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Se aumenta l'infelicità è perché abbiamo perso il bene

tommaso scandroglio Aug 03, 2022

di Tommaso Scandroglio

Il Global Emotion Report 2022 di Gallup informa che il tasso di tristezza è stato il più alto mai raggiunto e indica come causa la povertà. Ma è un alibi e neppure la pandemia c'entra. L'infelicità globale è data dall’abbandono del bene. Abbiamo deriso e distrutto la fede e ora ci scopriamo infelici. 

Le persone sono sempre più infelici. A dircelo è il Global Emotions Report 2022 redatto dalla Gallup, nota società di ricerche. L’indagine, svolta in 122 paesi del mondo, ci informa che nel 2021 il tasso di tristezza, solitudine e stress è stato il più alto mai registrato dal 2006, anno in cui la società ha iniziato a stilare questi report che sarebbero tanto piaciuti a Leopardi. Un paio di dati significativi. Il 41% delle persone ha rivelato che il giorno prima dell’intervista aveva accusato elevati tassi di stress, il 31% significativo dolore fisico, il 28% tristezza, il 23% rabbia (p. 12); 330 milioni di adulti passano almeno due settimane senza parlare con un amico e familiare (p. 4); “un quinto di tutti gli adulti non ha una sola persona su cui poter contare per essere aiutata” (p. 4). Indici poi a rialzo rispetto alle rilevazioni precedenti.

Tutta colpa della pandemia? No, sia perché, dati alla mano, il 2021 è stato peggio del 2020, anno clou per restrizioni sociali, sia perché l’infelicità è in crescita costante da un decennio. Insomma il 2021 si inserisce in un trend crepuscolare ormai tracciato da tempo. Le cause dell’infelicità? Il report indica le seguenti: povertà, relazioni sociali e comunità deboli, fame, solitudine e mancanza di un buon lavoro (p. 1). In merito al lavoro però si scopre che è più incattivito quello che ce l’ha ma non gli piace, rispetto a quello che non l’ha proprio (p. 4). Il report aggiunge: “Due miliardi di persone vivono con un reddito insufficiente e altri 2 miliardi sono così infelici nel luogo in cui vivono, che non lo consiglierebbero a nessuno dei loro conoscenti” (p. 4). Inoltre, sul piano sociale, “rivolte, scioperi e le manifestazioni antigovernative sono aumentate del 244% dal 2011 al 2019”. E meno male che i nostri governi sono democratici, ossia votati dal popolo. Figuriamoci se non lo fossero. In realtà questo dato è la prova provata che i governi sono oligarchie tecnocratiche che si impongono ai cittadini e il voto democratico è solo un mezzo per esercitare un potere che stritola le famiglie e le singole persone. E’ un mero alibi.

Poi, gettando uno sguardo al futuro e citando uno studioso del MIT di Boston, il report pronostica che i sentimenti negativi favoriranno l’emergere di forze politiche populiste (p. 4). Insomma la solita stoccata ideologica. Se sei felice voti a sinistra/i Democratici, se vedi tutto nero voti a destra/i Repubblicani. Ma i professori che abbiamo avuto a scuola e che entravano in classe con Repubblica sotto il braccio, non ci avevano ripetuto fino allo sfinimento che le spinte rivoluzionarie di matrice levantina sono sempre nate dal malcontento della gente?

Torniamo al report e domandiamoci se le cause indicate in esso di questa tristezza globale siano quelle vere. Innanzitutto occorre precisare che tali motivi sono ipotizzati, non provati dal report. In secondo luogo potremmo rispondere che tali fattori possono sì generare infelicità, ma solo se qualifichiamo queste cause come cause seconde. Povertà, solitudine, mancanza di un lavoro soddisfacente di certo non aiutano a vivere felici, ma perché – e così andiamo alle cause prime – le persone vivono in povertà, solitudine e con un lavoro poco appagante? E soprattutto non è che le cause dell’infelicità globale siano altre e che povertà & co. non siano fattori così determinanti? Ci viene il sospetto che le cose stiano così perché ad esempio lo stesso report ci informa che i paesi dell’America Latina sono quelli più felici (p. 8) – Panama, Paraguay, El Salvador, Honduras e Nicaragua guidano la classifica e fuori dall’America Latina troviamo paesi come le Filippine e il Senegal (ultimo Afghanistan) – eppure povertà, emarginazione sociale, tassi di violenza, mancanza di lavoro, etc. in questi stati, eccezion fatta forse per Panama, sono più alti che in altri paesi. A margine e buttandola un po’ lì, ben sapendo che bisognerebbe provare il nesso di causa-effetto, troviamo curioso constatare che le prime nove nazioni per infelicità non sono cristiane (tutte a maggioranza islamica eccetto il Nepal). Un caso?

Allora domandiamoci: la radice dell’insoddisfazione esistenziale non potrebbe essere altrove? Esistono croci che sono fabbricate da altri oppure da nessuno e che la Provvidenza permette finiscano sulle nostre spalle. Una malattia grave, il figlio che nonostante un’educazione eccellente si perde nella droga, nell’ateismo, nell’imbecillità, un dissesto economico come una crisi aziendale, il coniuge che ti molla in mezzo ad una strada. E poi ci sono croci fabbricate con perizia da noi stessi e sono le più numerose. Non nascondiamoci dietro un dito.

Come si fa ad essere felici se il centro di gravità della tua vita sei tu, tanto centrato in te che sei diventato un buco nero per gli altri che tutto e tutti inghiotte, se concepisci la vita come la superficie del mare che è adatta solo per surfarci sopra con il vento tra i capelli, mai volendo tuffarti nella sua profondità, se per distrarti butti via un patrimonio alle macchinette o ti distruggi con le droghe pensando che siano leggere, se pensi che tu meriti una seconda possibilità dalla vita e tua moglie o tuo marito solo una e così ricorri al divorzio, se lavori per il lavoro o se non lavori anche se hai un lavoro, se pensi di far finta di niente anche se hai abortito, se ingerisci pillole per dimagrire, per rimanere incinta, per non rimanere incinta, per dormire e per non dormire, per lavorare, per socializzare, per dimenticare e per non dimenticare, se hai staccato la spina a tua madre quando lei per te l’ha attaccata alla presa della vita, se hai flirtato mille volte ma mai una sola volta con l’amore, se l’unica fedeltà che concepisci è quella con il piacere costi quello che costi, se hai voluto un figlio come complemento d’arredo della tua esistenza ed infatti te lo hanno fabbricato in una clinica per la fertilità, se assumi un nuovo dipendente come si acquista un nuovo modello di pc, se sprizzi ira da tutti i pori per i tuoi meriti disconosciuti e non ti accolli mai i demeriti per le colpe commesse, se dentro ti senti un ragazzino e la Tac al cervello non può che darti ragione, se l’invidia del bene altrui ti consuma così come la tua propensione alle maldicenza, se ti vuoi dissetare solo alla fonte social dei like, se accetti la legge della giungla e ti sei scoperto selvaggio, se sei orgoglioso delle tue devianze?

Gesù una volta disse: Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo” (mc 7, 21-23). Come può essere felice un uomo contaminato?

Non illudiamoci, l’infelicità globale è data dall’abbandono del bene. Chi fa il bene, anche se vessato da mille difficoltà, è intimamente sereno. Non perfettamente felice perché quella è condizione solo paradisiaca, ma sereno sì. Il felice è il benefattore, cioè colui che fa il bene, che cerca e vive il bene. E il bene sommo è Dio. Non abbiamo mai dato una seria possibilità a Dio e “l’inverno del nostro scontento” non si è mai mutato in primavera. Abbiamo voluto un vita senza Dio, senza preghiera, senza sacramenti, senza Chiesa. Abbiamo deriso, vilipeso, insultato, attaccato, distrutto la fede ed ora ci scopriamo infelici? Ammettiamolo, prima di essere infelici siamo stati stupidi.

 

 

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