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UN CUORE CHE BATTE.

silvana de mari “un cuore che batte” Jan 08, 2024

di Silvana De Mari

Te deum laudamus

Il Te deum è la meravigliosa preghiera che si recita in ringraziamento la notte dell’ultimo dell’anno. Ho un infinito numero di cose per cui ringraziare, la mia famiglia, la mia casa, gli amici, il quotidiano La Verità, la raccolta di firme per un cuore che batte. Il 5 dicembre 2023 Giorgio Celsi, presidente dell’associazione “Ora et Labora in Difesa della Vita”, il prof. Giorgio Nicolini, direttore di “Tele Maria”, Luisa Urbani del “Movimento Con Cristo per la Vita” e don Giorgio Ghio, sacerdote della Diocesi di Roma, in rappresentanza delle realtà promotrici della proposta di legge di iniziativa popolare UN CUORE CHE BATTE, hanno depositato i relativi moduli a Roma, presso la Camera dei Deputati (il regolamento non prevede più di quattro depositari). Sono state consegnate 106.000 firme, quindi più del doppio delle 50.000 necessarie per raggiungere il quorum.


È un risultato meraviglioso  dovuto alla straordinaria rete di collaborazione tra volontari delle varie realtà coinvolte e tantissime singole persone che si sono rese conto di che spaventosa violenza è l’aborto. La proposta di legge prevede l’introduzione di un comma alla legge 194/1978 per obbligare il medico a mostrare alla madre intenzionata ad abortire la realtà della vita che porta in grembo, mediante una semplice ecografia e l’ascolto del battito cardiaco del figlio. Una legge analoga ha permesso di diminuire le donne che compiono questo gesto profondamente antiumano dell’80% in Texas. Questa proposta di legge darebbe quindi piena applicazione alla legge sul consenso informato, in quanto è obbligo giuridico e deontologico del medico che la donna abbia il diritto di essere resa consapevole della Vita che porta nel grembo, una Vita con un cuore che pulsa. È un fatto che dove è stata adottata questa pratica il numero di aborti è crollato drasticamente.

L’aborto non è un diritto. Una donna deve essere padrona del proprio corpo, ma se abdica al suo ruolo di protettrice della vita, è scesa di un gradino, ha rinunciato al suo destino di essere coartefice della creazione. La maternità è un peso, vero, ma anche il più grande dei privilegi. La volontà della donna deve essere rispettata. Era quello che pensavo anche io. Quando le mie pazienti mi chiedevano di abortire, prima che l’aborto fosse legale, le aiutavo a raggiungere il partito radicale, che le mandava in Inghilterra. Quando l’aborto è diventato legale, mi sono limitata a fare le impegnative. Sempre sorridendo. Sempre senza mai chiedere : « Signora ci ha pensato bene? ». Signora ci ha pensato bene non si chiede, perché bisogna rispettare la volontà della donna. Perché non bisogna colpevolizzare. La volontà della donna è sacra. La volontà non è un monolite in una prateria, è un riflesso di luce sull’acqua, che cambia a seconda di dov’è il sole.

Quando sono rimasta incinta sono stata ricoverata per una mattina in Day Hospital all’ospedale di Moncalieri. Day Hospital vuol dire che era nella stessa stanza con tre signore che avevano fatto un ivg, acronimo che significa interruzione volontaria di gravidanza. Io me ne stavo sul mio letto a pensare ai fatti miei e ad aspettare mia madre che venisse a prendermi. Mi hanno chiesto loro se anche io era lì per un ivg, e io ho solo  detto di no. È stato terribile. Si sono messe a piangere, tutte e tre. Si sono messe a piangere e ognuna delle tre si è sentita in dovere di darmi giustificazioni, era stato il marito, avevano già due bambini a casa, non si poteva perché…

Perché una donna non vuole mai abortire, non con tutto il cervello almeno. Il cervello rettiliano e limbico, la sua animalità, il bimbo lo vuole. Il cervello emotivo, la sua spiritualità, il bimbo lo vuole, e quella volontà spezzata si trasformerà facilmente in depressione, ansia, malattia psicosomatica. Non si resta uguali dopo un aborto. Non ritorna tutto come prima, come non fosse mai successo. È solo il cervello razionale che vuole abortire, come è solo il cervello razionale che vuole suicidarsi. L’aborto, come il suicidio, è sempre un’autoaggressione. L’aborto, come il suicidio, devono far parte del bagaglio della libertà dell’individuo, ma sono cultura di morte. Se qualcuno si suicida, è giusto che qualcuno almeno cerchi di dirgli: ma cosa stai facendo? Da allora ho fatto questa domanda: Signora, ci ha pensato bene ?. Nell’80% dei casi questa domanda è sufficiente per far cambiare idea. La volontà di uccidere il proprio bambino è talmente labile, è talmente un costrutto sociale, che spesso è sufficiente un’unica domanda per fermarla. Siete andate ad abortire senza nessuno che vi abbia chiesto: Signora, ci ha pensato bene? È una scelta solo sua o qualcuno la sta influenzando? Perché la paternità comincia tardi, con la nascita del bambino. Quando il bambino è un feto, molti padri non gli vogliono ancora bene, non sanno ancora che lo ameranno, e vedono solo un peso. E se la stanno influenzando, signora, non lo faccia, perché la sua pancia è la cosa attorno a cui deve girare il mondo. La maternità è l’emozione più violenta, potente e antica. La vita esiste perché le femmine l’hanno protetta, sole contro tutto e tutti a volte. Abbiamo abdicato. Non più donne, ma eunuchi femmina. Non più donne ma persone con utero e mestruazione, altrimenti i maschi che si credono donne si offendono.

La banalizzazione dell’aborto ha permesso anche la sua commercializzazione. Planned Parentwood ha sempre serenamente venduto i tessuti fetali, ogni donna che abortiva da loro lasciava nelle loro mani un feto, un piccolo tesoro. In Messico laboratori acquistano feti di cinque mesi da madri che li vendono, esattamente come di cinque mesi erano i fati venduti dalle loro madri che hanno generato le cellule su cui oggi alcuni vaccini (Astrazeneca) sono coltivati, o farmaci RNA (Pfizer e Moderna) sono testati. La Cina ha messo a punto una terapia palliativa per i malati di sclerosi laterale amiotrofica (SLA): iniettando nel loro cranio cellule olfattive di un feto di 5 mesi, la malattia, forse, per qualche mese rallenta. La clinica di Pechino del neurochirurgo Hongyun Huang, che già nel 2005 dichiarava alla rivista Nature di aver trattato 400 pazienti affetti da lesioni midollari e 100 ammalati di SLA, utilizzando staminali di bulbo olfattivo fetale. I feti erano comprati come in Messico, o erano le detenute a fornire la materia prima? Chi chiedeva l’intervento otteneva sempre la prenotazione cinque mesi dopo: il tempo necessario per ingravidare una donna (volente o nolente?) e ottenere un feto di cinque mesi. La Emcell di Kiev, in Ucraina, con le stesse cellule tratta innumerevoli patologie incluso il cancro. I risultati sono controversi.

Quello che non è controverso è che un feto di 5 mesi è una creatura formata, perfettamente in grado di sentire il dolore e l’orrore della morte: questi bimbi nascono per cesareo e sono smembrati da vivi e senza anestesia perché le loro cellule devono essere perfette, prelevato a cuore battente, e senza anestesia.  La nostra è una cultura di morte ma potrebbe smettere di esserlo.

 

 

 

 

 

 

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