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TRUTH

Big fertility, forse qualcuno inizia ad aprire gli occhi

il timone raffaella frullone Jun 16, 2025

di Raffaella Frullone

Quanto si è disposti a pagare per avere un figlio? Cosa si è disposti a fare? Comprare il seme di uno sconosciuto? Pagare per avere degli ovuli non propri? Correre il rischio che possano impiantarti in utero un embrione “sbagliato”? Correre il rischio di dare alla luce un figlio che possa avere fino a 600 fratelli? Sono alcune delle decine di domande che sorgono di fronte al proliferare di “contenuti”, come li chiamano oggi, che corrono sui social in materia di fecondazione artificiale in tute le sue varianti. C’è il video della ragazza single che ha già avuto un figlio grazie alla scienza a Barcellona e ora, per pagare i cicli e cercare di avere un secondo figlio, racconta  di avere ristretto la dieta – sua e del figlio – a solo a patate e uova, c’è il reel della coppia in cui lui spiega con nonchalance che per circa 25 anni ha cercato di evitare con tutti i mezzi di procreare e ora che vorrebbe farlo è fortunato perché la scienza gli consente di agire liberamente, la donna che ha avuto tre figlie con tre tecniche diverse e fa i paragoni spiegando pro e contro e altre decine di contenuti volti a normalizzare questa pratica che in Occidente è diventata un vero e proprio businness.

Qualche giorno fa in Australia è uscita l’ultima stagione del pluripremiato podcast Secrets we keep (i segreti che custodiamo), By Any Means, che si immerge nel far west della provetta raccontando storie, sviscerando dilemmi etici, mettendo sotto i riflettori uno per uno tutti gli aspetti di queste pratiche che troppo spesso, nel dibattito pubblico, finiscono per essere soffocati da un mare di buonismo, sentimentalismo diabetico, pietismo ipocrita che porta a pensare che di fronte ad un desiderio incompiuto, tutto sia dovuto.

Una panoramica dettagliata ricca ed esaustiva di questo fenomeno la offre anche Padre Giorgio Maria Carbone, OP, nel suo “Sterilità e fecondazione in vitro. Tra scienza, tecnica ed etica” edito dalle Edizioni Studio Domenicano. 203 pagine in cui l’autore accompagna chi legge dalla comprensione dei fenomeni della sterilità e  dell’infertilità – sempre più diffuse in Occidente per un insieme di fattori che vanno dallo stile di vita, allo scardinamento del matrimonio e della famiglia, a cause fisiologiche e mediche – ad uno sguardo reale sulla fecondazione in vitro, in cui i “risultati” in termini di “bambino in braccio” sono molto diversi da quanto prospettato a chi inizia il percorso, un dato su tutti, dei 92.407 cicli iniziati in Italia nel 2021 sono nati vivi 15.300 bambini, in cui le complicanze per la donna (quella di cui si vorrebbero “salvaguardare i diritti”) sono sempre più frequenti e gravi, in cui si scoperchia il vaso di pandora su un aspetto più che negato, occultato, censurato ovvero le gravi complicanze cui vanno incontro i bambin nati con queste tecniche: nascite premature, difetti congeniti, cromosomici, rischi neurologici, disturbi cardiaci e vascolari, disturbi metabolici e del sistema immunitario.

Il volume offre poi un ampio spazio alle valutazioni morali attorno alla fecondazione artificiale, mette nero su bianco le ragioni, profondamente umane, prima che cristiane, per rifiutare una pratica che oggettifica la vita umana e mina gravemente l’unione sacra del matrimonio. Il tema è più che mai caldo in questo periodo storico, e nel numero cartaceo del Timone si affronta uno degli aspetti legati alla procreazione assistita, ossia la sorte degli embrioni congelati e abbandonati.

Resta, per Padre Giorgio Carbone, un punto fermo: «Dall’oggettiva necessità di aiutare coppie sterili a superare la sterilità si è passati alla costruzione del mito del “figlio sano, bello e programmato”, garantito con il marchio di qualità dalla più avanzata ricerca biomedica. La produzione del figlio prima e la selezione del figlio perfetto poi costituiscono un passaggio epocale che riguarda tutti perché modificano il modo della generazione umana, il modo in cui ognuno di noi rappresenta il figlio  e se stesso, perché ognuno di noi è figlio». E poi ancora «Nei dibattiti pubblici su questi tempi alcuni invocano il rispetto delle posizioni, delle sensibilità diverse. Ma la prima cosa che esige rispetto è la realtà. Non si tratta di essere fondamentalisti cattolici, ma piuttosto di difendere l’uomo, ogni uomo, fin dalle fasi iniziali della sua vita. Questo non è un privilegio confessionale dei cattolici, ma un’istanza  che ogni persona umana dovrebbe far propria»

FONTE : IL TIMONE

 

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