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Senza Papa di Emanuele Gavi

cristianesimo emanuele gavi papa benedetto xvi religione vangelo Jan 30, 2023
 

Egregio Direttore,

dopo la morte di papa Benedetto XVI si risveglia in noi credenti il senso di smarrimento che provammo all’indomani della sua rinuncia al ministero di vescovo di Roma, quello sciagurato 11 febbraio 2013. C’è però un’importante differenza di cui tener conto. All’epoca era più facile credere che la novità del papa emerito si giustificasse con le motivazioni addotte ufficialmente, e cioè in sostanza con l’avanzante vecchiaia di Ratzinger e con problemi di salute eventualmente correlati. Oggi è davvero difficile pensare che quell’inedita situazione per cui “vivo un papa, se ne fa un altro” si possa spiegare in questo modo. Oggi abbiamo visto chi è venuto a prendere il posto del mite professore bavarese: Jorge Mario Bergoglio.

Eppure non serve sostenere, come fa il giornalista Andrea Cionci, che Bergoglio non sia in realtà il Papa, perché Ratzinger si sarebbe ritirato in sede impedita, rinunciando al ministerium, cioè a operare praticamente da pontefice, ma non al munus, ovvero al ruolo di papa regnante, portato avanti nella preghiera e nel nascondimento. Per Cionci, dunque, l’unico e il solo vicario di Cristo in terra sarebbe rimasto Benedetto fino al 31 dicembre 2022, data della sua nascita al cielo, e oggi la sede apostolica sarebbe vacante. Non serve sostenere così che Bergoglio sia un antipapa, anche basandosi sul fatto, storico e inconfutabile, che nella vita della Chiesa la compresenza di due papi è già avvenuta più volte, e sempre si è trattato di distinguere tra il vero pontefice e l’antipapa di turno. (Né si deve pensare a un’ostilità perenne tra le due figure: Ippolito di Roma, il primo antipapa della storia, subì il martirio insieme al papa legittimo, Ponziano, dopo essersi rappacificato con lui, e i due sono venerati insieme come santi il 13 agosto, sempre che l’identificazione dell’antipapa col martire sia corretta).

Non serve nemmeno sostenere che Bergoglio sia un eretico, adducendo come prove le numerose proposizioni “problematiche” contenute nei documenti da lui firmati e pubblicati, come ad esempio la contestatissima (a ragione) Amoris laetitia. Né serve sostenere che sia un apostata, cioè che abbia abbandonato del tutto il cristianesimo, essendo costretti a constatare coi propri occhi la sua partecipazione a riti pagani, come avvenuto il 4 ottobre 2019 in Vaticano, con l’ormai tristemente famosa venerazione dell’idolo della Pachamama (qui il filmato di Vatican News, dal settimo al diciottesimo minuto), e come si è purtroppo ripetuto il 27 luglio 2022 in Canada, quando Bergoglio e prelati si sono uniti, mano sul cuore, all’evocazione di spiriti e in particolare della Gran Madre da parte di uno stregone (qui il video, dal settimo al quindicesimo minuto).

Non serve neppure criticare il suo brutto carattere, di cui forse l’esempio più eclatante furono gli schiaffi sulla mano a una fedele asiatica che lo aveva tirato per un braccio, il 31 gennaio 2019, o mettere in discussione la sua salute mentale, per cui farebbero temere tante sue esternazioni (di alcune speriamo di cuore si tratti di calunnie) e il suo stesso atteggiamento, costantemente ondivago e contraddittorio.

Tutto questo non serve, perché noi credenti lo sappiamo già di essere senza Papa. Chi prima, chi dopo, ce ne accorgiamo tutti. Io avevo accolto favorevolmente il pontificato di Bergoglio, così come è naturale per un cattolico. Poi ho letto i suoi documenti e mi sono ricreduto. Mi dirà, Direttore, che i testi sono appannaggio di una ristretta cerchia di lettori e studiosi. Va bene. Ma è chiaro all’universo mondo, e lo capisce pure chi non è credente, che avere un papa che funge da megafono ai diktat dei potenti è come non averlo. Ed è questo ruolo di supertestimonial che balza agli occhi dal confronto, impietoso, con la figura del grande teologo Ratzinger (per non parlare dell’atleta di Dio Giovanni Paolo II). Bergoglio è apparso via via come sempre ligio portavoce di tutte le ideologie dominanti oggi: dall’ecologismo gretesco al relativismo nichilista arcobaleno, dall’immigrazionismo senza limiti al sincretismo religioso massonico, dal “capitalismo inclusivo” al vax come “atto d’amore” (pena l’esclusione dal Vaticano, perché bisogna essere inclusivi con stranieri, gay ed élite finanziarie, con chi rifiuta i prodotti della Pfizer no). Dove a parole si oppone, nei fatti promuove (si veda per esempio la condanna dell’aborto e il contemporaneo inserimento di abortisti nella Pontificia Accademia per la Vita). Avere un papa che si comporta come il cappellano del Nuovo Ordine Mondiale e dei suoi promotori significa per ciò stesso che il Papa non c’è.

Essere nel mondo ma non del mondo, ci ha insegnato Gesù. “Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità”: così prega Nostro Signore (Gv 17, 16-17). Non c’è odore delle pecore che tenga.

E a proposito dell’odore del gregge di cui i pastori dovrebbero avere gli abiti impregnati, che siano tutte fanfaluche in molti lo hanno capito durante l’era Covid, quando abbiamo assistito a una fuga generale degli uomini di Chiesa davanti al morbo, una ritirata francamente indecorosa. Qualcuno non è indietreggiato, sia chiaro: ho avuto il privilegio di conoscere don Paolo Romeo, per esempio. Ma l’atteggiamento della Chiesa in questo fosco periodo è stato all’opposto della sua luminosa tradizione di santità.

Caro Direttore, sa cos’hanno in comune san Luigi Gonzaga, san Domenico Savio, san Damiano de Veuster? Sono morti curando gli ammalati. Hanno contratto la malattia dei fratelli a cui hanno avevano scelto di dedicare l’esistenza. Che c’è di strano? È sempre andata così, nella fulgida storia della Chiesa. San Luigi Gonzaga, durante l’epidemia di peste che colpì Roma nel 1590, rimase contagiato trasportando sulle spalle un moribondo (altro che lasciarli soli in una cameretta d’ospedale). Morì che aveva solo 23 anni. San Domenico Savio era ancora più giovane: quando terminò la sua esistenza terrena aveva 14 anni. Vale la pena di leggere e meditare l’episodio (dal sito santiebeati.it, il grassetto è mio):

“Nell’estate del 1856 scoppiò il colera, malattia a quel tempo incurabile. Le famiglie ancora sane si barricarono in casa, rifiutando ogni minimo contatto con altre persone. I colpiti dal male morivano abbandonati. Don Bosco pensò di radunare i suoi cinquecento ragazzi, invitando i più coraggiosi ad uscire con lui. Quarantaquattro, tra i ragazzi più grandi, si offrirono subito volontari. Tra di essi in prima fila spiccava proprio Domenico Savio. Ammalatosi anch’egli, dovette fare ritorno in famiglia a Mondonio, dove il 9 marzo 1857 morì fra le braccia dei genitori, consolando la madre con queste parole: «Mamma non piangere, io vado in Paradiso»”.

Si vorrà mica dire che san Giovanni Bosco, che inviava i suoi giovani ad accudire i malati, era uno sconsiderato, un avventato, un folle? La realtà è piuttosto che oggi dobbiamo affrontare tempi bui senza pastori, senza sante guide.

Quanto a san Damiano de Veuster, questo prete fiammingo nel 1873 si offrì di andare volontario sull’isola lazzaretto di Molokai, nell’arcipelago delle Hawaii, dove il governo confinava i malati di lebbra. Vi trascorse il resto della vita fino al 1885, quando fu contagiato e morì. Santa Teresa di Calcutta ne caldeggiò la canonizzazione: aveva bisogno di un santo per i suoi lebbrosi, che fosse uno di loro. E condividere la condizione degli ammalati è sempre stata una caratteristica dei santi. Gli esempi sono innumerevoli: da san Rocco a san Francesco che abbracciò il lebbroso e si convertì, ai cappuccini che furono mandati nel lazzaretto di Milano nel 1630, di cui il manzoniano fra Cristoforo è l’esempio più celebre, benché immaginario, mentre personaggi storici furono padre Felice Casati e padre Michele Pozzobonelli, citati nei Promessi sposi, chiamati dalle autorità milanesi a dirigere il lazzaretto (carica ben poco ambita!), e dei quali il secondo morì di peste.

Prendiamo dunque spunto dai santi, mettendoci a servizio del prossimo e pregando incessantemente per la Chiesa. Perché guariscano entrambi. Siamo senza Papa, giammai saremo senza Cristo.

Cordiali saluti

Emanuele Gavi

FONTE: https://lettereanessungiornale.com/2023/01/26/senza-papa/

 

 

 

 

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