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Siamo creature imperfette. Ma non siamo creature senza speranza

Feb 03, 2022

Un articolo dello scrittore e giornalista Phil Lawler, pubblicato su Catholic Culture.

Diciamo questo per gli ultimi due miserabili anni: L’epidemia ha risvegliato la nostra comprensione della fragilità umana. E questa è una cosa molto buona.

Ormai ci rendiamo tutti conto che si possono fare tutte le cose giuste per proteggersi, e ancora morire con un caso di Covid. (Per i miei scopi qui, non importa se pensate che fare “le cose giuste” significhi avere gli ultimi richiami di vaccino e indossare una maschera, o somministrarsi ivermectina e zinco e vitamina D. Nessuno dei due regimi vi renderà invulnerabili). Per quanto possiamo provare, non possiamo mai essere completamente liberi dal rischio di malattia.

Questa consapevolezza ha implicazioni che vanno oltre l’attuale epidemia. Prima o poi ognuno di noi soccomberà a qualche lesione o malattia.

Potresti mangiare una dieta sana, fare esercizio fisico diligentemente, seguire tutti gli ordini del tuo medico – e comunque contrarre il cancro.
Potresti guidare in modo difensivo, indossando la cintura di sicurezza, e comunque essere speronato da un guidatore ubriaco.
Potresti dotare la tua casa di rilevatori di fumo, sprinkler, allarmi antifurto e finestre antiproiettile, e comunque essere colpito da un fulmine quando esci a prendere il giornale.
Succedono cose imprevedibili. Un comportamento prudente può ridurre i rischi, ma non eliminarli.

E anche se eviti incidenti, ferite e malattie, per grazia di Dio (dato che i tuoi sforzi non saranno mai sufficienti), alla fine il tuo corpo ti tradirà. Noterai, con il passare degli anni, che varie parti del corpo non funzionano più bene. Non sono state fatte per durare per sempre.

Gli anni della nostra vita sono settanta,
ottanta per i più robusti,
ma quasi tutti sono fatica, dolore;
passano presto e noi ci dileguiamo.

La scienza moderna e la nutrizione hanno allungato un po’ la nostra aspettativa di vita, ma il punto fondamentale del Salmista rimane. Siamo esseri imperfetti, che vivono in un mondo imperfetto.

Recentemente ho letto l’importantissimo libro di Charles Taylor, Un’epoca secolare. Verso la fine del volume, Taylor analizza alcune delle moderne scuole di pensiero secolare che suggeriscono che la natura umana potrebbe essere perfezionata, se solo… E naturalmente a quel punto le diverse teorie divergono. Ma tutte si riveleranno alla fine insoddisfacenti, perché la natura umana non può essere perfezionata, almeno non in questa vita. L’ingrediente mancante in tutte queste teorie è il riconoscimento del peccato originale.

Marx può convincervi che la miseria umana è causata dalla progressione dialettica delle forze economiche e dallo sfruttamento della classe operaia da parte dei capitalisti. Ma rovesciate i capitalisti e instaurate un nuovo regime guidato dalla teoria marxista, e la miseria continua (anzi, si aggrava). Freud può convincervi che la vostra infelicità è dovuta a qualche trauma infantile, ma se siete stati traumatizzati, non potete eliminare quell’esperienza dalla storia della vostra vita. Autori popolari più recenti promettono, nelle loro miriadi di modi diversi, di sbloccare il vostro pieno potenziale. Ma segui tutti i loro consigli e ti senti ancora insoddisfatto. Fate tutte “le cose giuste”, secondo le ultime teorie, eppure rimanete consapevoli della vostra debolezza, dei vostri fallimenti, delle vostre vulnerabilità.

E – ripeto – questa è una buona cosa. Perché riconoscere la debolezza della natura umana – più in particolare, della vostra natura – è fare un primo passo cruciale verso una fede religiosa attiva. Quando riponiamo la nostra fede in noi stessi, nella convinzione che possiamo in qualche modo perfezionare la nostra natura e tirarci su con le nostre mani, siamo destinati a fallire; stiamo costruendo su fondamenta incrinate. Un chiaro riconoscimento della debolezza umana ci disabitua alla nozione che siamo la soluzione a tutti i problemi del mondo – anche che siamo la soluzione ai nostri problemi personali. A quel punto siamo pronti a cercare altre soluzioni, soluzioni al di fuori dell’ambito della saggezza e dell’esperienza umana: la fede.

Fai tutte “le cose giuste” e ancora fallisci. Questa consapevolezza è deprimente se ti ostini a pensare che alla fine potresti trovare una soluzione terrena a tutti i problemi terreni. Perché non si può.

Walker Percy, un altro acuto osservatore della natura umana, ha scritto di due tipi di personalità: la ghiandaia azzurra (ucello americano, ndr)  e l’uccello azzurro (Sialia, altro uccello americano, ndr). Il tipo ghiandaia azzurra è un attivista; crede di poter avere tutto ciò che vuole nella vita se combatte per averlo. Nel frattempo il tipo uccello blu passivo desidera e spera e prega e aspetta che l’uccello blu della felicità gli porti i desideri del suo cuore. Entrambi i tipi sono destinati alla delusione. La vera felicità non può essere ottenuta lottando per essa o desiderandola.

Siamo creature imperfette. Ma non siamo creature senza speranza – a meno che non riponiamo erroneamente tutte le nostre speranze nel nostro io imperfetto. Quando ci rendiamo conto che la nostra vita sulla terra non sarà mai pienamente soddisfacente, siamo sull’orlo della prossima realizzazione: che la natura umana non è progettata per essere pienamente soddisfatta in questa vita – che “il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te”. Quando riconosciamo che non possiamo perfezionarci, siamo pronti ad ascoltare la parola di Colui che può portarci alla perfezione.

fonte: https://www.sabinopaciolla.com/siamo-creature-imperfette-ma-non-siamo-creature-senza-speranza/

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