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Vaccini COVID, meno dogmatismo e più realismo

Nov 10, 2021

di SabinoPaciolla

 

Mi hanno segnalato un articolo scritto da Rodolfo Casadei, pubblicato su Tempi, sulla questione obbligo vaccinale anti COVID. 

Rodolfo Casadei è un mio amico, mi perdonerà dunque se scrivo in maniera franca. 

A me pare che l’articolo di Casadei sia pervaso da una posizione di presunzione di essere dalla parte della ragione e della…scienza. Purtroppo, è una posizione molto diffusa, ed è alla base della accesa divisione che si è venuta a creare nella società e nel mondo cattolico.  

Casadei, nella parte iniziale del suo articolo parla della questione della coscienza erronea, che comunque, secondo i teologi moralisti, obbliga il soggetto. A tal proposito, fa l’esempio ipotetico di una persona morsa da una vipera e di un suo amico che ha in tasca un siero che crede in coscienza essere antivipera. E’ però una coscienza erronea in quanto si tratta solo di acqua distillata. Nonostante ciò, sorge comunque l’imperativo morale di inoculare l’amico con quel siero.

Nel fare l’esempio, senza volerlo, Casadei evidenzia il punto essenziale della questione: inoculare tutte le persone del pianeta con qualcosa che potrebbe non essere totalmente adeguato alla malattia che si vuole curare o, addirittura, peggiorare potenzialmente nel tempo la situazione. 

Egli, dopo aver aver fatto l’esempio appena citato, e a proposito del rifiuto del vaccino, si chiede: “Nasce da una trascuratezza morale e razionale profonda, o è un’ignoranza invincibile causata dal contesto in cui il soggetto si trova?” La risposta che Casadei dà a questa domanda è: “Io sono più propenso per la seconda risposta”.  Dunque, per Casadei, il problema è l'”ignoranza invincibile”.

Casadei, ad onor del vero, riconosce che “in questione è il giudizio da dare su di una terapia medica e sui suoi effetti, cioè su qualcosa intorno a cui è impossibile avere una conoscenza perfetta e assolutamente certa”. E allora, se così stanno le cose, ci si sarebbe aspettati che mettesse al primo posto la questione della libertà di scelta nei confronti di una terapia nuova, per altro sperimentale, e la legittimità dell’obiezione di coscienza. E invece no. Egli, per aggirare l’ostacolo, tira in ballo il concetto di “probabilità” di successo di una terapia in ambito medico-scientifico, un argomento, a suo parere, cruciale per giustificare l’obbligatorietà della vaccinazione anti COVID.

Per spiegare meglio questo concetto riporta un passo di un articolo di Matteo Matzuzzi pubblicato sul Foglio del 30 ottobre dove viene citato quanto scritto da Guy Consolmagno, gesuita e direttore della Specola vaticana, su America, la rivista della Compagnia di Gesù pubblicata negli Usa. Scrive Matzuzzi: «Consolmagno, fisico e astronomo, ha premesso che “nella lotta alla pandemia le prove scientifiche a favore della vaccinazione sono schiaccianti”. Detto ciò, “ci sono molte persone che vedono la vaccinazione come l’unico modo per porre fine alla pandemia, spesso invocando il mantra di seguire la scienza”. Slogan senza dubbio affascinante ma che turba: “Implica che l’autorità della scienza è infallibile. Ma, naturalmente, non lo è. Per quanto sia odioso ammetterlo, la paura della fiducia cieca nella scienza ha un elemento di verità. A volte, la scienza è sbagliata. Sono uno scienziato e posso citare un numero qualsiasi di documenti scritti da me che poi si sono rivelati errati in modo imbarazzante. Ma, soprattutto, ci sono momenti nella nostra storia in cui la scienza – o almeno il modo in cui viene presentata – si è rivelata non solo imperfetta, ma orribilmente sbagliata”. La battaglia combattuta sul seguire la scienza, aggiunge Consolmagno, “è in realtà una lotta sull’affidabilità dell’autorità in generale. Alla fine della giornata, sia quelli che promuovono la scienza, sia quelli che la disdegnano, stanno cercando la certezza in un universo incerto. È un’intolleranza quasi calvinista dell’errore: il mondo è bianco o nero, il fallimento non è un’opzione. L’ironia è che la scienza stessa è in realtà un processo basato sul dubbio e sull’errore e sull’imparare ad analizzare quell’errore. Nella scienza, è essenziale sapere che non si conoscono tutte le risposte”. (…) La scienza non ci dà la verità perfetta. Ma può dirci le probabilità. Ci fidiamo del vaccino perché migliora enormemente le probabilità di non ammalarsi (il problema è, naturalmente, che la maggior parte di noi è pessima nel capire come funzionano le probabilità, che è il motivo per cui i casinò e le lotterie hanno così successo)”».

Interessanti le considerazioni di Consolmagno, ma a questo punto il gesuita avrebbe fatto meglio a scrivere al posto della sua quasi apodittica affermazione “nella lotta alla pandemia le prove scientifiche a favore della vaccinazione sono schiaccianti”, la seguente frase, più prudente, che deriva proprio dal suo ragionamento e dalla sua esperienza: “Nella lotta alla pandemia le prove scientifiche a favore della vaccinazione SAREBBERO, SECONDO IL MIO PUNTO DI VISTA, schiaccianti. Dico SAREBBERO perché, a volte, la scienza si sbaglia. Sono uno scienziato e posso citare un numero qualsiasi di documenti scritti da me che poi si sono rivelati errati in modo imbarazzante”. Ciò, tanto più, perché Consolmagno è un astronomo, mica un medico, virologo, patologo, biostatistico, ecc. ecc. 

Casadei è però certo che i novax non accettano neanche il ragionevole discorso delle probabilità di efficacia di una terapia medica. Infatti, il No Vax medio, procede Casadei, risponde dicendo che “può darsi che i vaccini funzionino nel breve periodo, ma io sono certo che nel medio periodo (e in alcuni casi anche nel breve periodo) causano danni gravi alla salute, perciò preferisco condurre una vita sana e, nel caso di contagio, curarmi con tutti i medicinali attualmente disponibili. Addurrà che la non genotossicità degli attuali vaccini antiCovid non è stata sufficientemente dimostrata, o che sono usciti o stanno per uscire studi che dimostrano che la proteina spike immessa col vaccino rimane nell’organismo molto più a lungo di quanto le case farmaceutiche assicurino, o che i vaccini a mRna messaggero facilmente possono indurre mutazioni genetiche, ecc. Tutte argomentazioni che si possono respingere sulla base di altri dati e di altri studi – cosa che mi è capitato di fare, inutilmente, con molti interlocutori -, ma che non si possono togliere definitivamente dal tavolo fino a quando ci sarà un Luc Montagnier premio Nobel per la medicina, un Robert Malone, ricercatore che ha posto le basi teoriche e cliniche delle attuali le terapie geniche, un Geert Vanden Bossche virologo esperto di vaccini che danno credito a queste teorie.”

Capite? Casadei dice che quelle del “novax medio” sono argomentazioni “che si possono respingere sulla base di altri dati e di altri studi”. Ancora una volta viene fuori la presunta superiorità e incontrovertibilità di quella parte della scienza (dati e studi) da lui (loro) abbracciata. E la considerazione finale di Casadei è che con i novax è “inutile” discutere finché ci saranno “un Luc Montagnier premio Nobel per la medicina, un Robert Malone, ricercatore che ha posto le basi teoriche e cliniche delle attuali le terapie geniche, un Geert Vanden Bossche virologo esperto di vaccini che danno credito a queste teorie”. Ma a Casadei non sorge il dubbio che queste persone potrebbero ANCHE aver ragione? Non sorge il dubbio che nel mondo reale le ricerche non vengono fatte solo da Montagnier, Malone e Vanden Bossche ma da centinaia e centinaia di scienziati, e che la materia è in divenire e che tanti aspetti critici dei vaccini vengono giornalmente messi in luce da nuove ricerche? O pensa che ci sia da una parte tutta la “comunità scientifica” convintamente a favore dei vaccini e, dall’altra, solo queste tre personalità testardamente fissate con certe idee? Ha dimenticato forse come è stato trattato il prof. Montagnier, premio Nobel della medicina, riguardo alla probabile genesi del SARS-COV-2, naturale o di laboratorio? Montagnier, che è stato da subito convinto che il virus non è totalmente naturale, è stato dapprima trattato come un troglodita, salvo poi riconoscere che qualcosa non quadrava e che il virus potrebbe essere stato manipolato nel laboratorio di Wuhan, come tanti documenti che ora stanno venendo alla luce portano a pensare.

Casadei, come ho detto più sopra, ha introdotto il concetto di “probabilità” di Consolmagno perché, a suo parere, sarebbe una delle ragioni che spingerebbe ad accettare l’obbligatorietà della vaccinazione con un siero genico sperimentale. Capisce però di non aver tratto un ragno dal buco. E dato che si rende conto di non riuscire a togliere, come invece vorrebbe, quell’inciampo costituito dalla parolina “forse”, posta prudenzialmente dal cardinale Eijk nella sua relazione («essere vaccinati è un atto morale buono – e forse anche moralmente obbligatorio»), allora  auspica che si faccia “un grande e capillare lavoro di divulgazione scientifica” per illuminare il “novax medio” (e già!). Per questo, scrive Casadei, “Allo stato attuale delle cose sono portato a rispettare la coscienza erronea (e te pareva!, ndr) dei No Vax che non sono scienziati (e già, perché lui lo è, ndr), e a stigmatizzare ratzingerianamente quella degli scienziati come Montagnier e Vanden Bossche, che alimentano con la loro autorevolezza le convinzioni dei No Vax”. 

Vorrei sommessamente far notare a Casadei che se Montagnier, Malone e Vanden Bossche sono “autorevoli”, come lui stesso riconosce, perché allora li vuole “stigmatizzare ratzingerianamente”? Non è mica colpa loro se portano autorevolmente il loro punto di vista corroborato da dati e ricerche. O devono essere, a prescindere, “autorevolmente” nel torto? E chi lo dice? 

In conclusione del suo articolo, Casadei cita don Giussani (a mio sommesso parere a sproposito). 

Casadei, riferendosi alla frattura venutasi a creare tra i cattolici a causa del vaccino COVID, scrive:

“nelle pagine finali di La coscienza religiosa dell’uomo moderno [don Giussani] scrive: «La presenza del Fatto cristiano sta nell’unità dei credenti. Ecco dunque il metodo proprio di quel fatto per “convertire” il mondo: che questa unità sia resa visibile, dovunque». La pandemia era una grande occasione – purtroppo mancata – per i cristiani di testimoniare al mondo il miracolo dell’unità fra loro in Cristo. Bisognava superare i punti di vista personali, più o meno argomentati, per convergere nella testimonianza dell’unità: vaccinarsi tutti, oppure anche – ovviamente qui ricorro alla figura del paradosso – non vaccinarsi nessuno”.

Caro Rodolfo, l’unità dei cristiani di cui parla don Giussani a me pare essere tutt’altra cosa, essa è la verità della relazione di noi credenti in Cristo, non statica ma dinamica e in continua tensione, ed è ben diversa dalla convergenza, spesso impossibile, di opinioni su posizioni scientifiche-politiche-sanitarie riguardo a questioni eminentemente pratiche, su cui è legittima la diversità di posizione e di opinione. Mi sembra che tu parta da una posizione che vede tutto in bianco o nero, ragione o torto, tutti vaccinati o non tutti vaccinati. Ma non hai mai preso in considerazione l’opzione, che è quella da subito sostenuta su questo blog, che occorra avere un approccio alla materia pandemia-vaccini integrato (vaccini e cure) e mirato (vaccino ad alcune fasce critiche e ad altre no per limitare i rischi)? In un tuo precedente articolo hai menzionato la parola “freevax”, che mi sembra quella più giusta, come mai in questo tuo articolo è completamente scomparsa? Perché si dimentica tanto facilmente il fatto che il pilastro della PRUDENZA in medicina riguardo ai rischi sulla salute presenti e futuri (“primum non nocere”) ci impone di essere cauti nel nostro incedere? Perché si dimentica tanto facilmente che si sta parlando di sieri genici mai utilizzati prima e inoculati su scala planetaria?  

 fonte: https://www.sabinopaciolla.com/vaccini-covid-meno-dogmatismo-e-piu-realismo/

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