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CONFRONTO TRA GRAZIA, FEDE E GIUSTIZIA (parte prima)

emanuele sinese libertĂ  e persona May 28, 2025

di Emanuele Sinese

Il 19 maggio 2025 papa Leone XIV prende possesso della Basilica papale di San Paolo fuori le Mura. Nell’omelia il Santo Padre mette in risalto tre elementi portanti dell’esperienza di fede cristiana: la grazia, la fede e la giustizia. 

GRAZIA 

Essa è un dono gratuito che Dio in Cristo profonde mediante lo Spirito Santo. La grazia è la partecipazione attiva alla volontà di Dio. Essa si attua però attraverso dei segni indelebili: i sacramenti. Il Battesimo primo sacramento dell’iniziazione cristiana, oltre ad eliminare il peccato originale e a includere il neofita nella comunità cristiana, inserisce nella grazia. Non è un caso che da esso si sviluppino gli ulteriori sacramenti, quali segni in toto di unione a Dio. Si pensi alla riconciliazione: essa consente all’uomo di comprendere le sue miserie dinnanzi ad un amore così grande come quello di Dio, che però viene mal corrisposto dalle sue creature. In riferimento la Seconda Lettera di San Paolo ai Corinzi 5 – 20 afferma:  

  

Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione.

È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. 

San Paolo riconosce che ai ministri della Chiesa per volontà di Dio è stato affidato il fondamentale, ma anche gravoso compito di assolvere i peccati dell’uomo, tale da ricongiungerlo a Dio. Il sacerdote in persona Christi ascolta, consiglia e assolve chi come lui verte nella condizione di caducità dettata dal peccato. Il presbitero è così testimone oculare della grazia di Cristo che è sempre in circolarità con l’Eucaristia, essenza della vita cristiana. L’Eucaristia è l’alimento agapico che appaga le necessità di verità. E’ farmaco di immortalità come ben chiosava sant’Ireneo di Lione, in quanto anticipazione del banchetto celeste. In relazione all’Eucaristia sant’Agostino pone in risalto il fine per cui Cristo ha assunto la dimensione umana: il Venerdì Santo. Tale giorno indica il rinnovamento ultimo e definitivo della storia, acciocché Cristo, il più sommo di tutti i sacerdoti si dispose a divenire vittima per i nostri peccati. Ogni volta che ci si accosta al banchetto eucaristico, ci si trasforma nel corpo del Signore Gesù. Egli nell’Ultima cena affermò:  

Questo è il mio corpo e allo stesso modo dopo averlo benedetto questo è il mio sangue, della nuova alleanza, che sarà versato per molti.  

Partecipare al banchetto eucaristico indica l’essere preposti ad avere da Lui, somma verità, la vita. Questa unità eucaristica rimanda poi all’unità della Chiesa perché uno solo è il corpo di Cristo ed anche all’unione sponsale tra uomo e donna. Si evince che l’Eucaristia è segno visibile della grazia, affinché chi vi si accosta comprenda e a sua volta divenga Eucaristia vivente. Per essere degni di accostarsi al banchetto eucaristico bisogna allontanarsi anzitempo dai peccati, in particolare mortali ed anche dalle false dottrine. Si richiede dunque un comportamento sapiente. La sapienza non consta nella detenzione di titoli onorifici, ma nell’accettare e riconoscere che Dio attraverso la Vergine Maria è divenuto simile agli uomini in tutto, fuorché il peccato.  

LA GRAZIA SECONDO ORIGENE E CLEMENTE ALESSANDRINO 

Origine nel trattato Sui principi mise in risalto che la grazia di Cristo coopera con il libero arbitrio. Essa si propone, non impone. Chi l’accetta, se vive secondo la Tradizione Apostolica può giungere alla salvezza. Coloro che la rifiutano, oltre a compiere una scelta irrazionale, possono incorrere nella disperazione più totale. A Origene però si pone una critica, in quanto afferma che la grazia è donata anche a Satana e ai suoi angeli. Su tale versante Origene adotta un pensiero inclusivista, dacché Satana a priori ha deciso di scindersi dalla grazia e diniegare la salvezza. Satana e i suoi angeli mai vorranno mutare la loro sorte, dacché sono mossi dalla superbia e dall’odio creaturale verso il creatore. I demoni odiano anche i loro simili, oltre che le anime dannate. Essi sono mossi dall’egoismo e dalla presunzione di voler essere deificati. 

Clemente Alessandrino negli Stromata (trattato teologico) riconosce che la grazia di Dio giunge all’umanità solo mediante il Logos. Il mistero del Natale è un interpello alla coscienza umana, in quanto l’immanenza carnale è l’archè sostanziale della storia, il cui fine ultimo, ma anche primo è la salvezza universale, purché la si voglia. 

L’INTERVENTO DI SAN TOMMASO D’AQUINO 

San Tommaso d’Aquino in riferimento alla grazia anzitutto riconosce che proviene da Dio ed è sorgente di ogni bene. Codesta grazia è l’espressione d’amore che Dio ha per le creature razionali. La razionalità mette in evidenza l’Aquinate è la facoltà che rende l’uomo differente e superiore rispetto agli altri esseri animali. La ragione è capace di comprendere la fede, perché Dio l’ha così precostituita. La ragione per definirsi tale non può essere univoca, ma binomia, quindi aperta alla trascendenza divina. La sola ragione non salva l’uomo, deve essere sempre guidata dalla luce che la grazia di Cristo emana. La grazia fa divenire theosis, ossia assimila la persona in tutta la sua ipostasi e facoltà al creatore. La grazia consente anzitempo all’anima di elevarsi mediante l’ausilio di due tipologie di virtù: cardinali e teologali. Le prime quali la prudenza, la giustizia, la fortezza e temperanza consentono di discernere il bene dal male. Le ultime fede, speranza e carità corroborano l’esperienza di fede, consentendo di comprendere in toto le azioni che Dio ha compiuto. 

LA GRAZIA SECONDO IL MAGISTERO DELLA CHIESA  

Il 3 luglio del 529 a Orange in Francia si tenne il secondo Concilio appunto di Orange. Il suo svolgimento fu reso possibile grazie alla consacrazione di una Chiesa che il governatore della Gallia Narbonense fece erigere. I Padri Conciliari di Orange disputarono a livello teologico della diatriba sulla grazia, originatasi tra sant’Agostino e Pelagio. Agostino sosteneva che l’umanità a causa della superbia e in conseguenza della caduta di Adamo ed Eva era ed è in costante decadimento, perché contaminata dal peccato. Gli uomini sono inetti, quindi incapaci di essere puri come Dio ed ecco la necessità del lavacro umano. Questo lavacro è stato compiuto da Cristo e nessuno potrà a Lui equipararsi, in quanto l’uomo non può da se pervenire alla salvezza. Pelagio (monaco) affermava invece che gli esseri umani nascono in stato di innocenza e non con la natura perversa dal peccato. Secondo Pelagio Dio creando l’uomo ha dato a lui la capacità di non peccare. Il monaco proferisce affermazioni eretiche e nega la liceità del Battesimo, il cui primo obbiettivo è l’annientamento della colpa antica. In circolarità inoltre elimina il Sacramento della Riconciliazione, sminuendo così il sacrificio della croce, quale evento storico kerygmatio. Pelagio si è macchiato di autoreferenzialismo, in quanto ha reputato l’uomo dio di se stesso. Il monaco ha adottato un pensiero relativista, mutando la fattività del Depositum Fidei su presupposti soggettivi. Il Concilio di Orange reputerà infatti vera la dottrina agostiniana in relazione alla grazia e falso il modello pelagiano.  

LA GRAZIA SECONDO IL CONCILIO DI TRENTO 

Avendo già redatto articoli al tempo (dal blog si possono leggere) anche in riferimento alla grazia, richiamo ancora una volta l’attenzione sul libero arbitrio. Il libero arbitrio consta nell’attitudine a realizzare i propri propositi, ma prima ancora a scindere il bene dal male. San Paolo in riferimento nella lettera ai Romani 7, 1 – 25 redige così: 

C’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.  

Dio è colui che volendo innalzare l’uomo a se lo conduce verso atti buoni, pur rispettando la volontà del soggetto di perdersi. Tommaso d’Aquino definisce il libero arbitrio in correlazione alla predestinazione, perché sia la libertà umana, che la grazia hanno come causa Dio. L’uomo è così dotato di sinderesi che a livello morale, gli consente di disporsi al bene e alla conoscenza di tale bene. Chi resiste alla grazia, verte in una condizione di esistenza passiva.  

LA DIMENSIONE MARIOLOGICA DELLA GRAZIA 

Uno dei molteplici titoli attribuibili alla Vergine Maria è mediatrice di tutte le grazie. Maria pur essendo una creatura come le altre, ma superiore alle altre perché non violata, quindi non toccata dal peccato, per azione trinitaria può all’umanità devolvere le grazie che essa richiede, ecco perché in Maria le si può attribuire anche il titolo di avvocata, quindi di colei che per volere di Cristo interviene a favore delle creature. Nell’enciclica Iucunda Super Expectatione dell’8 settembre 1894 papa Leone XIII indicò Maria così: 

Il fatto di implorare l’aiuto di Maria con la preghiera trova il suo sicuro fondamento nel compito che esercita incessantemente, presso Dio, di procurarci la divina grazia. Ella, infatti, per dignità e per meriti è a lui sommamente accetta e ha un potere notevolmente superiore a tutti gli Angeli e Santi. Questo ufficio non si manifesta, in modo tanto evidente, in nessun’altra preghiera come nel Rosario. Venerabili Fratelli, Dio, che con somma benevolenza ci donò una così grande Mediatrice’, e che “volle farci avere ogni bene per mezzo di Maria, con la sua intercessione e il suo favore assecondi i nostri desideri e ci riempia di speranza. 

Maria va sempre compresa nell’ottica cristologica della fede e mai scissa dal Redentore. Ella rimane sempre la seguace del Nazareno e Lui non la si può anteporre. E’ una creatura superiore, ma umile come ricorda il Magnificat. La recita del Santo Rosario pone infatti in risalto elementi di suddetta pratica e la contemplazione dell’intera vita di Cristo in correlazione a Maria.  

La posizione del Catechismo della Chiesa Cattolica 

Al n° 2022 il Catechismo ribadisce: la grazia risponde alle profonde aspirazioni della libertà umana, la invita a cooperare con essa e la perfeziona. 

Al n° 2023 conferma: la grazia santificante è il dono gratuito che Dio ci fa della sua vita, infusa dallo Spirito Santo nella nostra anima per guarirla dal peccato e santificarla.  

La grazia santificante era già un dono che Dio aveva realizzato per l’antico Israele. Nei racconti veterotestamentari la grazia viene affermata come una sorta di benignità di Dio riversata agli uomini. Codesta benevolenza, che indica la misericordia è riportata dal libro della Lamentazioni al cap. 3, 22 e in Genesi 33, 8 e seguenti. L’Antico Testamento fa comunque trasparire che talune persone hanno trovato grazia presso Dio: si pensi a Noè, Mosè e Davide quali suoi particolari annunciatori.

FONTE : Libertà e Persona

 

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