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L’ultima parola è di Dio: la storia di Nicole e Austin

national catholic register universitari per la vita vita e bioetica Jan 03, 2024

di Universitari per la Vita

Nicole LeBlanc ha condiviso sul National Catholic Register la sua esperienza di maternità: madre di due gemelle siamesi, che sono vissute appena 90 minuti dopo il parto, afferma con decisione che non bisogna avere paura di dare la vita, perché l’ultima parola non è mai degli uomini, ma appartiene a Dio.

Segue la traduzione dell’articolo scritto da Nicole.

Ogni vita umana – incluse quelle non ancora venute alla luce – è sacra e insostituibile, non importano le circostanze, le diagnosi o le opinioni che la accompagnano.

Io sono sempre stata fedele a questa verità fondamentale, ma, quando sono rimasta incinta di due gemelle siamesi, ho sperimentato personalmente quanto invece le loro vite fossero drammaticamente svalutate da parte di migliaia di persone – inclusi professionisti sanitari e utenti dei social network. È stata un’esperienza trasformante per me.

Essendo una sposa del periodo COVID, ero abituata agli imprevisti, come riprogrammare appuntamenti e trovare all’ultimo minuto i fornitori. Nonostante le sfide, io e mio marito abbiamo combattuto per il nostro matrimonio cattolico ideale, e lo abbiamo avuto.

Quella esperienza ha rafforzato la nostra fede nel fatto che Dio poteva continuare a provvedere per noi mentre cercavamo di realizzare il nostro sogno di diventare genitori.

Eravamo provati dai numerosi test negativi, ma questo ci ha spinto a intensificare le nostre preghiere, supplicando Dio di concederci un dono così prezioso.

Finalmente è apparsa la tanto desiderata seconda linea rosa, accompagnata però da una forte nausea. Nonostante l’entusiasmo legato al tanto atteso concepimento, la grande debolezza e la perdita di peso mi fecero capire che non tutto stava procedendo per il meglio.

Durante un’ecografia alla settima settimana, le infermiere e i dottori si mostrarono perplessi, incerti su quello che stavano vedendo sullo schermo. Ci rimandarono a casa suggerendoci di tornare alla tredicesima settimana. Ma intorno alla decima settimana, un dolore addominale lancinante mi portò dritta al pronto soccorso. Lì i dottori ci diedero la notizia più inaspettata della nostra vita. «Sei incinta, di due gemelli». E si fermò.

Io e mio marito durante quella pausa ridemmo increduli, felici di questa notizia.

«Ma sono gemelli speciali, perché sono siamesi. Condividono il cuore, il diaframma e il fegato».

Rimanemmo di sasso. Austin, confuso, chiese chiarimenti al dottore, che confermò ciò che avevamo appena ascoltato.

Le nostre gemelle erano fuse insieme, e la loro prognosi era morte inevitabile.

Volevamo evitare che ci fosse consigliato di abortire, perciò andammo in un ospedale cristiano. Ma anche qui ci fu subdolamente raccomandato l’aborto. «Sappiamo dove potete occuparvi di questo problema» ci ripeterono più volte, senza dire esplicitamente ciò che significava quella frase. Perché ogni dottore che vedevo, dopo aver saputo che aspettavo due gemelli, mi chiedeva immediatamente dopo se volevo sbarazzarmene?

Dopo aver chiarito che avremmo difeso la vita delle nostre figlie, i dottori cominciarono a spiegare dettagliatamente i pericoli della mia gravidanza ad alto rischio: «Le possibilità di un aborto spontaneo sono maggiori di quelle di far nascere le bambine. E anche se si riuscisse a farle nascere, le bambine sopravviverebbero al massimo per un’ora. Con una gravidanza ad alto rischio, e un solo sacco amniotico, sarà necessario un taglio cesareo. Facendo questo, il tuo fianco potrebbe squarciarsi e potresti morire dissanguata».

Ma in tutto questo trambusto, una voce calma si fece strada, e io riconobbi che si trattava del Creatore delle nostre figlie: «Provvederò io».

Austin e io abbiamo scelto i loro nomi – Maria Therese e Rachel Clare – in modo da stabilire con loro una relazione per quanto possibile.

Contrariamente alle previsioni dei dottori, non ho avuto un aborto spontaneo, ma ogni giorno mi sono svegliata angosciata e impaurita che potesse succedere. Abbiamo cercato altri casi di gemelli siamesi ai quali fosse stata data la possibilità di vivere; ma durante le nostre ricerche abbiamo trovato solo le foto terribili di quelli che erano stati abortiti.

Abbiamo condiviso la nostra storia sui social, e abbiamo sperimentato una valanga di rabbia e odio da parte degli altri utenti, che sostenevano che stessimo torturando le nostre figlie custodendo la loro esistenza.

Al controllo della trentunesima settimana, i dottori hanno scoperto che il cuore delle bimbe si stava indebolendo, e che sarebbe stato necessario un cesareo nei giorni seguenti. Consapevole dei rischi, mi sono confessata, e abbiamo chiamato un sacerdote che assistesse all’operazione.

La nostra fede in Dio ci ha sostenuto. Non riesco ad immaginare cosa avremmo fatto senza la nostra fede a tenerci saldi.

Le nostre meravigliose bambine nacquero e ricevettero immediatamente il Battesimo e la Cresima. Riuscimmo entrambi a tenerle in braccio e coccolarle e abbiamo perfino sentito Maria Therese piangere – il più bel suono che abbia mai ascoltato in vita mia.

Dopo quasi 90 minuti dalla nascita, le nostre figlie presero un grande respiro assieme e lo emisero per l’ultima volta tra le braccia di Austin.

Mi sento immensamente benedetta per aver avuto la possibilità di portare in grembo le nostre preziose figlie. Erano due belle, preziose anime – bimbe create con amore e sapienza dal Signore – che hanno sperimentato il meraviglioso dono della vita, anche se per poco tempo.

Il nostro viaggio con loro ha reso estremamente chiaro un fatto: Dio ha sempre l’ultima parola, non i dottori, e nemmeno i conoscenti. Tutto ciò che è accaduto con le nostre bimbe è stato inaspettato: sono sopravvissute per più di un’ora, e la mia gravidanza e il mio parto non hanno avuto complicanze.

Pregavamo per un figlio, e Dio ce ne ha mandate due. Ancora oggi le nostre figlie ispirano me ed Austin un desiderio ardente di condividere la verità sulla loro dignità di esseri umani. Le loro vite ci hanno toccato, e hanno colpito anche gli operatori sanitari testimoni dei loro pochi respiri su questa Terra. Sono diventate il mio più grande amore, che onorerò per sempre.

Fonte: National Catholic Register

 

 

 

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