamente superficiale, stupida, folle. Che va verso l’estinzione, ma il primo problema è la plastica. Quando saremo estinti l’Italia sarà plastic free. Però sarà anche Italians free, e questo sarebbe un impoverimento per il mondo intero, come scrivevo qualche tempo fa.
 
Quindi torniamo nei cimiteri, a riscoprire il valore dei simboli, a onorare i morti, non a venerare la morte. Non è una questione meramente religiosa. Il culto dei morti ha un’importanza civile: l’aveva capito benissimo quell’ateo libertino di Ugo Foscolo. Leggiamo il carme Dei sepolcri“Sol chi non lascia eredità d’affetti/poca gioia ha dell’urna”come cantavano anche Elio e le Storie Tese, poi costretti a sciogliersi sempre perché ormai ci sono più trans a Sanremo che nelle loro canzoni. E ancora (Foscolo, non Elio): “A egregie cose il forte animo accendono/l’urne de’ forti”. Cioè: le tombe dei grandi personaggi infiammano gli animi nobili, li spingono a grandi imprese. C’è un dialogo tra i vivi e i morti, che si instaura davanti alla tomba: un passaggio di consegne. E questo lo diceva Foscolo che era un materialista: non credeva all’aldilà, o all’immortalità dell’anima. Le tombe finte nelle pasticcerie questo dialogo – è proprio il caso di dirlo – lo seppelliscono.
 
Ma stasera non si festeggia solo qualcosa (la morte), si festeggia anche qualcuno. Un gran cornuto: Satana. Halloween è la festa del diavolo. Caro Direttore, possiamo discutere sull’origine della festa, se sia pagana o se sia cristiana. La brava giornalista Giovanna Jacob non ha dubbi: Halloween nasce come festa cattolica. Niente meno. D’altronde sappiamo tutti che è la vigilia di Ognissanti. Però anche la Jacob, e proprio nell’articolo intitolato Fate festeggiare ai vostri bambini Halloween, grande festa cattolica, deve ammettere che “a partire dagli anni Ottanta streghe e satanisti si sono appropriati di Halloween”. Quale che sia l’origine della ricorrenza, “una trentina d’anni fa hanno cominciato a festeggiare il capodanno satanico ogni 31 ottobre”. Quindi vestire le bambine da strega non mi pare una buona idea. Men che meno partecipare a feste in località isolate.
 
Ma pensiamo anche a come messer Satanasso ha stravolto il nostro calendario. Natale non è più il dies natalis, cioè il giorno della nascita di Gesù Cristo: è la festa di Babbo Natale. L’Epifania non è più la “manifestazione” (dal greco epiphàino) di Gesù ai Re Magi, ma la festa di una vecchia bruttarella (una befana) che cavalca una scopa, guarda caso come le streghe. La Pasqua di resurrezione? È diventata la festa del cioccolato, al latte o fondente secondo i gusti. Rimaneva la Quaresima, temutissima dal diavolo, perché tempo di sacrificio e penitenza, ma è stata fagocitata dal Carnevale (in molte parrocchie e scuole cattoliche si organizzano feste di Carnevale anche a Quaresima inoltrata: geniale). Il Carnevale si è triplicato: c’è quello arlecchinesco, quello nero e viola che fa concorrenza alle pompe funebri ed eclissa Ognissanti (Halloween), e quello arcobaleno a giugno (il Gay Pride). A giugno cade quasi sempre la festa del Corpus Domini, cioè il Corpo di Gesù, l’Eucarestia, e per questa festa solitamente si organizza una processione per le strade, con l’ostensione del Santissimo Sacramento. Difficile non notare le analogie con le parate gaie, che mettono in mostra il corpo, un corpo svilito, degradato, tra oscenità, blasfemia e richiami diretti al diavolo (lo striscione con la scritta “Satan loves” sullo sfondo variopinto dei colori lgbt).
 
Per fortuna la domenica è sacra, e tale è rimasta. Certo, come fa notare Gianfranco Amato, le cattedrali a cui ci si reca sono lievemente cambiate.
E poi c’è il venerdì, giorno di penitenza e digiuno, ieri in memoria della morte di Cristo, oggi in attesa della morte del pianeta: ed ecco i Fridays for Future di Greta Thunberg, sponsorizzati anche dal cattolico Avvenire.
 
Il disegno è chiaro, e se c’è un disegno c’è anche un disegnatore, che è Satana, perché l’altro disegnatore, quello che è davvero un artista, Dio, aveva evidentemente previsto che le festività del calendario commemorassero i fatti della vita di Gesù, la cui nascita è ancora il perno su cui anche il più ateo degli insegnanti di storia costruisce tutte le sue linee del tempo.
 
Ma Halloween non è solo la festa della morte e del diavolo. È anche la festa del brutto. Ha ragione la Jacob, quando scrive che “il genere horror tira implicitamente acqua al mulino della fede”. È proprio così: L’esorcista (1973) è un film di matrice cattolica, e fu osteggiato perché interpretato come un trionfo del bigottismo. The addiction – Vampiri a New York (1995) termina addirittura con la protagonista che fa la comunione. Il genere horror porta a confrontarsi con il problema del male e con la figura del Maligno. Ha sempre un sottofondo metafisico. Si veda per esempio il più recente 30 giorni di buio (2007).
 
Io amo l’horror, e riconosco che alcuni dei migliori racconti horror sono stati scritti proprio per Halloween. Per esempio ai miei alunni leggo sempre Il cerchio di Lewis Shiner. Dove, però, non c’è né un mostro né una goccia di sangue. Anzi no: di sangue ce n’è, ma solo una goccia. A me piace l’horror raffinato, quello che fa paura, non schifo. I racconti che nelle ultime righe fanno correre un brivido lungo la schiena. Harry di Rosemary Timperley. Janet la storta di Robert Louis Stevenson. I film inquietanti in bianco e nero: Incubi notturni (1945), oppure il fantascientifico Il villaggio dei dannati (1960).
 
Halloween non è più una festa horror, ma soltanto orrida: non è più la simpatica americanata che noi italiani conoscevamo solo per sentito dire, magari vedendo il film E.T. l’extra-terrestre (1982). Le maschere sono ripugnanti, non spaventose. I travestimenti sono di pessimo gusto, il pessimo gusto che caratterizza tutta la nostra società, con la sua cultura di morte e il suo calendario satanico. Quando si danno da mangiare ai bambini delle caramelle a forma di ragno, vuol dire che siamo alla mutazione dei bambini, oppure al rincretinimento dei genitori. Il guaio è che il secondo evento può provocare il primo. Bambini che sembrano dei piccoli mostri e adolescenti ridotti a zombie sono già una realtà, non solo la sera del 31 ottobre. E le madri che questa sera usciranno di casa con un paio di corna in testa lanciano un messaggio chiaro. Non credo vogliano denunciare un marito fedifrago.
 
Cordiali saluti
 
Emanuele Gavi
 

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