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Leone XIV e la Dottrina sociale della Chiesa

osservatorio card. van thuĂąn silvio brachetta May 16, 2025

di Silvio Brachetta

Dopo un breve Conclave e un suffragio vicino all’unanimità [qui] i cardinali hanno eletto al soglio pontificio lo statunitense Robert Francis Prevost. Ma la sorpresa – e il relativo consenso che si sta formando attorno alla sua persona – è tutta nel nome che il Papa si è dato: Leone XIV. Più che un nome è un programma, come lui stesso ha confermato nel suo primo discorso al Collegio cardinalizio [qui]. Tra le «diverse ragioni» che lo hanno portato alla scelta, c’è proprio quella di riprendere e sviluppare le questioni care al Pontefice Leone XIII (1810-1903), che pose le fondamenta della rinata Dottrina sociale della Chiesa.

Leone XIV, parlando ai cardinali, ha detto che il suo predecessore Leone XIII «con la storica Enciclica Rerum Novarum [del 1891], affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale». In modo simile, «oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di Dottrina sociale, per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro».

È notevole un’intuizione di questa portata, che porta di colpo la Chiesa a considerare la realtà di una «questione sociale» – e di una crisi, in generale – assai più grave e virulenta di quella scoppiata più di un secolo fa. Leone XIV, che pure afferma di voler raccogliere l’eredità di Papa Francesco, sembra porre tuttavia al centro del suo programma pontificale non più soltanto il fenomeno delle migrazioni, o la ricerca di una soluzione alle guerre, o la questione ecologica, ma tutto quello che sta a monte di questi gravi mali odierni.

Quello che sta a monte di ogni malessere globale è sempre la crescente insofferenza non tanto delle masse, ma del singolo individuo, perché assumendo l’universale e mortificando il particolare si cade nell’astrattezza. E quali sono oggi i mali che l’individuo è costretto a sopportare? Per rispondere è necessario calarsi nella realtà e abbandonare le utopie: il vecchio capitalista della Rerum Novarum ce lo ritroviamo oggi a gestire spesso catene industriali o commerciali diffuse in tutto il mondo, oppure a speculare nel mondo della finanza creativa. Il vecchio proletario, nel frattempo, è diventato schiavo di un sistema del lavoro di tipo kafkiano.

L’odio di classe si è trasformato in disinteresse. L’indifferenza tra poveri e ricchi è divenuta rassegnazione e se, da una parte, quasi nessuno reclama più rivoluzioni socialiste, dall’altra non c’è di certo l’amore, a motivo dell’ateismo e del sincretismo religioso che sono andati diffondendosi senza misura. Resistono piccole imprese virtuose, vessate dal fisco, in cui il datore di lavoro è in relazione d’amicizia con i dipendenti, quasi fino alla familiarità dei rapporti – ma il collante sembra essere, più che l’esplosione della carità trinitaria, il semplice bisogno di non chiudere.

E, su questo punto, Leone XIV pare essere stato illuminato da una seconda intuizione: rimettere al centro Gesù Cristo. Il giorno prima d’incontrarsi con i cardinali, infatti, il Papa ha celebrato la Santa Messa pro Ecclesia [qui], durante la quale, nell’omelia, ha ribadito la centralità di Cristo come «unico Salvatore». Egli – ha detto il Papa – ha mostrato al mondo «un modello di umanità santa che tutti possiamo imitare, insieme alla promessa di un destino eterno che invece supera ogni nostro limite e capacità».

Lo stile di Leone XIV, oggettivamente, è del tutto peculiare rispetto ad altri pontificati. Ed è questo elemento a generare l’interesse che si sta creando attorno a questo Papa. Tutta l’omelia è stata pronunciata in riferimento a Cristo. Persino Pietro – altro grande protagonista del pronunciamento di Prevost – è quasi scomparso alla presenza del Signore. Il Papa ha detto di avere la medesima vocazione di Pietro, ovvero l’annichilimento di fronte al suo Dio. La vocazione di Pietro, cioè, dev’essere «un impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità: sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato». 

Queste parole sembrano ribaltare tutta la dialettica che ha portato alla «svolta antropologica» del Novecento e, sulla bocca di un Pontefice, risultano piacevolmente sorprendenti. Va inoltre considerata un’altra grande differenza tra la società in cui visse e operò Leone XIII e la società attuale: mentre il mondo occidentale tra Otto e Novecento era ancora ispirato in larga parte al cristianesimo, oggi non c’è più nulla che possa contrastare l’odio tra i singoli e tra le nazioni.

Non è più solo una questione di povertà e ricchezza o di capitalismo e proletariato. Manca la Signoria sociale di Cristo e, in questo quadro, le nazioni stanno impazzendo. Guerra o questione ecologica – come pure migrazioni o scontri di tipo etnico – sono solo conseguenze di un male ben più profondo, che durante il pontificato precedente non è stato valutato a sufficienza.

Leone XIV, parlando ai cardinali, tra le priorità dell’azione della Chiesa ha riproposto le iniziative che Papa Francesco espresse nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, mettendone due al primo posto: «il ritorno al primato di Cristo nell’annuncio» e «la conversione missionaria di tutta la comunità cristiana». Leone XIV ha poi elencato altre priorità che però fanno problema, se non incanalate nel solco che seppero tracciare Giovanni Paolo II e Benedetto XVI: «la crescita nella collegialità e nella sinodalità» e «il dialogo coraggioso e fiducioso con il mondo contemporaneo nelle sue varie componenti e realtà».

Non è stato chiarito che nel primo caso il pericolo è la rinuncia alla verità, sacrificata nella ricerca di un accordo di compromesso. Nel secondo, il dialogo può degenerare nel sincretismo religioso e nel relativismo. Sta solo nelle attitudini di un Pontefice arginare questi pesanti ostacoli alla centralità di Cristo e all’evangelizzazione. Per ora, comunque, non sembrano essere urgenze altre questioni su cui Papa Francesco ha costruito il suo pontificato e che sono affini alla collegialità e al dialogo senza condizioni: sostegno acritico alla democrazia e lotta al proselitismo religioso.

Silvio Brachetta

(Foto: Papa Leone XIV, Di Travelervat – Opera propria, CC0, wikimedia)

FONTE : Osservatorio Card. Van Thuan

 

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