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Il Beato Carlo Acutis, tra dono e sviluppo umano integrale

beato carlo acutis il timone yuri buono Feb 03, 2024

di Yuri Buono

«L’amore – quello vero – è ben più che rispetto: è dono, gratuità, sensibilità». Sono queste le parole che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha riservato ai giovani, nel tradizionale discorso di fine anno, per spiegare il concetto dell’amore vero. Il dono, quante volte abbiamo sentito questa parola e perché resta così difficile da mettere in pratica? Forse perché siamo solo esseri umani e, come tali, fallibili e legati a un’idea di convenienza che permea tutta la nostra esistenza. Il dono, invece, presuppone di dover perdere qualcosa, di regalare qualcosa di nostro senza la certezza di riceverlo in cambio e, diciamoci la verità, tutto questo appare assurdo agli occhi dell’uomo moderno.

Ecco, però, che ci viene in soccorso Benedetto XVI con la sua enciclica Caritas in Veritate nella quale, riprendendo la Populorum Progressio di Paolo VI, afferma che «È la verità originaria dell’amore di Dio, grazia a noi donata, che apre la nostra vita al dono e rende possibile sperare in uno “sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini” […] Il dono per sua natura oltrepassa il merito, la sua regola è l’eccedenza». Ecco come poter spiegare ai giovani l’essenza del dono; esso prende vita dall’Amore per eccellenza, dalla consapevolezza della Verità che ritempra il cuore e che apre al dono.  Ed è forse di esempi che i giovani hanno bisogno; di qualcuno che ce l’ha fatta, come il Beato Carlo Acutis, morto a soli 15 anni, ma che nella sua breve esistenza è riuscito a “donare” molto.

Non a caso Mons. Sorrentino nelle sue parole mette in luce proprio questo: «Mi auguro che la sua beatificazione possa farne ancor più un punto di riferimento e un incoraggiamento alla santità. Essa è vocazione per tutti. Anche per i giovani» e gli fa eco il card. Vallini parlando di «una vita luminosa tutta donata agli altri». Chi meglio di un giovane potrebbe parlare ai giovani? Un ragazzo di soli quindici anni che pregava e si comunicava, convinto che l’Eucaristia fosse la sua «autostrada per il cielo» e che considerava la vita come «[…] un dono perché finché siamo su questo pianeta possiamo aumentare il nostro livello di carità».

Carlo era solo un ragazzo, sì, ma pienamente maturo; amava internet, lo usava per diffondere il Vangelo e non si disperava per la sua morte imminente perché aveva vissuto la sua vita «senza sciupare neanche un minuto di essa in cose che non piacciono a Dio». Possiamo affermare che Carlo Acutis, non solo è stato un esempio di santità, ma anche di umanità, mostrando al mondo come si dovrebbe vivere per essere pienamente integrati nella realtà: amare Dio, se stessi e il prossimo. Non a caso lo sviluppo umano integrale è stato sempre un tema caro alla Dottrina Sociale della Chiesa, proprio perché un vero sviluppo umano non ha a che fare solo con l’economia, con le condizioni di vita, di salute e di ambiente, ma guarda prima di tutto all’anima, a Dio e a quel “dono” in grado di dare senso alla vita di ognuno di noi.

Se Papa Paolo VI nella Populorum Progressio del 1967 guarda necessariamente allo sviluppo dei popoli, nella Caritas in Veritate, del 2009, Benedetto XVI va oltre, partendo dall’idea di sviluppo del suo predecessore, ma concentrandosi maggiormente su quello umano, cesellando la sua opera magisteriale con un pensiero che parla direttamente al cuore: «La fedeltà all’uomo esige la fedeltà alla verità che, sola, è garanzia di libertà (cfr Gv 8, 32) e della possibilità di uno sviluppo umano integrale. […] Il tema dello sviluppo dei popoli è legato intimamente a quello dello sviluppo di ogni singolo uomo. […] Non si tratta di uno sviluppo garantito da meccanismi naturali […] Non si tratta nemmeno di uno sviluppo in balìa del nostro capriccio, in quanto tutti sappiamo di essere dono e non risultato di autogenerazione. […] Non solo le altre persone sono indisponibili, ma anche noi lo siamo a noi stessi. Lo sviluppo della persona si degrada, se essa pretende di essere l’unica produttrice di se stessa. Analogamente, lo sviluppo dei popoli degenera se l’umanità ritiene di potersi ri-creare avvalendosi dei “prodigi” della tecnologia. […] Davanti a questa pretesa prometeica, dobbiamo irrobustire l’amore per una libertà non arbitraria, ma resa veramente umana dal riconoscimento del bene che la precede. Occorre, a tal fine, che l’uomo rientri in se stesso per riconoscere le fondamentali norme della legge morale naturale che Dio ha inscritto nel suo cuore».

“Fedeltà alla verità”, “garanzia di libertà”, “rientrare in se stesso”, “legge morale naturale”, Benedetto XVI ha descritto in maniera perfetta le cause della crisi dell’uomo moderno che è “fedele” a tutto tranne che alla verità, vive “fuori” da se stesso, seguendo una legge positiva che il più delle volte contraddice quella naturale, perdendo, di fatto, la libertà di donarsi, di amare e, in definitiva, di dare un senso alla propria esistenza. Ecco perché, oggi più che mai, l’esempio di Carlo Acutis – il primo millenial a diventare Beato – può essere prezioso per i giovani, proprio perché se da un lato la sua vita è stata un dono, è pur vero che è lui stesso a spiegarci com’è riuscito a far sì che ciò avvenisse: andare alla fonte dell’Amore.

Egli, infatti, era solito ripetere «quando ci si mette di fronte al sole ci si abbronza, ma quando ci si mette dinnanzi a Gesù Eucaristia si diventa santi», tracciando con l’esempio la strada maestra da seguire per essere in grado di donarsi senza remore, per raggiungere quello sviluppo integrale della persona, fatta di corpo e anima. E quando l’anima si piega ai voleri del mondo è lì che cede alla tristezza, che apre la porta all’egoismo e che “trova spazio” il vuoto esistenziale così diffuso oggi tra i giovani del nostro tempo e che si cerca di combattere vivendo «etsi Deus non daretur», perché così ci si sente accettati da una società che propaganda l’anticonformismo, ma che nei fatti ti rende solo schiavo del pensiero unico. Ecco perché l’esempio del Beato Carlo Acutis, può diventare quel sale che serve ai nostri giovani per dare sapore alla propria vita, perché come lui stesso amava ripetere: «Tutti nasciamo originali, molti moriamo fotocopie».

(Fonte foto: Screenshot, YouTube, Maria Vision Italia)

FONTE : IL TIMONE

 

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