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TRUTH

VERBO 3: LA PAROLA CANCELLA LA REALTÀ di Silvana De Mari

Oct 27, 2021

Quando cominciava le sue lezioni San Tommaso mostrava una mela. “ Questa è una mela, – affermava-tutti quelli che non sono d’accordo possono andarsene”. Detto in parole povere si rifiutava di perdere tempo con chi aveva perso la percezione della realtà. Oggi sarebbe trovato gravemente scortese, assolutamente non inclusivo del possibile desiderio della mela di essere pera, del possibile desiderio di qualcuno degli astanti di percepire la mela come pera, ananas (che all’epoca di San Tommaso non era conosciuta ma non si sa mai: c’è un ananas in un mosaico dell’antica Roma), cipolla, sasso, contenitore  l’anima della nonna morta due anni prima e reincarnata.

La parola più importante della realtà, la parola che cancella la realtà. Il politicamente corretto è l’annientamento della realtà, cioè della verità, che è appunto il racconto della realtà. La dicotomia non è più vero o falso. La dicotomia è può offendere qualcuno o no? E nel caso di che colore è la pelle dell’offeso? Se fosse molto chiara possiamo infischiarcene. Magari un bianco, anzi, un caucasico, potrebbe offendersi a vedere le statue degli uomini che hanno fatto la sua storia  abbattute e i libri che ha amato bruciati, ma tanto lui è kattivo a prescindere  e in punizione permanente e quindi è irrilevante. Annientare la realtà è un crimine, per poter essere tollerato prima, e imposto poi, è necessario ammantarlo di compassione umana. Questo è appunto il concetto di buonismo, il male che si ammanta di bene per poterlo trascinare nel baratro. Il rifiuto della realtà, cioè dell’ovvio, non può che accompagnarsi al divieto della verità, ed è quindi un crimine grave, spesso con conseguenze non reversibili, che viene prima tollerato e poi imposto con la scusa di evitare sofferenze a qualcuno. La tragedia del pericolosamente e politicamente corretto è che il principio di cortesia, il timore di offendere, prevale sul principio di realtà, cioè sulla verità. I forti conquistano e opprimono i deboli. Se sono cortesi si limitano a un’oppressione soft ed evitano stermini. Se sono scortesi non seguono queste regole. Tutti i popoli nella storia hanno conquistato e oppresso quando si sono trovati nella condizione di essere più forti. Fanno eccezione alcune popolazioni che sono state protette dall’aggredire e dall’essere aggredite da situazioni geografiche: oceani o montagne impervie che circondale le hanno isolate. Grazie al  cristianesimo che ha ufficializzato il concetto che non è detto che i più forti debbano sempre opprimere più deboli e grazie a organismi internazionali l’oppressione adesso è più raramente politico militare e più facilmente economico finanziaria. Non è detto che il sistema economico finanziario sia sempre più grazioso di quello politico militare, ma almeno non bombardano e non ci sono fosse comuni. Quando bombardano e ci sono fosse comuni lo fanno perché sono buoni: è la cosiddetta guerra preventiva, spettacolare parola per nascondere la realtà di guerre particolarmente mal combattute dopo le quali, dopo aver conquistato gas e oleodotti, l’esercito occupante leva graziosamente le tende  lasciando tutti in braghe  di tela: come successo in Iraq o in Afghanistan.

Il verbo in questo momento nei campus statunitensi, è che la civiltà occidentale è sempre stata criminale e immonda e dovrebbe quindi essere cancellata, tutte le altre un tripudio di fiori e di gentilezza umana.  Nel gennaio del 2020 Yale ha abolito il corso sulla storia dell’arte dal Rinascimento ai giorni nostri. Il direttore del Dipartimento del prestigioso ateneo americano, ha affermato: “Mettere l’arte europea sul piedistallo è problematico”. Queste sono parole, fonemi. Il Mosè di Michelangelo resta il Mosè  di Michelangelo gli studenti americani non conosceranno la sua realtà perché le parole di tale Tim Barringer l’ha nascosta.

Il fatto che la civiltà occidentale debba essere sempre essere stata impeccabile carina, altrimenti non vale nulla, fonde i concetti del politicamente corretto e la mentalità isterica della legge o tutto o nulla: o tutto è sempre magnifico, impeccabile, splendido, o non vale nulla. Da questa forma di isterismo nasce non solo la disastrosa cancel culture, ma anche il più profondo e impalpabile razzismo. Le persone di origine africani asiatiche non sono ritenute abbastanza capaci da affrontare gli eventuali fallimenti di alcuni periodi della loro storia, di elaborarne il lutto, e di trarre le conclusioni su come evitare lo stesso disastro in futuro. Nessun italiano si offende se qualcuno ricorda la caduta dell’impero romano, o gli italiani diventati schiavi dei saraceni. Attualmente gli italiani diventati schiavi dei saraceni non si possono più nominare perché qualcuno potrebbe offendersi a sentirsi descrivere nella parte del cattivo. Non mi sono certo offesa quando in Grecia e in Corsica ho assistito alle cerimonie che festeggiavano la liberazione dagli italiani. Non mi sono offesa, ma mi sono sicuramente rattristata: la mente umana è capace di sopportare la tristezza. La tristezza non è spazzatura. È un’emozione negativa che come tutte le emozioni negative può spingerci a migliorare. Farò tutto quello che posso perché la mia nazione  non cada più in questi deliri. Sui libri di storia in uso in Gran Bretagna mancano completamente le pagine riguardanti il lunghissimo periodo del colonialismo. È un errore grave. In quel periodo sono successi episodi atroci, ma anche episodi semplicemente magnifici: sono stati creati ospedali, scuole, lebbrosari. Le suore della Consolata sono partite da Torino per andare a morire malaria in Tanzania per insegnare bambini che adoravano leggere e scrivere. In Congo la ferocia raggiunta nelle piantagioni è stata inimmaginabile. Il bene e il male fanno parte dell’uomo, quindi della storia. Tutti questi episodi devono essere raccontati. Per le persone di origine africana, come per quelle di origine  europea, è fondamentale avere idee molto chiare sulla propria storia e capire come evitare in futuro di essere di nuovo sconfitti. Come evitare nel presente di essere il nuovo sconfitti. Come imparare a prendere dal passato quello che c’è di buono e conservarlo. Uno dei più tragici episodi di razzismo buonista politicamente corretto si è avuto nello stato dell’Oregon nel febbraio del ‘21: è stato realizzato un corso di aggiornamento per spiegare gli insegnanti che il concetto dell’unicità dei risultati matematica, il fatto che 2 + 2 faccia sempre e solo quattro, potrebbe essere considerato una forma di suprematismo bianco. Il suo tragico libro 1984 lo scrittore George Orwell descrivere l’eroismo di un uomo che si fa massacrare dalla dittatura terrificante per poter affermare che 2 + 2 fa sempre e solo quattro. Ora lo stesso risultato si raggiunge nel timore di offendere qualcuno. Il razzismo intrinseco di tutto questo ha spinto qualcuno nell’Oregon a immaginare che le persone di origine africana  non fossero abbastanza in gamba da capire la matematica, da amarla appassionatamente proprio per la unicità dei suoi risultati, per la costruzione architettonica dei suoi teoremi che hanno la perfezione del movimento delle galassie. La matematica è bellezza, e questi tizi tanto buoni vogliono escluderne una parte della popolazione del pianeta. E, cosa ancora più divertente, ma sicuramente nell’Africa una delle culle. L’osso d’Ishango, ritrovato nell’area delle sorgenti del Nilo (nord est del Congo), presenta delle incisioni che potrebbero indicare una conoscenza della sequenza dei numeri primi è una capacità di calcolo su base 10. Tutto questo risalente a 20.000 anni fa, ben prima dei Sumeri. La verità rende uomini fratelli. Ogni uomo che sa che 2 + 2 fa quattro e che 1,3,5,7, 11:13 sono uomini primi può unirsi agli uomini che hanno la stessa conoscenza. La verità unisce e la menzogna divide. Il politicamente corretto quindi separa gli uomini dagli altri uomini, e li separa dalla verità.

La realtà è che una mela è una mela e 2 + 2 fa quattro. In Congo 20.000 anni fa lo sapevano. Nelle università statunitensi e purtroppo anche in quelle europee sempre più spesso non lo sanno più.

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