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Un tesoro da custodire, non da perseguitare

angelica la rosa informazionecattolica Jun 27, 2025

di Angelica La Rosa

IN DIFESA DELLA MESSA IN LATINO 

Nel cuore della Chiesa cattolica, una delle più nobili espressioni di fede e adorazione — la Messa in latino secondo il Messale del 1962 — è divenuta negli ultimi anni oggetto di dure restrizioni e di una crescente marginalizzazione.

A testimoniarlo sono non soltanto i documenti ufficiali, come il Motu Proprio Traditionis custodes promulgato da Papa Francesco nel 2021, ma anche le voci dolenti di cardinali come Raymond Leo Burke e Gerhard Müller, figure eminenti che denunciano senza mezzi termini una vera e propria «persecuzione» nei confronti dei fedeli legati alla liturgia tradizionale.

Il cardinale Burke, in un recente intervento pubblico, ha rivelato di aver espresso a Papa Leone XIV la speranza che questa “persecuzione” venga finalmente fermata. Parole forti, che risuonano come un grido di dolore di un’intera porzione del popolo di Dio che chiede solo di poter adorare il Signore nella forma più antica e solenne del rito romano. Lo stesso cardinale Müller, già prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha auspicato che il nuovo pontefice compia un gesto simbolico e riparatore, che restituisca piena cittadinanza ecclesiale a coloro che si nutrono spiritualmente della liturgia tradizionale.

Un tesoro liturgico e spirituale

La Messa tridentina non è una moda passeggera né un rigurgito nostalgico. È un patrimonio vivo della Chiesa universale, una sorgente di bellezza teologica, di sacralità e di profonda adorazione. La lingua latina, l’orientamento verso Dio (ad orientem), i silenzi contemplativi, la musica gregoriana: tutto concorre a immergere l’anima in un mistero che trascende il tempo, radicando la celebrazione nel cuore bimillenario della tradizione cristiana.

Non è un caso che il pellegrinaggio tradizionalista di Chartres, in Francia, continui a vedere una crescita costante di giovani partecipanti: dai 13.000 del 2020 ai 18.000 del 2024. In un’epoca in cui i giovani sembrano sempre più distanti dalla fede, questo fenomeno rappresenta un segnale controcorrente e profetico. Il desiderio di una liturgia più alta, più sacra, più centrata su Dio è tutt’altro che un capriccio reazionario: è una domanda profonda di verità e bellezza, a cui la Chiesa è chiamata a rispondere con amore e ascolto.

Durante il pontificato di Papa Francesco, la Messa in latino è stata sottoposta a restrizioni senza precedenti. Non solo sono state chiuse molte comunità, ma in alcuni casi si è arrivati persino alla revoca di benefici materiali e alla rimozione di vescovi e cardinali legati a questo mondo. Burke, ad esempio, è stato privato del Piatto Cardinalizio, mentre altri prelati sono stati sistematicamente emarginati per aver espresso posizioni teologiche coerenti con il magistero di sempre.

Il Motu Proprio Traditionis custodes, lungi dal sanare divisioni, ha finito per polarizzare ulteriormente il tessuto ecclesiale. Non è raro che in molte diocesi i fedeli legati al rito antico siano stati trattati con sospetto, se non con aperta ostilità. E tutto ciò in nome di una presunta unità che, invece di accogliere la legittima diversità liturgica, ha imposto una uniformità rigida e ideologica.

Con l’elezione di Papa Leone XIV, molti auspicano un’inversione di rotta. Il nuovo Pontefice ha già fatto pervenire un messaggio di vicinanza ai pellegrini di Chartres, ricordando che «Papa Leone prega per ogni pellegrino che vive un personale incontro con Cristo». Parole semplici, ma cariche di significato, che lasciano intravedere la possibilità di un nuovo dialogo e di una riapertura verso il mondo tradizionale.

Si tratterebbe di un atto non solo pastorale, ma profondamente ecclesiale: riconoscere che nella liturgia tradizionale non c’è un pericolo da neutralizzare, ma un dono da valorizzare; non un nemico ideologico, ma dei figli della Chiesa che meritano rispetto, ascolto e spazio. Benedetto XVI, con il Summorum Pontificum, aveva già indicato questa via, parlando della “forma straordinaria” come di una ricchezza per tutta la Chiesa.

Il futuro della Chiesa non si gioca nella repressione delle sue radici, ma nella loro feconda integrazione nel presente. Una Chiesa che teme il proprio passato, che chiude le porte alla Tradizione viva, rischia di diventare sterile e autoreferenziale. Al contrario, una Chiesa che sa custodire le sue fonti, come fa una madre con i suoi figli più anziani, si apre alla grazia della continuità, senza rinunciare alla verità.

La Messa in latino non è un fardello da sopportare, ma una sorgente da cui abbeverarsi. In essa risuona la voce dei santi, dei martiri, dei padri della Chiesa. È tempo che essa torni ad avere il posto che merita: non come un’eccezione tollerata, ma come una forma legittima e feconda di adorazione cattolica. Che Leone XIV abbia il coraggio di ricucire, con giustizia e carità, lo strappo che ha ferito tanti fedeli. E che la Chiesa torni a respirare con tutti i suoi polmoni. Anche quello della Tradizione.

FONTE : Informazione Cattolica

 

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