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Toscana, cosa ci dice il primo suicidio assistito dopo la legge

la nuova bussola quotidiana tommaso scandroglio vita e bioetica Jun 14, 2025

di Tommaso Scandroglio

Il 17 maggio scorso si è avuto in Toscana il primo caso di suicidio assistito dopo l’entrata in vigore della legge regionale, impugnata pochi giorni prima dal governo. Un caso che ci ricorda che il cerchio si sta chiudendo, e non in senso buono.

Nel febbraio di quest’anno la Regione Toscana si è dotata di una legge sul suicidio assistito che, nelle condizioni di accesso e nelle procedure, ricalca il contenuto della sentenza 242/2019 della Corte costituzionale (clicca qui per un approfondimento). La legge è stata fatta oggetto di ricorso dal governo a maggio soprattutto a motivo dell’incompetenza delle regioni nel legiferare su una materia di pertinenza esclusiva dello Stato. Sul ricorso si attende la risposta della Corte costituzionale.

Il 17 maggio scorso il sessantaquattrenne Daniele Pieroni, residente nel senese e affetto da morbo di Parkinson, grazie a questa legge ha potuto accedere al suicidio medicalmente assistito. Primo caso in Toscana. La patologia gli aveva provocato una grave disfagia e dunque «era costretto a vivere con la Peg in funzione per 21 ore al giorno». L’ausilio della Peg, una metodica che permette di alimentare il paziente tramite una cannula nell’addome, configura uno dei criteri per essere ammessi all’aiuto al suicidio: il paziente deve dipendere da trattamenti di sostegno vitale.

Il cerchio si sta chiudendo. Cosa vogliamo dire? La legittimazione del suicidio assistito nel nostro Paese inizia con il processo che ha visto coinvolto come imputato il radicale Marco Cappato per aver aiutato Dj Fabo a suicidarsi in Svizzera nel 2017. Da qui inizia l’assalto alla diligenza dell’art. 580 del Codice penale che vieta l’aiuto al suicidio. Lungo gli ultimi anni la Corte costituzionale ha demolito parzialmente questo reato e ha permesso il suicidio assistito al verificarsi di alcune condizioni e nel rispetto di alcune procedure (cfr. altresì  sentenza n. 135/2024: clicca qui per un approfondimento). Da ultimo e a più riprese i radicali hanno tentato di eliminare dall’elenco di questi criteri quello che fa riferimento ai sostegni vitali, ma non ci sono riusciti. La Consulta sostanzialmente non ha ceduto su questo punto. Infine è arrivata la legge toscana.

Dicevamo che il cerchio si sta chiudendo. Di fronte ai ripetuti attacchi dei radicali sia nelle aule di tribunale sia con la campagna Liberi subito per avere leggi regionali pro-eutanasia, di fronte alla legge della Toscana sul suicidio assistito, di fronte agli interventi della Consulta per depenalizzare/legittimare l’aiuto al suicidio e di fronte agli inviti plurimi sempre della Consulta affinché il Parlamento metta mano ad una legge, quest’ultimo ha ceduto. E infatti da qualche mese sta lavorando su un disegno di legge che disciplina in senso permissivo l’aiuto al suicidio. Il prossimo 17 luglio questo disegno di legge approderà in Senato.

La sezione più rilevante della bozza del Ddl è la seguente: «La presente legge disciplina la facoltà di accesso al percorso di fine vita assistito da parte di una persona maggiorenne affetta da patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che reputa intollerabili, tenuta in vita o dipendente da trattamenti di sostegno vitale, già inserita in un programma di cure palliative di cui alla legge 15 marzo 2010, n. 38, capace di prendere decisioni autonome, libere e consapevoli». Rispetto ai criteri indicati dalla Consulta si aggiunge quello relativo al programma di cure palliative che già deve essere stato intrapreso da chi richiede l’eutanasia tramite il suicidio assistito. Dunque, il cerchio si sta chiudendo e i radicali hanno portato un governo non di sinistra, ma di destra, a legittimare l’eutanasia.

Ovviamente i politici destrorsi tentano di buttare acqua sul fuoco: Maurizio Lupi sottolinea la «grande importanza alle cure palliative» riconosciuta da questa legge; Tajani commenta: «Sul fine vita la maggioranza è unita. Il suicidio non è diritto. Ci sarà una legge». Salvini aggiunge: «Andare avanti? Con calma...». Pure la Cei è soddisfatta: «Così si parte bene». È la solita storia del male minore: si mostra soddisfazione perché non passa una legge massimalista sull’eutanasia, ma “solo” una minimalista: almeno, minimalista a detta dei sostenitori. Perché la minimalista diventerà presto massimalista. Infatti, passato il principio che è legittimo aiutare qualcuno a togliersi la vita, gli eventuali paletti inseriti in una legge “moderata” salteranno tutti prima o poi. 

Ma, a dirla tutta, questa futura legge del Parlamento era inevitabile dopo che lo stesso Parlamento aveva varato nel 2017 la legge 219 che legittima l’eutanasia. La futura norma è solo una declinazione del principio eutanasico sancito dalla norma del 2017.

Come invertire la rotta? Solo un profondo, costante e generazionale rinnovamento culturale potrà portare ad abrogare queste leggi inique e a riconoscere, come ha sempre fatto il nostro ordinamento giuridico, la vita come bene giuridico indisponibile. Più a monte questo rinnovamento culturale potrà verificarsi solo se la fede si sarà fatta cultura. E ci vorrà tempo. Molto tempo.

Il 24 giugno alle ore 21, presso il Teatro Rosetum di Milano, Via Pisanello, 1, La Bussola e ProVita & Famiglia organizzano un convegno dal titolo "Libertà o abbandono? - Il grande inganno del suicidio assistito" - Ingresso libero

FONTE : La Nuova Bussola Quotidiana

 

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