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Excusatio non petita di Avvenire sulla 194

costanza miriano provita e famiglia vita e bioetica May 24, 2022

di Costanza Miriano

Ci siamo detti che era fondamentale – per chi poteva – essere presenti alla Manifestazione per la vita, al di là dei distinguo e delle sottolineature. Insomma, prima riaffermiamo l’ovvio, restiamo uniti almeno sui fondamentali, poi ci meniamo a parte, dopo, quando sarà il momento di evidenziare le diverse sensibilità. Certo non mi aspettavo che il primo a cominciare a mettere i puntini sulle i sarebbe stato, e proprio il giorno dopo, addirittura Avvenire, il giornale dei vescovi, che nonostante le ferme parole di condanna dell’aborto da parte del Papa ha sentito il bisogno di affiancare all’articolo sulla manifestazione – diciamo non grondante entusiasmo – un boxino di spalla, come si dice in gergo, per sostenere che “il vero spirito della legge 194” era tutto sommato buono, e che l’aborto è un diritto, anche se concede che “prima di tutto è una scelta drammatica ed estrema”, bontà sua.

Io mi chiedo: PERCHE’? Perché questo bisogno di inseguire il mondo, di sottolineare che per carità noi cattolici siamo “buoni”, noi non siamo “quelli di destra”, per carità, noi siamo al passo coi tempi, e non ci sogniamo di mettere in discussione questa conquista? Di cosa abbiamo paura? Perché sempre questo modo politico di ragionare? La legge 194 in Italia non è in discussione, e aggiungo purtroppo: non so se seguiremo con qualche decennio di ritardo – come abbiamo sempre fatto – l’onda americana, e il discorso si potrà riaprire anche da noi, ma per il momento non se ne parla. Che bisogno c’era di sottolineare che la 194 sarebbe una buona legge? Sembra che una parte della Chiesa soffra di una sorta di complesso di inferiorità verso il mondo o, ancora più paradossale, verso qualche giornale.

Se lo spirito della legge fosse buono, non ci sarebbe stato bisogno di bugie per farla accettare culturalmente. Invece in tutto il mondo le leggi sull’aborto sono state approvate a suon di falsità: la storia della sentenza Roe-Wade era una bugia, non c’era nessuno stupro dietro l’aborto, la storia raccontata per commuovere l’America sulle sorti di una povera ragazza violentata era falsa, un enorme raggiro. Le attiviste italiane, quelle che facevano aborti in casa con le pompe di bicicletta, hanno gonfiato in modo surreale i dati sugli aborti clandestini, parlando di un numero di donne morte che non si avvicinava neanche alla realtà (e poi è uno strano modo di preoccuparsi dei morti, quello di procurare altre vittime: grazie alla 194 sono morti dal ’78 sei milioni di bambini). L’altra balla è stata quella della diossina di Seveso (anche qui strano modo di preoccuparsi dei bambini malformati, uccidendoli): le donne sono state indotte ad abortire con l’idea che sarebbero nati bambini deformi, in pieno ossequio alla “cultura dello scarto”.

Lo spirito della legge è pessimo, prevede che la vita del bambino sia a discrezione della madre, lo dice l’articolo 4, formulato in modo volutamente vago: basta che una donna affermi che la nascita del bambino turberebbe il suo equilibrio, e può abortire, anzi, non c’è bisogno che affermi proprio nulla. Esercita un suo diritto. Per non parlare delle pillole abortive, più facili di un antinfiammatorio da ottenere.

Affermare che ci siano due diritti sullo stesso piano, come fa il solerte boxino di spalla è esattamente la posizione di un non credente, che crede che la vita siamo noi a darla. Come sappiamo bene noi non diamo proprio nulla, né a noi stessi né ai nostri eventuali figli, la vita è un bene indisponibile sempre.

I casi in cui è davvero a tema la tutela della vita della madre sono un’eccezione rarissima: ci sarà qualche caso, ma io conosco solo Gianna Beretta Molla e Chiara Corbella Petrillo che sono state messe davanti alla “scelta drammatica ed estrema”, come la chiama Avvenire. La Chiesa non pretende da tutte le donne il loro stesso eroismo (soprattutto quando ci sono bambini già nati da custodire), anche se lo sottolinea come è giusto che sia. In tutti gli altri casi, la vita del bambino non può essere mai neppure in discussione.

So bene che gli stessi che affermano che la scelta è un diritto hanno molto aiutato per esempio i Centri di Aiuto alla Vita che, con tante altre persone di buona volontà, hanno salvato tantissimi bambini. So bene che dire no alla 194 non basta, e a volte è un’inutile sottolineatura che crea solo divisioni e non risolve niente.

Ma, torno alla domanda iniziale, c’era bisogno di affrettarsi a ribadire questa cosa, subito, il giorno dopo la Marcia, quando nessuno, purtroppo, la sta mettendo in discussione? Di che abbiamo paura? Non abbiamo ancora capito che quando noi cerchiamo di piacere al mondo, ossequiandolo, non serviamo più a niente, non annunciamo più nulla, non siamo più incisivi sulla realtà? O come direbbe un mio caro amico frate, arriviamo sempre a saldi finiti?

 

 

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