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«Spirale a migliaia di ragazzine a loro insaputa». Scandalo in Groenlandia

giuliano guzzo Oct 08, 2022

di Giuliano Guzzo

Fino a poco tempo fa, sembrava che tutto ciò di cui la Danimarca dovesse chiedere scusa alla Groenlandia fosse l’allontanamento di svariati bambini Inuit – almeno 22 – dalle loro famiglie, in applicazione  di un sinistro esperimento per «modernizzare» la società groenlandese. Sfortunatamente, quell’episodio, pur tremendo, costituisce solamente la punta dell’iceberg rispetto a quello che è trapelato nei giorni scorsi e che potrebbe trapelare ancora. Per capire la portata e le origini di quello che si annuncia come uno scandalo epocale, occorre fare però prima un passo indietro.

Siamo nel 1953. La grande isola, letteralmente «terra verde», da ex colonia quale era nel ‘700 diviene venne parte del regno danese, per la precisione conte e, come tale, amministrata da un governatore e rappresentata in Parlamento da due deputati. Una svolta accompagnata da un significativo processo di modernizzazione isolana che, in 15 anni, ha visto il verificarsi di due fenomeni: il calo, anzi il crollo del tasso di mortalità e l’aumento – anche se sarebbe più corretto parlare di esplosione – del tasso di natalità, lievitato in 15 anni di quasi l’80%.

Questo ha letteralmente trasformato la Groenlandia che, negli anni ’60, si è ritrovata ad avere il tasso di natalità più alto del mondo e il 50% della popolazione con meno di 16 anni di età. Quasi un bambino su quattro nasceva fuori dal matrimonio. Tutto ciò era strettamente legato al fenomeno del boom edilizio, che portò sull’isola un gran numero di lavoratori danesi i quali, spesso, finivano con l’ingravidare le giovani del posto. Per rendere la dimensione del fenomeno, solo nel 1965 nella capitale, Nuuk, metà dei nuovi nati era figlio di giovani senza marito.

I costi sociali che ciò poteva rappresentare – per seguire ma pure per istruire quelle giovani madri, oltre che i loro figli – e la natalità elevatissima, apparentemente fuori controllo, convinsero le autorità danesi a metter in azione una risposta terrificante, degna d’un film dell’orrore. Quale? Una pianificazione familiare di massa forzata e rigorosamente segreta. Così segreta che se non se n’è parlato fino ad oggi. Il silenzio è stato rotto da un’indagine delle giornaliste danesi Anne Pilegaard Petersen e Celine Klint – colpite, come riporta Le Monde, da strane storie di donne che dichiaravano d’esser state «derubate della loro verginità».

Petersen e Klint, col podcast investigativo Spiralkampagnen (traducibile come «La campagna Iud»), hanno scoperto che tra il 1966 e il 1974 su metà delle donne fertili della Groenlandia – circa 4.500 – si è proceduto impiantando la spirale come contraccettivo preventivo; e questo anche su ragazzine, perfino bambine Inuit. Tutto ciò è supportato da inoppugnabili testimonianze. Un ex medico della Groenlandia, tale Hans Jørgen Fenger, ha per esempio spiegato di essere stato informato dal suo superiore dell’ospedale che per un periodo di tempo le spirali venivano inserite nelle giovani pazienti di routine.

Un’altra fonte ha riferito come i medici dell’isola addirittura scherzassero sul fatto che, quando una donna li consultava per un dito gonfio, non avrebbe lasciato l’ambulatorio senza poi l’impianto. La faccenda è così seria che ora la Danimarca e la sua provincia autonoma di Groenlandia hanno deciso di avviare un’indagine congiunta – che durerà due anni – per fare luce su quello che sarebbe un abuso enorme e senza precedenti. In effetti, la campagna Iud non risulta esser mai stata presentata al consiglio nazionale della Groenlandia (Landsrådet), all’epoca era l’organo politico più rappresentativo dell’isola.

Quello perpetrato sarebbe dunque un crimine a tutti gli effetti e, se i numeri di Petersen e Klint dovessero essere confermati, si tratterebbe forse del peggior programma di abusi nei confronti delle donne dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. «Si tratta di una storia allucinante, che non dovrebbe in alcun modo essere ignorata o camuffata. Chiamala per quello che è: un genocidio», è arrivata a dire la parlamentare groenlandese in Danimarca Aki-Matilda Høegh-Dam. Forse a qualcuno la parola «genocidio» può apparire esagerata, ma trovare un nome ad abusi fisici su migliaia di giovani e giovanissime donne allo scopo di privarle della possibilità di generare, ecco, non è semplice.

 

 

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