QUESTIONI ESCATOLOGICHE
May 21, 2025
di Emanuele Sinese
INFERNO

Si ribadisce che già nel giudaismo il pensiero della dannazione era già presente. Esso ricorre in modo costante negli insegnamenti di Gesù, riportati dagli evangelisti. Matteo (25,41) in riferimento scrive:
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.
A volte per una errata comprensione della dottrina della misericordia, si elude volontariamente e totalmente l’inferno. Cosa accade quindi? Anzitutto si ribadisce che l’inferno è stato creato dall’angelo decaduto e Dio ha permesso che suddetto luogo esistesse perché rispetta la libertà delle sue creature, accettando anche che esse si dannino per l’eternità. Ogni cristiano quindi, pervaso dalla serietà dell’esperienza di fede, dovrebbe essere consapevole dell’esistenza dello Sheol. L’inferno non sminuisce il valore salvifico della croce, in quanto Cristo ha annientato l’antico tentatore, pur rispettando la libertà dell’uomo, di conseguenza la possibilità di perdersi. In riferimento l’evento cristologico tiene conto di due aspetti differenti:
1. Dio soffre e muore: il male per Dio non è irreale, il Figlio infatti nell’unica ipostasi con due nature in relazione tra loro ha patito l’atrocità umana. Dal versante umano Cristo ha certamente sofferto nel fisico come nello spirito l’inflizione. Dal versante divino, Cristo era conscio che nella storia volontariamente taluni uomini si sarebbero volontariamente diseredati dal prezioso legato che Egli ha riaperto con l’evento della croce.
2. Il Venerdì Santo è un giorno effettivo e reale, perché Lui entra nel cuore dei peccatori, nella loro libertà per redimerli. In cosa consta la libertà umana? Nell’assimilarsi a Dio! Tale assimilazione non è scevra da incomprensioni e sofferenze, si pensi alla lunga schiera dei Santi che formano la Chiesa. Ognuno di loro ha spinto per rendere testimonianza alla verità. Esempi eclatanti sono le innumerevoli schiere dei martiri, ma anche di ulteriori Santi come Giovanni della Croce e Teresa di Lisieux ad esempio. Questi ultimi, come Cristo stesso, sono discesi nella notte oscura, prima di assurgere alla luce pasquale, tali da condurre così anime a Dio. La misericordia è realtà di fede che gioisce, ma anche geme perché, se smarrisce l’archè, è destinata alla dissoluzione, anche eterna.
PURGATORIO
La dottrina del Purgatorio è fortemente contrastata soprattutto con l’intervento del monaco agostiniano Martin Lutero il quale effettuando un’ermeneutica personalista della Sacra Scrittura ha affermato che tale luogo/ stato non esiste, in quanto non presente nei testi sacri. La posizione di Lutero è errata perché già San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi cap. 3, 15 chiosa:
Ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco.
Paolo mette in risalto la presenza del Purgatorio, in quanto le anime che muoiono in peccato veniale, pur essendo avvolte dalla grazia, necessitano di essere ulteriormente purificate, perché per giungere nella pienezza del regno, bisogna essere scevri da qualsiasi attaccamento materiale, che può porre in dissonanza dal divino. Il fuoco del Purgatorio pur essendo lo stesso dell’inferno è transitorio, anche perché le anime della Chiesa paziente bramano e anelano di voler giungere a Dio.
In che contesto è stato coniato il termine Purgatorio?
Fu Pietro di Comestore nel 1179 cancelliere della Chiesa di Parigi, nonché docente presso le scuole teologiche parigine a coniare il termine purgatorium, per descrivere il luogo di purificazione ove le anime non ancora del tutto mondo esigono depurazione. In successione San Tommaso d’Aquino tratta nella Summa Theologiae del Purgatorio rifacendosi alla Sacra Scrittura, con precisione al Secondo Libro dei Maccabei cap. 12, 46 ove l’autore redige:
Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato.
Giasone di Cirene autore del Secondo Libro dei Maccabei ribadisce l’importanza di offrire suppliche per le anime dei defunti, affinché vengano mondate dalle impurità dei peccati. L’Aquinate seguendo siffatto esempio anzitutto afferma che il Purgatorio esiste ed è il luogo in cui le anime vengono trapassate dal fuoco prima di accedere alla Beatitudine Perfetta. San Tommaso inoltre precisa che bisogna offrire sacrifici eucaristici per le anime della Chiesa purgante, le quali sono certamente membra del corpo mistico di Cristo perché in vita hanno accettato la Rivelazione, non a caso il Dottore Angelico le definisce parti della sposa di Cristo. Esse pur non accedendo ancora alla perfezione della grazia, hanno comunque in sé la carità di Dio.
PURGATORIO E MAGISTERO DELLA CHIESA

Fu il Concilio di Lione II (1274) al quale parteciparono anche i Vescovi della Chiesa Ortodossa a proclamare la dottrina del Purgatorio. I Padri Conciliari scrissero:
Se coloro che fanno sinceramente penitenza sono deceduti nella carità prima di aver pagato la pena con degni frutti di penitenza a seguito di cose fatte o di cose omesse: le loro anime sono purificate dopo la morte, così come ci ha chiaramente esposto frate Giovanni [Parastron, OFM], con pene che lavano e purificano; e a sollevarli da tali pene giovano loro i suffragi dei fedeli viventi, vale a dire i sacrifici delle messe, le preghiere, le elemosine e gli altri esercizi di pietà che sono soliti farsi, secondo le indicazioni della Chiesa, da dei fedeli a vantaggio di altri fedeli.
Si evincono due elementi della dottrina cattolica:
1. Esistenza di una purificazione
2. Utilità per esse delle preghiere e delle opere offerte dai viventi a loro beneficio.
Eugenio vescovo e servo dei servi di Dio nella VI sessione del Concilio di Firenze (1439) sempre in relazione al Purgatorio oltre a riconoscerlo come verità di fede definì:
Inoltre definiamo che le anime dei veri penitenti, morti nell’amore di Dio prima di aver soddisfatto con degni frutti di penitenza ciò che hanno commesso o omesso, sono purificate dopo la morte con le pene del purgatorio e che riceveranno un sollievo da queste pene, mediante suffragi dei fedeli viventi, come il sacrificio della messa, le preghiere, le elemosine e le altre pratiche di pietà, che i fedeli sono soliti offrire per gli altri fedeli, secondo le disposizioni della chiesa.
Papa Eugenio IV ribadisce parimenti come il Concilio di Lione II tra le molte pratiche, prima di tutto la Santa Eucaristia. Essa è la primaria forma di carità, l’essenza della fede cristiana, la massima unione con Dio. Sulla stessa lunghezza d’onda ribadì il XXV decreto sul Purgatorio redatto nello svolgimento del Concilio di Trento tra il 3 e il 4 dicembre 1563:
Poiché la Chiesa cattolica, istruita dallo Spirito santo, conforme alle sacre scritture e all’antica tradizione, ha insegnato nei sacri concili, e recentissimamente in questo Concilio ecumenico (403), che il purgatorio esiste e che le anime lì tenute possono essere aiutate dai suffragi dei fedeli e in modo particolarissimo col santo sacrificio dell’altare, il santo Sinodo comanda ai vescovi che con diligenza facciano in modo che la sana dottrina sul purgatorio, quale è stata trasmessa dai santi padri e dai sacri concili (404), sia creduta, ritenuta, insegnata e predicata dappertutto. Nelle prediche rivolte al popolo meno istruito, si evitino le questioni più difficili e più sottili, che non servono all’edificazione, e da cui, per lo più, non c’è alcun frutto per la pietà. Così pure non permettano che si diffondano e si trattino dottrine incerte o che possano presentare apparenze di falsità. Proibiscano, inoltre, come scandali e inciampi per i fedeli, quelle questioni che servono (solo) ad una certa curiosità e superstizione e sanno di speculazione. I vescovi, inoltre, abbiano cura che i suffragi dei fedeli viventi e cioè i sacrifici delle messe, le preghiere, le elemosine ed altre opere pie, che si sogliono fare dai fedeli per altri fedeli defunti, siano fatti con pietà e devozione secondo l’uso della Chiesa e che quei suffragi che secondo le fondazioni dei testatori o per altro motivo devono essere fatti per essi, vengano soddisfatti dai sacerdoti, dai ministri della Chiesa e dagli altri che ne avessero l’obbligo, non sommariamente e distrattamente, ma diligentemente e con accuratezza.
Il Purgatorio in Origene di Alessandria
Origene di Alessandria è nato il III secolo d. C e in riferimento alla purificazione delle anime afferma che vi è bisogno di epurazione, quindi di un processo di purificazione. Origene raccomanda inoltre di condurre nel pellegrinaggio terreno una vita scissa dalla superbia, la quale è madre di ogni peccato sia esso veniale, che mortale. La superbia nelle svariate differenze offusca la razionalità, distoglie la ragione dalla comprensione di Dio e nel tempo genera pregiudizi e orgoglio.
Sant’Alberto Magno
Alberto Magno Dottore della Chiesa mette in evidenza che l’uomo anela a Dio e vuole gustare le cose del cielo, ma per poterlo fare deve essere scevro dalle occupazioni mondane. Dio ama la rinuncia, predilige il raccoglimento, affinché l’anima riflettendo sui propri peccati e piangendo per essi, si getta nella misericordia di Dio affinché Egli li annienti. La dimensione pneumatica della fede che aleggia in ogni battezzato propone all’orante di evitare il peccato, raccomandandosi anche all’ausilio della Vergine Maria e dei Santi. Maria la Vergine Santissima è simbolo di santità, purezza, umiltà e obbedienza, che indica al pellegrino la vera e fattiva modalità di porsi alla sequela Christi. Alberto Magno inoltre raccomanda la preghiera costante per le anime del Purgatorio, in quanto di sollievo nell’attesa di giungere al Regno dei Cieli.
Cosa compie l’uomo?
1. Si riconosce peccatore e in ginocchio dinnanzi a Dio si manifesta tale. Lo stare in ginocchio è atto di umiltà e riconoscenza della presenza dell’arché che è il logos. La prima creatura che si è inginocchiata è Maria, la quale superiore alle altre creature non si è disdegnata di chinarsi sotto la croce e prima ancora all’annuncio dell’Angelo che le manifestava la vocazione a cui Dio l’aveva chiamata.
2. Domanda la grazia e il perdono, gettandosi nell’immensità della grazia che colma ogni sorta di iniquità.
3. Si propone di essere fedele domandando a Dio le virtù cristiane quali l’obbedienza, la carità, la pazienza, la purezza e la povertà. L’uomo quindi chiede di conformarsi sempre più a Cristo.
San Bonaventura
Il francescano Bonaventura nella vasta dissertazione Itinerarium mentis in Deum riconosce il ruolo del Purgatorio. Codesto trattato è un’opera filosofica teologica che offre un supporto all’anima nel vasto cammino da compiere per elevarsi a Dio. Il pellegrinaggio terreno che riconosce San Bonaventura è un cammino faticoso, che necessita il costante impegno della preghiera, quale elevazione spirituale anche per le anime del Purgatorio che ansimano di voler vedere e godere di Dio.
DIMENSIONE MISTICA DEL PURGATORIO
Santa Caterina da Genova (1447 – 1510) è una delle mistiche che meglio conosce la realtà del Purgatorio. Ella dopo una prima fase di vita trascorsa nella mondanità, nel 1473 con esattezza il il 20 marzo visse una singolare esperienza. La mistica recandosi presso la Chiesa di San Benedetto e nel monastero di Nostra Signora delle Grazie, durante l’adorazione ricevette una ferita al cuore, ove Dio le mise in rilievo la sua poca corrispondenza all’amore di Cristo. Ella allora decise di confessarsi e di abbandonare la vita mondana. Assunse così una forma di vita quasi claustrale, si imponeva infatti ingenti penitenze, accompagnate dall’azione caritatevole verso i nosocomi genovesi. Caterina in attinenza redasse il Trattato sul Purgatorio descrivendo così il frutto di alcune sue visioni, permesse sempre per azione di Cristo. La mistica ligure chiarisce che il Purgatorio è un dono d’amore di Dio per ristabilire un ordine nell’uomo che il peccato ha turbato. Nel Purgatorio vi è certamente per le anime una sorta di felicità, esse consiste nella più totale adesione a Dio, che già in vita hanno professato, seppur in modo superficiale. Codesta adesione si attua anche mediante le pene sensibili che l’anima subisce, fra le molte, l’essere trapassata con il fuoco. Nel Purgatorio le anime patiscono due eventi: il primo il danno, che concerne nell’essere ancora lontani dal Sommo Bene. Il secondo è il senso, dacché la purificazione dei sensi con i quali in vita hanno peccato. Nel Purgatorio l’anima sa che le pene sono dettate dalla giustizia divina, la quale prima di assurgere a sé le creature le purifica, poiché Dio è il puro per eccellenza.
La differenza tra le anime del Purgatorio e quelle dell’inferno consta nella colpa. Le prime sono consapevoli di aver corrisposto in modo effimero all’amore di Dio e bramano di volerlo raggiungere. Le seconde volontariamente si sono scisse in vita dal trascendente con atti, pensieri, parole e stili di vita e non vogliono mutare la loro sorte, ecco il motivo per cui l’inferno è eterno. Dio, essendo onnipotente, potrebbe mutare la realtà della dannazione eterne, ma le anime lì destinate non corrispondo a sunnominata probabilità se vi fosse, in quanto mosse anzitempo dall’odio verso il creatore e le creature.
LA VISIONE DI PERPETUA
Il 7 marzo 203 Perpetua, Felicita, Revocato, Saturnino, Secundo e Saturo subiscono il martirio per aver professato la fede in Cristo ed essersi opposti al culto dell’Imperatore e delle divinità pagane. Perpetua prima della nascita al cielo scrisse un diario, ove è stato ritrovato uno scritto di diverse visioni mistiche. Nella prima Perpetua vide il fratello assetato accaldato e stanco. Ella comprese il dovere e la necessità di offrire suppliche per l’eletta anima del fratello ed in una seconda visione lo vide infatti raggiante. Si evince che già nei primi secoli del Cristianesimo era presente seppur in modalità ancora latente, quella che in successione diverrà la dottrina del Purgatorio.
LA VISIONE DI BERNARDO DI CHIARAVALLE
Bernardo di Chiaravalle fu monaco e abate dell’ordine cistercense da lui fondato pressa Clairvaux. Bernardo uomo sapiente, dedito all’approfondito studio teologico, biblico e mariologico, in una celebrazione Eucaristica cadde in estasi e vide le anime del Purgatorio ascendere al cielo mediante una lunga scala, ove Maria le accoglieva. Bernardo riconosce la validità della celebrazione della Santa Messa per le anime di trapasso.
IL CIELO (Paradiso)

Il significato figurato di cielo è il seguente: in alto. Il cielo è il luogo di perfezione verso il quale il cristiano si muove. Perfezione perché lì, nel cielo vi è il Sommo Amore che è Dio. Il cielo è quindi determinato dalla grandezza cristologica, da divenire così un luogo storico, perché Gesù Cristo il Figlio di Dio ha dato all’uomo un luogo per stare accanto all’essente. Il cielo è così anche un luogo ontologico e in successione personale, in quanto relegato nel mistero pasquale. Ontologico: Dio è l’atto mediante cui fin dall’eternità crea le sue creature. Dio è così l’essere agapico, che per azione smisurata d’amore a sua immagine crea l’uomo, affidandogli il compito di annunciare il suo messaggio di salvezza. Personale: il soggetto è dotato di coscienza, la quale essendo in circolarità ermeneutica con la volontà deve decidersi se accettare o rinnegare la proposta d’amore che il divino le pone. Da suddette dichiarazioni cristologiche, si evincono anche affermazioni teologiche, perché Cristo trasfigurato si consegna al Padre. Gesù quindi è il nuovo Tempio, che questa volta è escatologico. Il cielo è apoteosi della Gerusalemme nuova, ove l’umanità corrisponde a questo amore donante, convergendo verso di Lui unico e vero bene.
Ecco dunque il senso della contemplazione di Dio, la trascendenza così diviene immanenza. Dio quale essere sommo, perfetto, onnipotente e onnisciente, diviene evento storico, per dare senso e pienezza alla realtà, al cui capo come ricorda l’autore del Salmo 8 ha posto l’uomo: “lo hai fatto poco meno di un dio“.
Da queste affermazioni teologiche e cristologiche si sviluppano anche quelle ecclesiologiche. Se il cielo è il ricongiungimento delle creature con il creatore, esso è anche forma di comunione con tutti coloro che costituiscono il suo corpo mistico: la Chiesa militante, oltre che di purificazione. In tale ottica si comprende che l’antropologico non è assoluto, bensì sempre in circolarità con il Corpo di Cristo che purifica l’umanità. In questa ottica il cielo diviene la ricompensa, la gloria di chi a Dio si è affidato, riconoscendolo come la pienezza.
La glorificazione che Cristo ha vissuto e ha promesso non è uno scindersi dal mondo, ma stare sempre con esso in relazione; ecco così il senso storico kerygmatico del Cristianesimo. La glorificazione celeste è il compimento delle promesse battesimali. I cieli nuovi e la terra nuova sono la trasformazione divina della realtà, che viene inclusa nella beatitudine. Il mondo, quale parte accidentale della creazione, diviene salvato solo così! Il cielo è così realtà escatologica, che sarà perfetta quando tutte le membra del Corpo del Signore saranno unite definitivamente. Suddetta definitività è la Parusia, ossia la risurrezione anche della carne, del corpo quale tempio dello Spirito Santo.
In conclusione si afferma che il cielo conosce due fasi storiche:
1. L’avvento messianico che instaura la nuova e definitiva unicità tra Dio e l’uomo.
2. Il cielo è il Pleroma del Cristo in toto, ossia la totalità di tutti i poteri divini che Lui possiede.
FONTE : Libertà e Persona
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